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La norma non c’è più

La «questione della lingua» continua a porsi, ma con connotati diversi. Si assiste a un forte incremento degli studi di linguistica, soprattutto a partire dagli anni Settanta, che contribuiscono a creare una sempre maggiore consapevolezza delle sfide rappresentate dalla società tecnologica e di massa, e anche delle implicazioni sociali della lingua. Secondaria appare invece l’esigenza di stabilire delle norme.

Un ruolo di indiscusso rilievo, nel dibattito culturale e nelle riflessioni di questi anni sulla lingua, ha la sinistra. Punto di partenza sono le acute osservazioni di Gramsci, conosciute solo nel 1950 con la pubblicazione dei suoi Quaderni del carcere. Gramsci aveva insistito sul carattere elitario della lingua italiana elaborata dalla classe dominante e sulla necessità di far accedere a questa lingua anche gli strati inferiori della società per riscattarli da una condizione di subalternità.

Su questa stessa linea si pone un libro di grande portata come la Storia linguistica dell’Italia unita (1963) di Tullio De Mauro, che ricostruisce, sulla base anche di precise statistiche, la storia della lingua italiana a partire dal 1861, con particolare riferimento agli aspetti sociali e all’analfabetismo. Anche Pasolini, in un intervento su «Rinascita», la rivista del Partito Comunista, mostra di aver meditato su Gramsci; la sua attenzione si concentra però sull’arretramento dei dialetti e le sempre più scarse possibilità espressive dei ceti popolari. Ma lo scrittore va oltre la riflessione gramsciana e, con molta chiarezza, ravvisa una svolta epocale: la lingua nel suo complesso si sta ormai distaccando dalla tradizione umanistico-letteraria per diventare un’emanazione della tecnologia, strumento di pura comunicazione elaborato non più a Firenze o a Roma, ma nei centri industriali del Nord. Questo fenomeno comporta un impoverimento, la perdita di espressività ed efficacia del nostro idioma. Come si vede, siamo ben al di là di un discorso di classe. Forse l’affermazione di Pasolini era prematura, ma certamente aveva anticipato di molti anni la situazione che stiamo vivendo oggi.