Errori e trasparenza per una scienza più efficace

di Nicole Ticchi

  • Materie coinvolte: Scienze della Terra

Errori e trasparenza per una scienza più efficace

«Se non sbaglio, vuol dire che non sto lavorando abbastanza» sembra la tipica frase da meme, ma è tra le poche certezze che abbiamo a disposizione. Nella scienza e nella ricerca - vale anche per qualsiasi altro ambito - questo mantra dovrebbe essere al primo posto e lo sanno molto bene tutti coloro che ogni giorno cercano strade, soluzioni e metodi per capire il mondo che ci circonda.

Fare errori, però, è qualcosa che spaventa molto e che, soprattutto, viene percepito come un fastidioso incidente di percorso, come qualcosa che rallenta la corsa verso il successo e che fa apparire il nostro operato con meno valore. È per questo motivo che tendiamo a nascondere gli errori e i punti critici delle esperienze che facciamo, che si tratti di un esame, di una ricerca o di un compito che ci viene affidato.
Per chi si occupa di scienza, per esempio, questo si potrebbe tradurre nel mostrare all’interno delle pubblicazioni scientifiche solo i risultati positivi di un progetto, lasciando da parte quelli che risultano meno sensazionali, o addirittura che non confermano l’ipotesi avanzata inizialmente. La motivazione non è da ricercare nella malafede dura e pura, la situazione è più complessa e affonda le radici nella cultura della performance ma anche in problemi di tipo economico e di carriera. Il numero di pubblicazioni è fondamentale, oggi, per decretare la produttività, il prestigio e il livello di carriera di chi fa ricerca a livello accademico; oltre a ciò, se si vogliono ottenere dei finanziamenti per portare avanti un certo filone di ricerca si deve dimostrare che l’idea merita e che ci sono dati a disposizione per confermarlo. Questa pressione fa sì che il tempo e la disposizione d’animo per meditare sul percorso di ricerca, sugli errori commessi e sui risultati negativi ottenuti (dove “negativi” dipende dal punto di vista, un risultato è sempre importante a prescindere) siano scarsi e poco tenuti in considerazione.
Il percorso che porta alla pubblicazione di uno studio è lungo e può durare mesi. Inizia con la raccolta di tutti i dati relativi alla ricerca che si sta svolgendo, dai materiali utilizzati ai risultati ottenuti e a tutte le osservazioni che potrebbero essere utili a chi legge. Lo scopo è condividere la propria conoscenza su un dato argomento per far sì che chi si occupa di quella tematica sappia cosa si sta facendo e qual è lo stato dell’arte: in questo modo, la ricerca di ognuno può perseguire strade sulla base di quello che è stato trovato (o non trovato) da altri. Che si tratti di un nuovo metodo per produrre una molecola alternativo a quanto già conosciuto o di un nuovo materiale con caratteristiche ottimali per un certo utilizzo, tutte le informazioni raccolte sono utili. Sulla carta è tutto perfetto, ma quali problemi possono insorgere?
Immaginate di dover preparare un piatto mai fatto prima: la prima cosa che farete sarà leggere su internet le diverse ricette disponibili e farvi un’idea delle diverse opzioni. Provate a preparare il piatto seguendo alla lettera tutte le istruzioni di una di queste, che vi sembra più affidabile (magari anche basandovi sulle recensioni in merito a chi l’ha preparata), ma vi accorgete che non viene quello che vi aspettavate. La probabilità che la vostra dimestichezza come chef non sia eccelsa è da tenere in considerazione, ma anche quella che chi ha scritto la ricetta abbia riportato informazioni non del tutto accurate non è da escludere.
Succede in cucina, ma succede anche nei laboratori di ricerca, quando ricercatori e ricercatrici si basano sulla letteratura scientifica per far progredire la propria attività. Succede spesso che alcuni esperimenti pubblicati non siano replicabili; nella situazione più rosea, l’autore dello studio a cui viene fatto notare questo problema rimette in discussione il proprio lavoro, addirittura ritirandolo dalla rivista, se necessario. Successe qualche anno fa proprio alla chimica Frances Arnold, vincitrice del premio nobel in chimica: dovette ritirare un suo studio dove era stato pubblicato un metodo per creare molecole necessarie a sintetizzare nuovi antibiotici: data l’importanza di questo filone di ricerca in un momento delicato in cui l’antibiotico-resistenza sta mietendo vittime, una scoperta del genere era davvero importante. Invece, dopo aver ammesso di non aver prestato la sufficiente attenzione durante le fasi di pubblicazione dell’articolo, lo ha ritirato scusandosi pubblicamente. Che vergogna, penserete voi, ma sono proprio questi esempi a contribuire nella costruzione di una scienza migliore. Capita a tutti di sbagliare, l’importante è imparare da quegli errori e non avere timore di mostrarli.
In questo caso la Prof.ssa Arnold ha fatto una scelta importante, quella di non far perdere tempo a chi aveva preso per buoni quei risultati e avrebbe impostato parte delle proprie attività su di essi. Un atto di coraggio, responsabilità e integrità morale.

 

Dati aperti per uno sviluppo sostenibile

Cosa c’entra la sostenibilità con la possibilità di accedere pienamente ai dati scientifici?
Se evidenziare gli errori in una pubblicazione è utile a non far perdere tempo, anche rendere disponibili tutti i dati di uno studio a rendere il processo di ricerca più efficiente e sostenibile da più punti di vista. Per il portafoglio, sicuramente, ma anche per l’ambiente e la società. La ricerca richiede, soprattutto in alcuni campi, la disponibilità di risorse finanziarie e materiali importanti; quindi, prendere decisioni su quale progetto portare avanti e quale invece lasciare indietro richiede una conoscenza dello stato dell’arte il più completa possibile; se non vi è questa possibilità, sarà più probabile perdere tempo e soprattutto soldi. Non solo, più processi e materie prime introduciamo, più l’impatto ambientale aumenta: l’idea di ridurre ed efficientare le procedure di laboratorio, quindi, ha un risvolto positivo anche da questo punto di vista. Questo fu molto chiaro, per esempio, nei trial clinici, ovvero gli studi condotti sui pazienti per testare nuove terapie, dove la mancata pubblicazione di una parte dei dati relativi a effetti non previsti o risultati non ipotizzati ha portato a sprechi di tempo e denaro non indifferenti, al punto da stimolare la nascita di un’iniziativa (Alltrials.net) che chiedeva a gran voce proprio la trasparenza di tutti i trial clinici fin dal momento in cui iniziavano: cosa ci si aspettava, qual era la domanda di ricerca, quali erano i risultati man mano che lo studio procedeva, cosa si è trovato alla fine. La trasparenza costa, richiede tempo, organizzazione e onestà, ma sul lungo termine paga e a beneficiarne è l’intera società. Ed è il principio dell’Open Science, che nasce da questa impellente necessità.

 

Tra pari ci si aiuta

Altro aspetto importante: la collaborazione all’interno della comunità scientifica.
Una parte importante del lavoro di pubblicazione riguarda la revisione tra pari, che in inglese è definita “peer review”. Consiste nel far leggere il documento prodotto dagli autori in merito ad una ricerca a un certo numero di colleghi e colleghe dello stesso settore (di solito 3 o 4, a seconda delle riviste) per ottenere suggerimenti e punti di vista sul lavoro svolto. Può accadere che tutti diano parere positivo (raro, ma succede), che uno o più avanzino richieste di chiarimenti e invitino ad approfondire alcuni aspetti (all’ordine del giorno), o che l’articolo venga rifiutato perché ritenuto non valido per quella rivista (non è così raro). Questa operazione richiede tempo, motivo per cui la pubblicazione di un articolo scientifico non è mai un processo veloce e può protrarsi per mesi e mesi. Per evitare che nascano liti o vendette o che ci sia l’influenza di fattori personali sulla valutazione, questo processo viene di solito svolto in singolo o doppio cieco, ovvero in modo che non si sappiano i nomi dei revisori (primo caso) o che non si sappia né il nome dei revisori né degli autori (secondo caso). In alcuni settori invece può succedere che ci sia totale trasparenza rispetto ad autori e revisori o che, addirittura, l’articolo possa essere pubblicato su un sito-deposito e che chiunque possa apportare le proprie revisioni. A prescindere dalla modalità scelta, si tratta di una fase estremamente importante, perché permette una valutazione più oggettiva e distaccata dell’operato. Si sa, ognuno si “innamora” del proprio progetto, soprattutto quando lo si segue per tanto tempo, e questo fa sì che si possano tralasciare aspetti importanti in virtù degli aspetti più eclatanti. I commenti dei revisori, in genere, vengono forniti in fase di elaborazione, servono ad aggiustare quanto scritto nell’articolo, ma poi nessuno li vede a parte gli autori. Qualcosa però sta cambiando: diverse riviste negli ultimi anni hanno proposto di pubblicare gli articoli comprendendo al loro interno i commenti dei revisori: tra i vantaggi di un processo di revisione aperta c’è infatti l'idea che i commenti rappresentino una preziosa occasione di apprendimento che dovrebbe essere preservata, specie quando autori e revisori non sono riusciti a raggiungere un accordo completo su come determinati dati dovrebbero essere interpretati. Rendere pubblici i report con botta e risposta mostra che sono stati sollevati potenziali avvertimenti o limitazioni dello studio e discusso. La scienza dopotutto funziona proprio grazie a continui scambi e confronti ed è giusto che l’intero processo di riflessione venga messo in luce. Non si tratta di critiche o di attacchi personali, infatti, ma di osservazioni costruttive che permettono a ognuno di crescere sia dal punto di vista professionale che personale.
Ed è proprio quest’ultima parola - costruttive - a fare la differenza. Fare osservazioni e critiche utili, senza umiliare l’altro, è un’arte che si impara con tempo e dedizione, ma torna utile in tutti gli ambiti e in ogni momento della vita.

 

Attività

Dividere la classe assegnando due tipi di ruoli:

  • autori: individualmente o in piccoli gruppi scriveranno un testo relativo ad un argomento a loro scelta, completo di dati ed elaborazioni

  • revisori: ne verranno assegnati tre per ogni elaborato e dovranno analizzare, commentare ed esprimere una loro opinione in maniera costruttiva


Si consiglia di eseguire questa attività in doppio cieco, ovvero senza svelare i rispettivi nomi.
Al termine dell’attività si raccolgono gli elaborati, completi di commenti e risposte e si analizzano insieme alla classe.

 

Fonti bibliografiche utili