Palìndromo
(dal greco palíndromos, "che corre indietro, che ritorna"): parola, frase, verso o cifra che si possa leggere tanto da sinistra quanto da destra. Per esempio: oro; i topi non avevano nipoti (da S. Bartezzaghi); 20-02-2002.

Paradòsso
(dal greco pará, "contro", e dóxa, "opinione"): affermazione che appare contraria al buon senso, ma che in realtà si dimostra valida a un'attenta analisi.

Paràfrasi
(dal greco paráphrasis, "frase posta accanto"): ritrascrizione di un determinato testo con parole più chiare e comprensibili, fatta però senza intaccare i contenuti dell'opera stessa.

Paratàssi
(dal greco pará, "vicino" e táxis, "disposizione"): coordinazione.

Parola-chiave
Parola che in un testo condensa in sé il significato del contenuto del testo: di solito ricorre all'interno del testo con frequenza superiore alla media, risultando essenziale per la comprensione del testo stesso.

Pastiche
("pasticcio", in francese): accostamento a scopi espressivi (parodistici, satirici, comici), nel medesimo contesto, di materiali linguistici appartenenti a registri linguistici diversi (per esempio aulico-letterario, burocratico e familiare) oppure ai registri linguistici diversi mescolati ai linguaggi specialistici e simili (per esempio l'accostamento di termini dialettali, termini tecnici, citazioni poetiche, termini aulici ecc.). Tra gli autori che, in epoca recente, hanno fatto ricorso a una simile tecnica espressiva va ricordato soprattutto Gadda (autore del romanzo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana).

Perìfrasi
(dal greco perìphrasis, "discorso intorno") o circonlocuzione (dal latino circumlocutionem, "discorso intorno"): consiste nell'indicare una persona o una cosa con un giro di parole, anziché con il suo nome abituale. Così, Ugo Foscolo per indicare Michelangelo dice: ... colui che nuovo Olimpo / alzò in Roma a' Celesti...

Personificazione
Vedi Prosopopèa.

Pleonàsmo
(dal greco pleonázein, "sovrabbondare"): espressione sostanzialmente non necessaria in un dato contesto, espressione, cioè, che non aggiunge niente dal punto di vista qualitativo alla frase in cui è inserita. Il suo uso all'interno di un testo, anche non letterario, quando non è un vero e proprio errore ("A me mi piace il cioccolato"), risponde a particolari esigenze espressive, che di solito sono evidenziate dal contesto.

Polisìndeto
(dal greco polysy´ndeton, "molto legato insieme", composto da poly´s, "molto", sy'n, "insieme", e déin, "legare"): consiste nel coordinare tra loro le parole di una proposizione o le proposizioni di un periodo facendo largo uso di congiunzioni, per evidenziare particolari valori espressivi o per creare un ritmo concitato e incalzante: ... e mi sovvien l'eterno / e le morte stagioni, e la presente / e viva, e il suon di lei... (G. Leopardi)

Preterizione
(dal latino praeterire, "passare oltre", "omettere"): consiste nell'affermare di voler tacere un fatto o un argomento di cui, in realtà, si parla chiaramente: "Non ti dico che cosa ha combinato il cane: ha morso il postino e, poi, quando lo abbiamo rinchiuso, si è mangiato il tappeto persiano della zia".

Prosodìa
(dal greco prós, "verso" e oidé, "canto"): tradizionalmente l'insieme delle regole metriche (vedi Metrica) specialmente greche o latine. Nella linguistica moderna, l'insieme delle caratteristiche di una lingua relative a fenomeni come il timbro dei suoni, l'altezza, l'intensità, la durata e, in particolare, l'accento e l'intonazione.

Prosopopèa
(dal greco prosopopoiéin, "personificare", composto da prósopon, "volto", e poiéin, "fare"): detta anche personificazione, consiste nell'introdurre a parlare un personaggio assente o defunto o anche cose astratte e inanimate, come se fossero persone reali. Così, Virgilio personifica e fa parlare la Fama, Ludovico Ariosto la Frode e Giosue Carducci i cipressi di Bolgheri.