La norma non c'è più
L'italiano in pericolo
Travajé o fatighé?
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Le parole
Politici e giornalisti
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Il giornale, più di ogni altro mezzo di comunicazione di massa, rivela la tendenza dell’italiano contemporaneo ad evolvere rapidamente verso una evidente omologazione. La continua proliferazione di neologismi, che riguarda la politica e molti altri settori, sfrutta le risorse dell’italiano, in primo luogo la produttività pressoché infinita di prefissi e suffissi. Il suffisso –ano ad esempio, che indica appartenenza, è ampiamente applicato ai cognomi di personaggi della vita politica: abbiamo così bossiano, berlusconiano, ma la lista ovviamente non ha limiti.

Tra i prefissi ricordiamo: anti–, molto usato nel linguaggio pubblicitario per coniare termini che designano prodotti utili a combattere qualcosa di negativo; si ha così antitempo o antinvecchiamento, detto di prodotti cosmetici. In molte voci che riguardano la vita politica anti si presta in primo luogo a rendere posizioni nette rispetto a certe realtà. Rientrano in questa tipologia antiproporzionale, che è «contrario al sistema elettorale proporzionale», o antimanette, che, per metonimia, significa «contrario alla custodia cautelare per reati di concussione e corruzione». Premesso a un nome, allude alla conflittualità che ormai regna sovrana nei partiti. Quindi si può essere anti-Bossi o anti-Cavaliere con riferimento per antonomasia, in quest’ultimo caso, a Berlusconi.

Iper– (< gr. hypér, «sopra») serve a formare composti che definiscono un livello superlativo. Se iperattivo indica chi è straordinariamente efficiente, ipergarantista è chi è fautore troppo deciso del garantismo, e iperliberista chi sostiene in modo eccessivo il liberismo. Al greco iper– fa concorrenza il latino super– (che ha soppiantato sopra–), prefisso che ha cominciato ad avere fortuna a partire dalla fine dell’Ottocento dopo la comparsa del superuomo nicciano, calco del tedesco Übermensch. Dopo superlavoro (1953) e supermercato (1961), i composti con super– aumentano anche grazie alla pubblicità; si ha così superaderente o supercolore (detto di una tonalità particolarmente brillante). Nel giornalismo formazioni di questo tipo non si contano. In un’epoca di processi caratterizzati da colpi di scena diventa una figura fondamentale il superteste (1973), cioè il testimone che in istruttoria fornisce prove ritenute decisive. In uno Stato dove le cose non funzionano ci sarà bisogno di un supergoverno e di superministri, mentre al presidente della repubblica spetta il compito di essere supergarante delle istituzioni. E così chi ha vinto il primo premio in una lotteria sarà superfortunato. Ma super– può anche seguire la parola come forma di aggettivo sintetico in locuzioni del tipo bolletta-super (della luce).

Mini (< lat. minimus, «minimo»), soprattutto dopo il successo di minigonna (1966), è stato ampiamente usato in composti per designare qualcosa di «dimensione ridotta», anche in riferimento alla politica; da qui le minipensioni (le «pensioni minime») o le minipaghe (le «paghe minime»). Neo– (< gr. néos, «nuovo») trova impiego in neologismi che hanno spesso un significato ironico, come neopostfascista, che vuol dire postfascista dell’ultima ora, o neotrombato, che indica chi non è stato eletto alle ultime elezioni, come invece si aspettava.

 
 
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