Cacofonia
(dal greco kakós, "cattivo", e phoné, "suono"): ripetizione dello stesso suono in due parole consecutive con effetto fonico sgradevole, come, per esempio, tre trentini o "Questo treno va a Ancona?". Nell'ambito della poesia, la cacofonia viene talvolta utilizzata per creare particolari effetti espressivi.

Calembour
("doppio senso", in francese): gioco di parole, basato su un equivoco fonico o sul doppio senso di un termine, in funzione essenzialmente ironica o comica.

Canzone
Forma di componimento poetico di illustre tradizione, sia per l'importanza degli autori che ne fecero uso, sia per l'elevatezza degli argomenti in essa cantati. Adottata dapprima dai poeti siciliani, che l'avevano derivata dai poeti provenzali, e successivamente da Dante e dagli stilnovisti, divenne con Petrarca la struttura più tipica e più idonea per esprimere poeticamente stati d'animo, riflessioni morali e sentimenti, fino al punto di essere identificata proprio come petrarchesca, in uno schema rimasto canonico di cinque o più strofe (o stanze), costituite ognuna di una fronte e di una sirima (o coda), e conclusa da un commiato (o congedo). Questo schema subirà nel tempo notevoli modifiche, per approdare nell'Ottocento, con Leopardi, a una forma innovativa, libera da vincoli metrici precostituiti e organizzata in una struttura di strofe di varia lunghezza e con versi liberamente e variamente rimati.

Cesura
(dal latino caesura, "taglio"): la pausa che divide il verso in due parti, chiamati emistìchi. Di particolare interesse è la cesura nella scansione dell'endecasillabo, per i particolari effetti ritmici che crea a seconda della sua collocazione: se, infatti, cade dopo le prime sette sedi, cioè dopo un settenario, si avrà un endecasillabo a maiore, come nel celebre verso foscoliano Né più mai toccherò / le sacre sponde; se, invece, cade dopo le prime cinque sedi, cioè dopo un quinario, si avrà un endecasillabo a minore, come nel verso dantesco fuggendo a piedi / e insanguinando il piano. [vedi anche Poesia al metro]

Chiasmo
(dal nome della lettera X dell'alfabeto greco, che si pronuncia chi e visualizza graficamente questa figura): consiste nella disposizione incrociata di due parole o di due gruppi di parole di una frase. Ha la funzione di mettere in evidenza gruppi di parole attirando l'attenzione su di esse:
Odi greggi belar, muggire armenti.
a b b a

(G. Leopardi)

Circonlocuzione
Vedi Perìfrasi.

Cliché
(parola francese di origine probabilmente onomatopeica): frase fatta, cioè espressione priva di originalità, abusata e codificata nella sua banalità inespressiva per la frequenza del suo impiego. Nell'ambito più specificamente letterario, si intende per cliché un fatto espressivo che viene ripetuto immutato, ricavandolo dall'uso poetico di un autore ritenuto esemplare e canonico, come ad esempio l'epiteto omerico dalle dita di rosa riferito all'aurora.

Climax
(dal greco klímax, "scala"): detto anche gradazione, consiste nel disporre le parole in modo tale che, per il significato o per la lunghezza o per il ritmo, producano un effetto di progressiva intensificazione (gradazione ascendente) o di progressiva attenuazione (anticlimax o gradazione discendente): La terra ansante, livida, in tumulto; / il cielo ingombro, tacito, disfatto. (G. Pascoli)

Connotazione
L'insieme di proprietà che arricchiscono il significato di una parola, intesa come portatrice di un supplementare valore allusivo, emozionale ed evocativo, al di là del suo specifico valore informativo.

Consonanza
Vedi Rima.

Contesto
(dal latino contextus, "tessuto insieme"): l'insieme degli elementi – situazione generale, circostanze particolari ecc. – in cui ogni evento comunicativo (un gesto, una parola, una frase, un componimento poetico, un romanzo) è inserito o deve inserirsi. Fondamentalmente si possono distinguere tre tipi di contesto: 1) un contesto linguistico e testuale, che permette di chiarire il significato di una parola o di una frase inserendole nel testo più vasto di cui fanno parte; 2) un contesto situazionale o extralinguistico, che permette di chiarire il significato di un messaggio o di un atto comunicativo in generale inserendoli in una particolare situazione o circostanza; 3) un contesto culturale, che permette di chiarire il significato di un messaggio inserendolo in un complesso di elementi culturali, letterari, sociali, storici, politici ecc.

Contestualizzazione
Operazione che porta a inserire un messaggio in un ambito situazionale o circostanziale più vasto per renderlo più chiaro e più comprensibile. La contestualizzazione permette, per esempio, di chiarire il significato di una parola o di una frase che, prese isolatamente, risultano ambigue o oscure. Così la frase "Topi d'appartamento banchettano una notte intera nella casa vuota" acquista il suo vero significato solo in rapporto con altre frasi: "Tre ladruncoli non trovando nell'appartamento né soldi né preziosi, saccheggiano il frigorifero" oppure "La polizia sorprende addormentati tre ladruncoli che, in mancanza d'altro, si erano consolati scolando tutti i liquori del proprietario dell'appartamento". Il termine contestualizzazione indica anche l'operazione, contraria e complementare, che porta a codificare un messaggio tenendo conto della situazione comunicativa cui è destinato.

Critica
(dal greco krínein, "giudicare"): l'attività del pensiero, che, volta all'interpretazione, al commento e alla valutazione di un prodotto letterario, prende corpo in un discorso che ripercorre l'opera e si sviluppa nel quadro di un processo che, all'interno di un determinato sistema di idee e secondo parametri di giudizio particolari, miri alla evidenziazione della struttura e del funzionamento del testo e pervenga a una comprensione e a una giustificazione, se non dell'insieme, di una parte significativa dell'opera stessa. Da quanto detto, appare evidente che a questa attività sono connesse tre funzioni fondamentali: la prima, valutativa, legata all'ideologia e al gusto di un'epoca, tende a pronunziare giudizi di valore; la seconda, esplicativa, si applica all'interpretazione e al commento del testo; la terza, riproduttiva, procede in modo parallelo al testo stesso, diventando un nuovo testo, ispirato e generato dal primo. In base all'ottica particolare e all'area storica e culturale in cui il critico si colloca di fronte all'opera, si distinguerà una critica romantica, positivista, idealista, marxista, con specificità appartenenti alle corrispondenti epoche e correnti del pensiero. La critica marxista, generalmente intesa anche come sociologica, per esempio, considera i fatti letterari in rapporto alla società da cui si originano, evidenziandone la natura ideologica in rapporto alla struttura economica. In base al rapporto istituito con la specificità del testo, si parla di una critica formalista quando, sulle orme dei formalisti russi, si mira a vedere un'opera letteraria come un sistema autonomo di "artifici", come dialettica interna, cioè, al sistema letterario stesso. Si parla, invece, di critica stilistica, quando, sulle orme di Leo Spitzer e di Erich Auerbach, nell'analisi si richiama l'attenzione su certi elementi espressivi che costituiscono, per la loro novità, degli indizi di uno stato d'animo particolare e inconsueto. Si parla, ancora, di critica simbolica quando, sulle orme di Northrop Frye, si tende a cogliere nell'opera letteraria un senso profondo, legato a immagini e simboli dell'inconscio collettivo (archetipi). Si parla, invece, di critica strutturalista quando, sulle orme di Roman Jakobson, si vede nell'opera una totalità organica, di cui è possibile evidenziare e descrivere il funzionamento. Si parla, infine, di critica psicanalitica quando si mira a evidenziare le pulsioni libidiche, le motivazioni cioè inconsce e profonde, che attraversano e sollecitano il testo.