La norma non c'è più
L'italiano in pericolo
Travajé o fatighé?
Politici e giornalisti
Maestra TV
Che gonzo quel metallaro
Le parole
Maestra TV
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Ma la vera scuola per gli Italiani è stata la televisione, e le statistiche lo rivelano molto bene. Se nel 1951 più del 60% della popolazione parlava sempre il dialetto, alla fine degli anni Ottanta, grazie alla TV questa percentuale si era ridotta al 23,3%. Ha quindi probabilmente ragione De Mauro a dire che dobbiamo essere grati al successo di «Lascia e raddoppia» e al parlato ‘piatto’ di Bongiorno. Oggi, però, la televisione costituisce un modello soltanto per i pochi dialettofoni rimasti (che gli ultimi sondaggi danno come ulteriormente diminuiti). La causa è l’abbassamento della qualità delle trasmissioni a seguito dei mutamenti che sono intervenuti soprattutto a partire dalla fine degli anni Ottanta con la TV satellite, la presenza massiccia delle TV private e la trasformazione dell’informazione televisiva, divenuta sempre più simile allo spettacolo. Poiché si basa sull’immagine e pone il fruitore in una condizione di passività, la TV è diventata uno specchio della lingua attuale, in maniera diversa però dai giornali. Questi ultimi, infatti, creano e veicolano neologismi mostrando quali sono le tendenze nella formazione delle nuove parole, la TV invece, grazie all’influsso del talk show anche sui telegiornali, ci mostra com’è l’italiano medio.

Ma com’è questo italiano medio? È una lingua che tende alla semplificazione, con un lessico molto povero, in cui si stanno affermando molti tratti del parlato. Tra i fenomeni fonologici, il più significativo è la pronuncia sonora della sibilante (s) intervocalica, dovuta al prestigio della pronuncia settentrionale. Nella sintassi c’è da segnalare una semplificazione nell’uso del relativo: che tende così a essere usato anche al posto di «di cui», «a cui» etc.; la sostituzione dell’indicativo al congiuntivo nelle interrogative indirette («non so se viene» invece di «non so se venga») e dopo i verbi di opinione («penso che è un bravo ragazzo» invece di «penso che sia un bravo ragazzo») e al condizionale nell’ipotetica irreale («potevi venire» al posto di «saresti potuto venire»); la riduzione delle congiunzioni, per cui ad esempio, in caso di proposizione concessiva, l’espressione anche se fa la parte del leone rispetto a sebbene, quantunque, nonostante che. Poiché chiunque ormai può parlare in televisione, o per telefono o direttamente in studio, non è difficile sentire ad esempio, in una rubrica di medicina, altrosi al posto di artrosi con una paraetimologia tipica dell’italiano popolare (cioè artrosi si fa derivare da altro). Gli errori di pronuncia, sia negli accenti che nelle parole straniere, non si contano, commessi oltre che dai comuni telespettatori, da personaggi pubblici e anche dai giornalisti responsabili dei telegiornali.

 
 
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