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Che gonzo quel metallaro
Le parole
Che gonzo quel metallaro!
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Un altro settore che merita attenzione è quello dei gerghi, linguaggi di categorie particolari di persone come marinai, ambulanti, artigiani, molti dei quali, come i calderai e i seggiolai, spazzati via dalla rivoluzione industriale. Un gergo pienamente vitale è quello della malavita, fatto per lo più di parole comuni che assumono anche un significato gergale, come libertà, il pezzo di cielo che si vede dal finestrino della cella, o briga, il brigadiere. Altre parole sono nate come termini gergali e poi sono passate nella lingua comune. È il caso di imbranato («impacciato»), voce di caserma di provenienza veneta, e di sboba, brodaglia che rappresentava il pasto dei prigionieri italiani nella grande guerra. Antichi termini furbeschi sono pizzicare («rubare») e gonzo («sciocco»), voci entrate già da tempo nell’italiano; soffiata («spiata») e grinta («aggressività» nell’affrontare una gara), molto più recenti, sono stati diffusi grazie al giornalismo.

Un capitolo a parte è costituito dalle varietà giovanili, che si possono definire anche gergo, se si usa il termine in senso estensivo. Più che di una vera lingua, si tratta di uno stile che riguarda il parlato, ma che si trova anche nello scritto, in graffiti, volantini etc. Il fenomeno comincia a manifestarsi solo dopo la seconda guerra mondiale ed è legato a un nuovo ruolo che i giovani assumono nella società contemporanea in seguito alla diffusione della scolarizzazione e dei mass media.

Le prime forme di gergo giovanile risalgono agli anni Cinquanta e sono quelle dei montenapi, giovani bene così chiamati dall’elegante via Montenapoleone a Milano, da essi frequentata (gli antenati dei paninari di trent’anni dopo). Sono studenti con motivazioni politiche i sessantottini e gli indiani metropolitani dei primi anni Settanta che si esprimono con graffiti, slogan, volantini. Ma già negli stessi anni erano comparsi i freak, che univano alla contestazione politica l’uso della droga. Negli anni Ottanta arrivano i punk e i metallari, che rappresentavano un momento di controcultura che aveva il suo centro nella musica rock. Nello stesso periodo c’erano i paninari, studenti borghesi delle scuole, politicamente disimpegnati, che affidavano le loro intenzioni ludiche a riviste e fumetti. Agli inizi degli anni Novanta tornano a contestare gli studenti universitari, organizzati nel movimento della Pantera, con graffiti e scritte murali.

Tra i termini usati dai giovani, un certo numero si riferisce all’esperienza scolastica e allo studio, come secchione («sgobbone») e spaghetto («paura dell’esame»). Sono parole che, più che descrivere la realtà, ne danno un’interpretazione soggettiva. Un fenomeno che può avvenire anche attraverso disfemismi (uso, al posto di una parola normale, di un’altra sgradevole senza dare all’espressione un tono ostile). Un esempio tipico è cazzo, termine usato anche come intercalare nel linguaggio giovanile, e ormai del tutto decontestualizzato.

 
 
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