L’importanza della demografia nella storia antica e medievale

A cura di Roberto Roveda

Quanti erano i nostri progenitori?

Oggi siamo abituati a un mondo sempre più affollato, in cui la popolazione è in costante crescita oramai da secoli. Nel novembre del 2022 abbiamo superato la fatidica cifra di otto miliardi di esseri umani sul Pianeta Terra e a questi ritmi di crescita arriveremo a dieci miliardi di individui nel 2050. Cifre astronomiche se confrontate con quelle dell’età antica e medievale.  Non abbiamo dati certi ma secondo i modelli statistici più aggiornati gli esseri umani presenti sulla Terra in epoca preistorica a fatica superavano il milione di individui. Erano divenuti duecento milioni all’inizio della nostra era per arrivare a 400 milioni attorno all’anno Mille.

 

La rivoluzione demografica del Neolitico

Una crescita progressiva si era già avuta però a partire dal nono millennio a.C. Si è così passati da una popolazione mondiale di tre milioni di persone a circa cinquanta milioni all’alba del I millennio a.C. Cosa ha provocato un aumento così deciso in un tempo limitato se pensiamo che nelle migliaia di anni dell’epoca preistorica il numero di esseri umani aveva faticato a raggiungere il milione di individui? Non esiste una risposta univoca, però dobbiamo registrare come questa crescita sia stata legata all’affermarsi dell’agricoltura e dell’allevamento. Alcuni studiosi pongono comunque l’accento sugli aspetti negativi della cosiddetta rivoluzione del Neolitico, o rivoluzione agricola. Per questi studiosi essa portò una dieta meno varia e ricca di quella dei cacciatori-raccoglitori. Inoltre, la sedentarizzazione favorì una maggiore vicinanza tra gruppi di individui e una maggiore promiscuità tra esseri umani e gli animali che venivano allevati. Questo comportò una maggiore facilità di diffusione delle malattie e il passaggio di patologie animali alle persone.

 

I figli come risorsa-lavoro

Eppure, nonostante questi fattori avversi, la popolazione crebbe e lo fece con un ritmo, in precedenza, impensabile. Sicuramente la possibilità di immagazzinare cereali e di allevare animali come fonte di cibo ridusse la precarietà alimentare a cui i nomadi, cacciatori e raccoglitori, erano costantemente esposti. Soprattutto la sedentarizzazione cambiò l’atteggiamento dei nostri progenitori nei confronti della procreazione. Per gruppi in costante movimento una prole numerosa e con figli piccoli, in età molto ravvicinata tra loro, rappresentava un problema nel momento in cui ci si doveva costantemente spostare. Viceversa, per gli agricoltori e allevatori una prole numerosa diventava una risorsa fondamentale per il lavoro nei campi e con gli animali. Inoltre, era possibile sostenere anche gravidanze ravvicinate – nel momento in cui le risorse alimentari lo permettevano – perché non c’era più bisogno di spostarsi costantemente. Questo favorì l’aumento delle gravidanze, che erano molte per donna (in media sei per individuo), anche per contrastare una mortalità infantile che era altissima: circa il 30-40% dei nuovi nati non superava il primo anno di vita quando oggi in Italia non raggiungono il quinto anno di vita tra i 3 e i 5 nuovi nati su mille!

 

Emigrare quando si è troppi

Con una popolazione in costante crescita (nel V secolo a.C. si arrivò a cento milioni di individui sulla Terra, circa 66 milioni in Asia e 16 milioni in Europa), la demografia cominciò a incidere in maniera più evidente sulle vicende storiche di singoli popoli. Individui in aumento dovettero cominciare a fare maggiormente i conti con le risorse del territorio in cui abitavano. Fu quello che accadde agli abitanti di molte póleis dell’antica Grecia, costretti ad abbandonare la madrepatria nel momento in cui le terre controllate dalla loro città di origine non permettevano di sostenere una popolazione in costante crescita. L’esito fu la ricerca di nuovi spazi dove insediarsi in quella che viene chiamata la seconda colonizzazione greca, migrazione che determinò l’espansione del mondo ellenico in tutto il bacino del Mediterraneo. Secondo molto studiosi, più di 1500 anni dopo, fu ancora la necessità di nuove terre per sostenere un numero sempre maggiore di individui a dare il via alle spedizioni dei Vichinghi che cambiarono la storia e gli assetti politico-sociali dell’Europa nell’Alto Medioevo.

 

La demografia e la storia di Roma

La demografia ha avuto un ruolo importante anche nella vicenda storica di Roma. La Repubblica romana e poi ancora di più l’Impero avevano bisogno di una popolazione numerosa per sostenere le necessità dell’esercito e anche del mondo agricolo. Per quest’ultimo si faceva ricorso agli schiavi catturati durante le campagne di conquista, ma l’apparato militare fu a lungo appannaggio quasi esclusivo dei cittadini romani. Era quindi necessario mantenere alti i tassi di natalità, cosa che non sempre accadeva come dimostrano le leggi emanate già da Augusto per spingere romani e romane ad avere una prole numerosa. Per riempire le fila di un esercito sempre più sguarnito di sangue romano si dovette fare maggiormente affidamento sui “barbari”, con un conseguente indebolimento delle strutture tradizionali di Roma. Ma a indebolire ancora di più l’Impero, colpendo in maniera gravissima la sua solidità demografica, furono le epidemie che si propagarono nei territori imperiali a partire dal principato di Marco Aurelio, nella seconda metà del II secolo d.C. Soprattutto in Occidente le pestilenze ripetute colpirono duramente una popolazione che era all’incirca di 30-40 milioni di abitanti nel I secolo e si era ridotta almeno di un terzo quando Odoacre depose Romolo Augustolo nel 476. Le difficoltà demografiche dell’Europa continuarono poi anche nei primi secoli dell’Alto Medioevo, quando fece la comparsa anche in Occidente la peste di Giustiniano (VI secolo). Solo avvicinandosi all’anno Mille le epidemie si placarono, la popolazione occidentale ricominciò ad aumentare e per l’Europa cominciò la rinascita. Una rinascita che fu prima demografica, poi economica, sociale e politica.