La riforma della giustizia tributaria

di Paola Costa, 25 ottobre 2022

Premessa

La Legge n. 130 del 31 agosto 2022 ha introdotto importanti novità in tema di reclutamento dei giudici tributari e ha riformato alcuni istituti caratterizzanti il processo tributario. Al fine di ridurre il contenzioso esistente, ha inoltre previsto una definizione agevolata delle liti pendenti in Corte di Cassazione.

La Legge n. 130 del 31 agosto 2022, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 204 del 1° settembre 2022, ha apportato consistenti modifiche ai decreti legislativi n. 545/1992 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria) e n. 546/1992 (Disposizioni sul processo tributario), introducendo altresì una definizione agevolata del contenzioso pendente in Corte di Cassazione.

La riforma, lungamente attesa, si è resa indifferibile per rispettare le scadenze e gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, rendendo la giustizia tributaria conforme ai principi del giusto processo e contribuendo a sostenere l’intero sistema Paese in termini di competitività e richiamo degli investitori esteri.

La riforma è entrata in vigore il 16 settembre 2022, anche se per alcune norme sono previste decorrenze differite.

L’intervento può essere esaminato suddividendolo in tre parti:

1. Riforma della magistratura tributaria;

2. Riforma di alcuni istituti processuali;

3. Definizione delle liti pendenti in Corte di Cassazione.

 

 

La riforma della magistratura tributaria

Allo scopo dichiarato di migliorare la qualità delle sentenze tributarie di merito, di ridurre il numero dei giudizi di legittimità e di contenere i tempi del contenzioso, è stata introdotta una significativa riforma del reclutamento e dell’ordinamento dei giudici tributari, che diventano ora giudici specializzati a tempo pieno.

Viene innanzitutto introdotto un ruolo autonomo e professionale della magistratura tributaria con 576 giudici tributari reclutati tramite concorso per esami, mentre 100 degli attuali giudici togati (50 provenienti dalla magistratura ordinaria e 50 dalle altre magistrature) potranno transitare definitivamente e a tempo pieno nella giurisdizione tributaria speciale.

Risulta inoltre potenziato il giudizio di legittimità con la creazione in Cassazione di una sezione civile deputata esclusivamente alla trattazione delle controversie tributarie.

La definitiva professionalizzazione della magistratura tributaria comporta anche un rafforzamento dell’organo di autogoverno dei giudici tributari, presso il quale nascono l’Ufficio ispettivo e l’Ufficio del massimario nazionale, così come vengono potenziate le strutture centrali e territoriali del MEF, che si occuperanno della gestione amministrativa delle nuove Corti tributarie.

 

~ Reclutamento, formazione e inquadramento economico ~

I magistrati tributari dovranno essere selezionati per pubblico concorso per esami.

Al concorso sono ammessi i laureati in Giurisprudenza, in Scienze dell’economia o in Scienze economico-aziendali, oppure nelle discipline equiparate previste dagli ordinamenti previgenti. È possibile partecipare al concorso al massimo per tre volte.

Il concorso si articola in una prova scritta e in una prova orale e si svolgerà con cadenza annuale. I commentatori hanno rilevato criticità connesse alla mole di elaborati da valutare in relazione all’esiguo numero dei componenti della commissione esaminatrice.

Per i magistrati tributari di nuova nomina è inoltre previsto un tirocinio formativo di almeno sei mesi presso le Corti di Giustizia Tributaria, che dovrà essere superato con valutazione positiva.

È anche introdotto un obbligo di formazione continua e di aggiornamento professionale dei giudici e dei magistrati tributari, consistenti nella frequenza di corsi di carattere teorico-pratico da tenere, previa convenzione, anche presso le Università accreditate.

All’Ufficio Ispettivo, istituito nel Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, sono attribuiti poteri di vigilanza nei confronti del personale giudicante.

Ai giudici tributari si applicano le disposizioni in materia di trattamento economico previsto per i magistrati ordinari.

I componenti degli organi di giustizia tributaria, indipendentemente dalle funzioni svolte, cessano dall’incarico, in ogni caso, al compimento del 70° anno di età.

 

 

La riforma di alcuni istituti processuali

La riforma modifica e integra diversi istituti previsti dal decreto legislativo n. 546/1992.

~ Nuove denominazioni degli organi giudicanti ~

Innanzitutto le denominazioni di “commissione tributaria provinciale” e “commissione tributaria regionale” vengono sostituite rispettivamente con “corte di giustizia tributaria di primo grado” e “corte di giustizia tributaria di secondo grado”.

La modifica terminologica non muta nulla nella sostanza degli organi giudicanti, la cui natura giurisdizionale non è mai stata messa in dubbio, ma risponde all’esigenza semantica di rendere chiaro anche ai non addetti ai lavori che non si tratta di organi amministrativi, bensì di organi giurisdizionali a tutti gli effetti, al pari dei Tribunali.

 

~ Giudice monocratico ~

Le controversie di valore fino a 3.000 euro (escluse quelle di valore indeterminabile) vengono decise dalle corti di giustizia tributaria di primo grado in composizione monocratica, anziché collegiale.

 

~ Onere della prova ~

All’articolo 7 del decreto legislativo n. 546/1992, è aggiunto il comma 5-bis, che recita: “L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati”.

Nonostante sia da sempre pacifico che l’ente accertatore debba provare i fatti costitutivi della pretesa tributaria, è andata sempre più dilagando la prassi della giurisprudenza di addossare al contribuente-ricorrente la prova contraria, rendendo spesso assai difficile la difesa (si pensi alla presunzione di distribuzione degli utili “neri” ai soci di società di capitali, agli accertamenti basati sulla media dei ricavi degli anni precedenti o su parametri presuntivi, quali i consumi di tovaglioli, ecc.).

Ora le corti di giustizia dovrebbero vagliare con maggior rigore che la prova fornita dall’Amministrazione sia “circostanziata, puntuale e non contraddittoria” e, di conseguenza, che la motivazione dell’atto di accertamento contenga un’esauriente dimostrazione della fondatezza della pretesa. In altre parole, a garanzia del diritto alla difesa del contribuente, dovrebbe essere verificato uno stretto legame fra la prova e la motivazione dell’atto, attualmente spesso assolutamente insufficiente.

Rimane invece a carico del contribuente la prova a fondamento di una richiesta di rimborso.

 

~ Prova testimoniale ~

Pur rimanendo ferma l’inammissibilità del giuramento, viene ora previsto che la corte di giustizia tributaria, ove lo ritenga necessario e anche senza l’accordo delle parti, possa ammettere la prova testimoniale in forma scritta (salvo che si tratti di circostanze di fatto attestate da pubblici ufficiali).

 

Nuova conciliazione d’ufficio e incentivi alla risoluzione delle controversie
La riforma rafforza la procedura di conciliazione giudiziale, prevedendo il potere delle corti di giustizia tributaria di formulare alle parti una proposta conciliativa, avuto riguardo all’oggetto del giudizio e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione.

La proposta è formulabile solo in relazione alle controversie di valore inferiore a 50.000 euro (oggetto di reclamo-mediazione), ma è auspicabile una futura estensione dell’istituto, laddove si dimostrasse efficace nello stimolare una definizione bonaria delle controversie.

Alla conciliazione proposta dal giudice si estende la disciplina già in vigore per la conciliazione a istanza di parte, che prevede la riduzione delle sanzioni amministrative al 40% o al 50% del minimo previsto dalla legge, a seconda che la conciliazione si perfezioni nel corso del primo o del secondo grado di giudizio.

Inoltre, al fine di incentivare l’accettazione della proposta conciliativa del giudice o l’accoglimento del reclamo-mediazione, vengono anche previste norme più stringenti sulla condanna alle spese di giudizio.

In particolare, le spese, maggiorate del 50%, restano a carico della parte che senza giustificato motivo abbia rifiutato la proposta conciliativa, qualora in giudizio il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta ad essa effettuata. Restano invece compensate le spese, in caso di perfezionamento della conciliazione.

Analogamente è prevista la condanna al pagamento delle spese di giudizio per la parte soccombente che abbia rigettato il reclamo o che non abbia accolto la proposta di mediazione, quando in giudizio vengano riconosciute le ragioni già espresse in sede di reclamo o mediazione. La condanna può altresì rilevare ai fini dell’eventuale responsabilità amministrativa del funzionario che abbia immotivatamente rigettato il reclamo o non accolto la proposta di mediazione formulata dalla controparte.

 

~ Trattazione dell’istanza di sospensione ~

Viene introdotto un termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza, entro il quale il presidente della corte di giustizia deve fissare la trattazione dell’istanza di sospensione cautelare dell’atto impugnato.

Inoltre l’udienza di trattazione dell’istanza di sospensione non può in nessun caso coincidere con l’udienza di trattazione del merito della controversia.

Infine la prestazione di garanzia ai fini della sospensione dell’atto impugnato non può essere richiesta ai ricorrenti con “bollino di affidabilità fiscale”, ossia ai contribuenti cui sia stato attribuito un punteggio di affidabilità ai fini ISA (Indicatori Sintetici di Affidabilità fiscale) almeno pari a 9 negli ultimi tre periodi d’imposta precedenti a quello di proposizione del ricorso.

 

~ Videoudienze ~

Qualora tutte le parti costituite nel processo ne facciano richiesta, la partecipazione alle udienze deve avvenire mediante collegamento audiovisivo da remoto, altrimenti l’udienza viene tenuta in presenza presso la sede delle corti di giustizia tributaria.

 

 

La definizione delle liti pendenti in Corte di Cassazione

Allo scopo di deflazionare il contenzioso esistente, è prevista la possibilità di definire i giudizi pendenti davanti alla Corte di Cassazione, con il pagamento di importi estremamente ridotti.

In particolare:
• le controversie di valore non superiore a 100.000 euro, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti integralmente soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, sono definite con il pagamento di un importo pari al 5% del valore della lite;
• le controversie di valore non superiore a 50.000 euro, per le quali l’Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutto o in parte in uno dei gradi di merito, sono definite con il pagamento di un importo pari al 20% del valore della lite.

Si considerano pendenti le controversie per le quali il ricorso per cassazione è stato notificato alla controparte entro la data del 16 settembre 2022, purché, alla data della presentazione della domanda di definizione non sia intervenuta una sentenza definitiva.

La definizione si perfeziona con la presentazione di apposita domanda entro il 16 gennaio 2023 e con il pagamento degli importi dovuti, al netto degli eventuali versamenti già effettuati in pendenza di giudizio. La definizione non dà luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa.