Una crisi di sistema. L’Italia nel primo dopoguerra (1919-1922)

La crisi del primo dopoguerra e l’avvento del fascismo costituiscono una questione storiografica su cui generazioni di storici italiani e stranieri si sono confrontati. Il suo connotato è di essere una crisi multifattoriale, che va quindi decifrata nelle sue complesse articolazioni. La Grande guerra si era situata nella storia d’Italia come uno spartiacque. I processi che erano stati innescati o accelerati dal conflitto, nonostante il successo militare, avevano acutizzato la crisi dello Stato liberale. La società italiana si era trasformata ed era pienamente entrata nell’età delle masse. Era divenuta più complessa. Anche il quadro geopolitico dopo la guerra si era complicato. Le sue dinamiche sfidavano la classe dirigente a delineare il profilo della collocazione dell’Italia nei nuovi scenari internazionali in modo adeguato alle ambizioni di potenza e allo stesso tempo alle possibilità del Paese. I fenomeni di brutalizzazione della vita politica, indotti dalla guerra, segnarono profondamente la società italiana, attraversata da un conflitto politico violento che acquisì i connotati di una guerra civile, e costituirono il terreno su cui si affermò la soluzione fascista alla crisi dell’Italia liberale. Il fascismo fu figlio dell’esperienza di guerra, che ne plasmò la cultura politica. Il movimento fascista si venne configurando sin dalle sue origini come un partito-milizia, che fece dell’uso sistematico della violenza un tratto qualificante della sua azione politica.

Si parlerà di:

  • Dalla guerra mondiale a una caotica pace. La vicenda italiana del primo dopoguerra va inserita nel più ampio processo di violenta transizione che l’Europa conosce dopo la fine della guerra mondiale. Per il delinearsi della situazione futura è stato cruciale l’esito del congresso di Parigi e la nascita del mito della «vittoria mutilata».

  • Crisi economica e sociale. Il passaggio dall’economia di guerra a una di pace fu segnato dal rilevante indebitamento dello Stato, dal processo di riconversione dell’apparato produttivo e da una forte inflazione. Ne scaturirono forti turbolenze sociali che caratterizzarono il biennio 1919-1920.

  • Crisi politica e crisi di sistema. La crisi del dopoguerra si trasformò in una crisi di sistema, evidenziata dalla marcia su Fiume di Gabriele D’Annunzio. D’altro canto il sistema politico era attraversato da trasformazioni destabilizzanti. L’introduzione del proporzionale, voluta dal presidente del consiglio Francesco Saverio Nitti, mise in difficoltà la classe dirigente liberale a vantaggio delle formazioni politiche di massa, il partito socialista e il nuovo partito popolare, che furono i due vincitori delle elezioni politiche del novembre 1919.

  • La radicalizzazione del confronto sociale e politico. Nel 1920, da una parte si assistette allo sciopero agrario e all’occupazione delle fabbriche, dall’altra al consolidarsi della reazione antisocialista, alla quale un nuovo impulso era arrivato dal movimento fascista.

  • La diffusione del fascismo e la paralisi del sistema politico liberale. Alla diffusione del movimento fascista grazie all’uso sistematico della violenza, corrispondeva una incapacità della classe dirigente liberale a misurarsi con le sfide di una società profondamente modificata dall’esperienza della guerra. Ne conseguì una sostanziale paralisi del sistema politico.

  • La «marcia su Roma»: insurrezione fascista e debolezza dello Stato liberale. Il movimento fascista si trasformò in partito, senza perdere il carattere violento ed eversivo. L’insurrezione fascista degli ultimi giorni di ottobre si concluse con la sostanziale capitolazione dello Stato liberale e la formazione del governo Mussolini.






Relatore


Adriano Roccucci è professore ordinario di Storia contemporanea presso l’Università Roma Tre. È il direttore del Centro interuniversitario di Ricerca sulla Russia Contemporanea e le sue Eredità Culturali-CiRRCEC. È anche Socio della Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea, dell’Associazione Italiana Slavisti, dell’Associazione Italiana Studi di Storia dell'Europa Centrale e Orientale e dell’Istituto Luigi Sturzo. Dal 2015 al 2019 è stato direttore della rivista «Il mestiere di storico. Rivista della Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea». È membro del consiglio editoriale delle riviste «Memoria e ricerca. Rivista di storia contemporanea» e «Intersezioni. Rivista di storia delle idee», e del Consiglio scientifico di «Limes».

 

Moderatore


Matteo Tasca, Redazione Umanistica Secondaria di secondo grado Mondadori Education

 

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