Oltre le “razze umane”: conoscere la variabilità genetica per capire la diversità

di Ylenia Nicolini

  • Materie coinvolte: Biologia

Convinti e ostinati, per lungo tempo gli esseri umani hanno voluto catalogare Homo sapiens in una manciata di gruppi, distinti sulla base di presunte differenze biologiche. Ma che cosa dice la scienza? Davvero esistono differenze biologiche responsabili del divario economico e sociale a cui si è assistito per secoli? È la genetica moderna, nel XXI secolo, a sfatare ogni mito: le razze umane non esistono e non sono mai esistite nella nostra storia evolutiva.

 

Da un punto di vista tassonomico, il termine razza prevede che una specie sia a sua volta suddivisa in sottospecie fisicamente e geneticamente differenti fra loro. La specie Homo sapiens, però, non include alcuna sottospecie; nel 2003, infatti, il Progetto Genoma Umano (HGP) ha dimostrato che gli esseri umani che popolano il nostro pianeta condividono il 99,9% dei propri geni. Ciò che ci differenzia gli uni dagli altri, quindi, non è altro che lo 0,1% del nostro DNA.

In seguito a questa scoperta, gli scienziati si sono concentrati su questa minuscola porzione di materiale genetico, lo 0,1% appunto, rivelando risultati sorprendenti. Di fatto, solo il 4,3% della variabilità genetica umana (ovvero il 4,3% dello 0,1% della frazione variabile del nostro DNA) spiega le differenze esistenti tra i principali gruppi etnici (africani, asiatici, europei, abitanti delle Americhe e delle isole del Pacifico); il restante 95,7% di tale variabilità (ovvero il 95,7% dello 0,1% sopracitato) è presente all’interno di ciascuno di quegli stessi gruppi. Ciò significa che, se scegliessimo casualmente due individui appartenenti a gruppi continentali diversi (per esempio un europeo e un africano) e confrontassimo il loro corredo genetico, osserveremmo tra i due una diversità riconducibile alle variazioni tra i gruppi che arriva al massimo al 4,3%. Viceversa, se confrontassimo due individui appartenenti allo “stesso gruppo” (per esempio due europei), la variabilità genetica riconducibile alle differenze tra i singoli individui sarebbe di gran lunga maggiore.

Dati di questo genere hanno condotto a un’unica e definitiva conclusione: le razze umane, intese come gruppi con confini discreti di natura biologica, non esistono. Ma allora perché esistono così tante varianti del colore della pelle? Il colore della pelle, eccezione alla regola in quanto maggiormente diverso tra popolazioni differenti, varia in base alla distanza dall’equatore. Dipende infatti dalla quantità di radiazione ultravioletta (UV) presente in un certo ambiente: le pelli scure sono ben adattate a vivere a latitudini basse, dove una maggiore concentrazione di melanina, pigmento protettivo, compensa l’elevata quantità di raggi solari, potenzialmente responsabili di scottature e dell’insorgenza di melanomi. Viceversa, le pelli chiare sono ben adattate a vivere a latitudini elevate, dove l’esposizione solare è inferiore; poiché per gli esseri umani esporsi ai raggi UV garantisce la sintesi di vitamina D (necessaria per regolare il metabolismo del calcio e del fosforo), una pelle chiara risulta più efficiente nell’assorbire i raggi solari per produrre tale vitamina laddove l’illuminazione del Sole è inferiore.

Il fatto che gruppi di persone che vivono in certe aree geografiche differiscano statisticamente per alcuni tratti genetici (come il colore della pelle) non si traduce nell’esistenza di un numero finito di sottotipi o razze; piuttosto, gli esseri umani sono una specie incredibilmente diversificata, la cui variabilità genetica rappresenta una ricchezza straordinaria, frutto di adattamenti locali alle molteplici condizioni climatiche e ambientali terrestri. Come disse Richard Lewontin, celebre genetista statunitense: «La classificazione razziale umana non ha alcun valore sociale, anzi ha una chiara influenza distruttiva sulle relazioni umane e sociali. […] Ogni individuo è il risultato unico e irripetibile dell’interazione tra geni e ambiente. […] Ci sono così tante mutazioni genetiche nella storia della specie umana e così tante mescolanze tra gli esseri umani più diversi, che non è possibile trovare due individui uguali tra loro. Questo perché gli stessi geni cambiano continuamente, e anche perché la specie umana continua a mescolarsi […]».

«Ma allora, le razze non esistono?» chiese una volta un giornalista allo scienziato. «Ma certo che esistono!» rispose prontamente Lewontin. E aggiunse: «Stanno qui!» tamburellando l’indice sulla fronte, a indicare l’ostinata persistenza di pregiudizi senza fondamento.

 

Attività da proporre alla classe

Quando Homo sapiens uscì dall’Africa aveva la pelle scura, più vantaggiosa in prossimità dell’Equatore. I geni responsabili del colore chiaro della pelle sono infatti stati ereditati nel corso di migliaia di anni in seguito alla migrazione di alcuni dei nostri +National Geographic, nel 2013 ha deciso di intraprendere il percorso tracciato da Homo sapiens, soprannominando la sua spedizione “Out of Eden Walk”. Dopo aver letto l’articolo che riassume il suo viaggio, ideate e costruite una linea del tempo su Padlet (una piattaforma educativa che permette di creare contenuti collaborativi) che metta in evidenza il percorso seguito dai nostri avi e le relative date (a partire da 160.000 anni fa).

 

Bibliografia

Long, J. C., & Kittles, R. A. (2009). Human genetic diversity and the nonexistence of biological races. Human biology, 81(5/6), 777-798.

Rosenberg, N. A., Pritchard, J. K., Weber, J. L., Cann, H. M., Kidd, K. K., Zhivotovsky, L. A., & Feldman, M. W. (2002). Genetic structure of human populations. science, 298(5602), 2381-2385.

Rosenberg, N. A. (2011). A population-genetic perspective on the similarities and differences among worldwide human populations. Human biology, 83(6), 659.

 

Sitografia