Deìttico
(dal greco deíknymi, "indico, mostro"): elemento linguistico che viene usato per indicare qualcosa o qualcuno senza nominarlo espressamente e che, perciò, può essere decifrato da chi ascolta o legge soltanto sulla base della conoscenza dei fattori relativi alla situazione comunicativa. Per esempio, sono deittici i pronomi personali di prima e seconda persona (io, tu), gli aggettivi e i pronomi dimostrativi (questo, quello ecc.) e gli avverbi di luogo e di tempo (qui, , adesso ecc.).

Denotazione
Il valore informativo-referenziale di un termine linguistico, corrispondente al valore che il termine ha nel codice linguistico in uso. La denotazione esclude qualsiasi elemento di giudizio personale ed emotivo e definisce l'oggetto nel suo valore semantico, senza in alcun modo intervenire su di esso con un sovrasenso (vedi Connotazione).

Desemantizzazione
Perdita o appannamento del significato profondo di una parola o di una espressione.

Diacronìa
(dal greco diá- e chrónos, "lungo il tempo"): l'aspetto storico ed evolutivo dei fatti linguistici, intesi come realtà soggette alle influenze del tempo e quindi passibili di trasformazioni e modifiche anche sostanziali lungo l'asse temporale.

Dialèfe o iato
Vedi Verso. [vedi anche Poesia al metro]

Dièresi o separazione
Vedi Verso. [vedi anche Poesia al metro]

Discorso indiretto libero
Caratteristica peculiare del romanzo moderno, consiste nel riferire le parole dei personaggi in modo diretto e oggettivo, ma senza adoperare verbi introduttivi e congiunzioni subordinanti, in modo da porre il lettore a contatto con le parole del personaggio che rivive i fatti. Un simile procedimento è stato usato, nell'ambito della letteratura italiana, soprattutto da Verga, Svevo e Pirandello.

Dissonanza
Vedi Cacofonia.