La poesia italiana dagli anni Sessanta ad oggi

Gli obiettivi


A partire dagli anni Settanta, la poesia italiana è sempre stata descritta come sottoposta a degli «effetti di deriva» che ne hanno frammentato il panorama, scoraggiando qualunque lavoro di storicizzazione che si proponesse di riorganizzare un materiale sparpagliato e riconoscere delle linee consistenti. Nonostante questo, è possibile individuare alcune questioni centrali che attraversano in maniera trasversale il campo della poesia e che hanno spinto i poeti a posizionarsi, elaborando ciascuno la propria soluzione personale. La lezione si ripropone dunque di presentare e discutere alcuni di questi problemi, a cominciare da quello della forma (se la scrittura di un testo poetico non è più legata, come in passato, al dominio di una tecnica compositiva, qual è – se esiste – la specificità del linguaggio poetico?) e del destino dell’io lirico (alcuni autori e critici hanno duramente contestato l’egocentrismo della lirica e hanno cercato soluzione sperimentali per eliminare l’io dalla poesia; altri hanno sfruttato la plasticità del genere lirico per rifunzionalizzare l’io). Infine, si tenterà una periodizzazione e una descrizione unitaria della poesia italiana degli ultimi sessant’anni, mettendo in evidenza alcune dominanti tematiche e formali.

 

Gli interventi


Lo specifico della poesia, di Stefano Carrai

L’intervento mira a presentare un problema che è tipico della poesia moderna e soprattutto di quella del nuovo millennio, cioè: dopo che si è perduto il necessario riferimento ad una sapienza di ordine tecnico (metrico, retorico, ecc.), qual è la specificità del linguaggio poetico e come si riconosce che un testo, scritto in versi o anche in prosa, è poesia. Nell’impossibilità di adire le vie di un ritorno al passato, cioè a un modo di fare poesia che non è più proponibile in quanto si riferisce a una società e a un sistema culturale che non sono più i nostri, come si può distinguere nel mondo contemporaneo la poesia dagli altri tipi di scrittura?

Si parlerà di:

  • Riconoscibilità formale e neometricismo. Verso la fine del secolo scorso, al fine di ritrovare una riconoscibilità formale per la poesia, si è affermata una certa tendenza al neometricismo, a partire dall’Ipersonetto di Zanzotto e dai metri chiusi in Medicamenta di Patrizia Valduga fino a Lime di Gabriele Frasca o ancora nei vari sonetti inclusi da Raboni nelle sue ultime raccolte.

  • Poesia in dialetto, in latino, in metrica tradizionale. Al fine di recuperare una specificità del linguaggio poetico, il Novecento ha compiuto scelte spesso estreme, riuscendo ad una sorta di canto, per così dire, in falsetto. Lettura di due mie poesie in cui accenno ad alcune di queste soluzioni: Timpanaro (da La traversata del Gobi) e A Patrizia Valduga (da Equinozio).

  • Lo specifico della poesia. Il problema di una riconoscibilità del linguaggio poetico esiste, ma non può essere risolto in direzione classicistica, cioè non con il recupero di modalità definitivamente superate. Eppure far versi non può essere solamente andare a capo ogni tanto. Qual è allora oggi lo specifico del linguaggio poetico? Qui si entra in un campo un po’ misterioso, in una sorta di terra di nessuno in cui ogni poeta cerca e spera di trovare la sua personale risposta, ma pur sempre, credo, in un ambito di non facile definibilità.



La manutenzione dell’io, di Guido Mazzoni

La linea maggiore della poesia moderna è, alla lettera, egocentrica: colui o colei che prende la parola nel testo è un io che esprime contenuti personali in uno stile che vuole essere personale, cioè sensibilmente diverso dal grado zero dalla comunicazione ordinaria. Contestato da più parti negli ultimi decenni, questo modo di scrivere poesia, lirico in senso lato, non ha mai perduto la sua centralità. L’intervento prenderà in considerazione alcuni tra i poeti che hanno saputo rinnovarlo adattando la prima persona singolare all’atmosfera psichica del XXI secolo.

Si parlerà di:

  • Lirica e non-lirica nella poesia del XXI secolo.

  • L’io e lo Spirito del Tempo

  • Quattro esempi: Buffoni, Benedetti, Bordini, Anedda.


L’«i/o» che parla nella poesia contemporanea: da Nanni Balestrini al GPT-3, di Gilda Policastro

L’intervento si propone di considerare la mutazione dell’autore da «io lirico» a «input/output» all’interno di un processo di creazione condiviso con la macchina. A partire dal prototipo di Tape Mark I, poesia ‘scritta’ da Nanni Balestrini e da informatici dell’IBM nel 1961, si esamineranno le tecniche di creazione e postproduzione di testi sought o found nell’immenso e indifferenziato serbatoio della rete, fino alle forme più avanzate di scrittura automatica attraverso la rete del GPT-3.

Si parlerà di:

  • Tape Mark I di Nanni Balestrini. Si riesaminerà il procedimento adoperato da Nanni Balestrini nella ‘scrittura’ della prima poesia italiana pensata per la ricombinazione casuale del calcolatore, a partire dalla ricostruzione del programma da parte di tre informatici italiani a partire dal 2016.

  • I linguaggi della rete. Si esamineranno modi, linguaggi e tecniche provenienti dall’enorme e indifferenziato serbatoio della rete, prendendo spunto dal «googlism» e dal «flarf» teorizzati dal poeta statunitense K. Silem Mohammad.

  • Scrittura e intelligenza artificiale. Si mostreranno i potenziali e i limiti delle forme di scrittura automatica praticabili oggi grazie all’avvento del GPT-3, la più grande rete neurale finora concepita.


Mito delle origini, nevrosi della fine. Un’ipotesi per la poesia italiana degli ultimi decenni, di Gianluigi Simonetti

Dall’inizio degli anni Settanta del Novecento la scena della poesia italiana contemporanea viene rappresentata come un ambiente frantumato, caotico, privo di caratteri veramente unitari. Il fenomeno critico si consolida negli anni Ottanta e si rafforza nel nuovo millennio: mentre le analisi sistematiche disponibili insistono sulla impossibilità di una ricomposizione, molte delle antologie più recenti si rifanno o a canoni esplicitamente e spesso orgogliosamente policentrici o a visioni scorciate ed ostentatamente parziali. L’intervento tenterà di fornire una ipotesi di lettura unitaria, e una proposta di periodizzazione, ordinamento e descrizione formale del variegato panorama della poesia italiana degli ultimi decenni.

Si parlerà di:

  • L’usura del linguaggio poetico e la crisi della tradizione novecentesca. Quando e perché finisce il Novecento in poesia, con quali autori e quali libri sembra abbia voglia di ‘suicidarsi’.

  • Due atteggiamenti psicologici, due risposte alla crisi. Quali sono i due modi prevalenti, e le due principali strategie formali, con cui le generazioni poetiche che esordiscono negli anni Settanta del Novecento scelgono di reagire alla fine della tradizione moderna.

  • Il ‘mito delle origini’. Inteso come ideale di poesia come espressione sottratta alla dialettica storica, eterno inizio o ricominciamento, forma assoluta e senza orpelli.

  • La ‘nevrosi della fine’. Intesa come possibilità manieristica di un dialogo perpetuo con la tradizione, artigianato formale, artificio e maschera, esercizio eternamente postumo.


Relatori


Stefano Carrai insegna Letteratura italiana alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Si è occupato di Dante e di altri autori antichi e anche di autori della modernità (Svevo, Saba, Montale). Parallelamente alla sua attività di studioso e di docente ha coltivato la poesia in proprio. Col suo primo libro (Il tempo che non muore, postfazione di Luigi Surdich, Interlinea, 2012) ha vinto il Premio Pisa per la Poesia nel 2013 e il Premio Contini Bonacossi nel 2014. Con La traversata del Gobi (postfazione di Niccolò Scaffai, Aragno, 2017), ha vinto il Premio Viareggio Rèpaci per la Poesia nel 2017. Nel 2021 è uscito il suo terzo libro di versi Equinozio (prefazione di Clelia Martignoni, Industria e Letteratura).

Guido Mazzoni (1967) ha scritto, tra le altre cose, i libri di poesia I mondi (Donzelli 2010) e La pura superficie (Donzelli 2017), i saggi di critica e teoria della letteratura Sulla poesia moderna (Il Mulino 2005) e Teoria del romanzo (Il Mulino 2011) e un libro sulla politica e la società contemporanea I destini generali (Laterza 2015). Insegna all’Università di Siena. Vive a Roma.

Gilda Policastro insegna Letteratura italiana presso UniPegaso e Poesia e Romanzo presso l’Accademia di scrittura «Molly Bloom» (a Roma e Milano). È redattrice del sito Le parole e le cose, collabora con Snaporaz.online e Linkiesta. Ha pubblicato saggi tra cui L’ultima poesia: scritture anomale e mutazioni di genere dal secondo Novecento a oggi (Mimesis, 2021), e romanzi tra cui La parte di Malvasia (La Nave di Teseo, 2021). Di imminente pubblicazione, il libro di poesia La distinzione (Giulio Perrone, 2023).

Gianluigi Simonetti insegna Letteratura italiana contemporanea, Letterature comparate e Storia della critica all’Università di Losanna. Studia soprattutto la poesia italiana del Novecento e il romanzo contemporaneo; scrive di novità letterarie sul «Sole-24ore» e sulla «Stampa». Il suo ultimo libro è La letteratura circostante. Narrativa e poesia nell’Italia contemporanea, Il Mulino, 2018.

 

Moderatore


Matteo Tasca, Redazione Umanistica Secondaria di secondo grado Mondadori Education