Il ritorno delle foreste

di Stefania Franco
  • Obiettivo Primario: 15 - Proteggereripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre
  • Obiettivo Secondario: 13 - Lotta al cambiamento climatico
  • Materia: Biologia

Mentre l’Amazzonia continua a perdere alberi, la superficie forestale è in crescita in Europa, Stati Uniti e Cina. Si può sopperire alla perdita delle foreste tropicali incrementando la superficie boschiva in altre parti del mondo?

Salvare il mondo un albero alla volta

Per contenere il riscaldamento globale entro 1,5 °C è necessario azzerare le emissioni nette di CO2 intorno alla metà di questo secolo. Le strategie per ottenere un simile risultato sono due: diminuire le emissioni e compensare quelle prodotte attraverso l’assorbimento. Per questa ragione l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) indica l’aumento di superficie forestale come un’importante strategia per raggiungere la neutralità carbonica.
Sul Web si possono trovare diverse piattaforme che consentono di adottare un albero a distanza versando una piccola somma di denaro e stanno prendendo piede iniziative come quella di donare un albero in occasione di festività e ricorrenze.
Ma di quanti alberi abbiamo bisogno per salvare il pianeta? Lo ha calcolato il Crowther Lab, un gruppo di ricerca interdisciplinare del Politecnico di Zurigo che nel 2019 ha pubblicato su Science uno studio che stima in 0,9 miliardi di ettari la superficie che dovremmo adibire a foreste per assorbire due terzi delle emissioni di CO2 prodotte dagli esseri umani. Si tratta di un’area equivalente a quella degli Stati Uniti, da distribuire in diverse Paesi del mondo, tra cui, oltre agli Stati Uniti, Russia, Canada, Australia, Brasile e Cina.
Alcuni Paesi si stanno effettivamente muovendo in questa direzione aumentando la loro superficie forestale: tra i più virtuosi troviamo la Cina, l’India, la Russia e l’Unione Europea. Altri Paesi come Brasile, Tanzania, Indonesia, Argentina e Canada continuano invece a perdere superficie forestale.

Fonte:Our World in Data

La deforestazione che non vediamo

L’aumento di superficie forestale dei Paesi virtuosi è in grado di compensare le perdite che si verificano in altri Paesi?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo considerare che la deforestazione colpisce soprattutto le foreste tropicali del Sudamerica, dell’Africa centrale e del Sud est asiatico. Le cause della deforestazione non sono solo il prelievo di legname, ma anche l’uso del suolo per monocolture da reddito (come la soia) e per l’estrazione mineraria.
Se consideriamo che il 29% delle foreste tropicali perdute è destinato all’esportazione, di cui il 40% verso Paesi ad alto reddito, risulta allora evidente che l’aumento o la perdita di superficie forestale non deve essere considerato come un dato locale, ma deve tenere conto della deforestazione incorporata attraverso lo scambio commerciale di beni.
Nel 2019 un team di ricercatori svedesi della Chalmers University guidato da Florence Pedrill ha pubblicato uno studio che cerca di quantificare la deforestazione incorporata negli scambi commerciali tra gli Stati. Alcuni Paesi, come il Brasile, sono esportatori di deforestazione perché una parte della superficie forestale che perdono è destinata all’esportazione di beni verso altre nazioni Paesi. Altri Paesi, come il Regno Unito, sono importatori di deforestazione: ciò significa che anche se la loro superficie forestale interna è in aumento, non è tuttavia sufficiente a compensare la deforestazione che provocano in altre nazioni attraverso l’importazione di beni. Cina o Stati Uniti, invece, importano molta deforestazione, ma riescono comunque a compensare in termini quantitativi con l’aumento di superficie forestale interna. Esistono poi Paesi come la Nuova Zelanda che hanno raggiunto un equilibrio puntando tutto sulla conservazione delle foreste esistenti e sulla riforestazione di nuove aree con piante a veloce accrescimento destinate alla produzione di legname.

 

Gli alberi non sono tutti uguali

Secondo Giorgio Vacchiano, ricercatore e docente in gestione e pianificazione forestale all’Università Statale di Milano, piantare alberi è sicuramente una strategia utile, ma non sufficiente. La riforestazione, per esempio, non è in grado di compensare la deforestazione e il degrado delle foreste già esistenti. Se per ogni albero perduto in Amazzonia ne piantassimo uno in un altro luogo del mondo, il risultato finale non sarebbe un pareggio. Le foreste amazzoniche, infatti, contribuiscono a mantenere il ciclo dell’acqua e il riciclo di materia organica, che sono fondamentali per la loro sopravvivenza perciò, oltre un certo limite, la riduzione della superficie forestale determinerebbe un’irrimediabile perdita della capacità di mantenere in equilibrio l’intero ecosistema.
Piantare alberi, dunque, non può essere una soluzione prettamente numerica, ma deve tenere conto di numerose variabili come le caratteristiche del territorio e il cambiamento climatico stesso. Le piante che mettiamo a dimora oggi cresceranno in un clima probabilmente molto diverso da quello attuale, per cui potrebbe essere necessario selezionare varietà più resistenti al caldo o alla siccità.
L’aumento della superficie forestale può addirittura sortire effetti paradossali qualora, come sempre più spesso accade, si scatenasse un incendio che potrebbe propagarsi senza interruzioni. Occorre perciò una sapiente pianificazione della gestione delle aree boschive, che preveda dei “tagli” all’interno del bosco per la creazione di radure in grado di fermare la propagazione degli incendi.

 

Conservare è meglio che ricostruire

Ci sono molte altre buone ragioni per tutelare le foreste esistenti che non hanno a che fare con la cattura di CO2. Un bosco non è semplicemente un insieme di alberi, ma un ecosistema complesso e variegato, composto da diverse specie vegetali come arbusti ed erbe, oltre che dalle specie animali che lo abitano. Quanto più un bosco è antico e intatto tante più specie animali vi si trovano: la biodiversità è la chiave della resilienza dei boschi, ossia la capacità di reagire a quelli che in ecologia sono chiamati “disturbi”. Ciò che rimane dopo un incendio o un’alluvione è solo in apparenza una landa desolata, perché già si stanno facendo strada nuove specie pronte a propagarsi su ciò che rimane di quelle scomparse.
La biodiversità dei boschi ha ricadute anche sulla nostra salute se consideriamo che un quarto dei medicinali contiene principi attivi ricavati da piante provenienti dalle foreste tropicali. La deforestazione, inoltre, può favorire la diffusione delle zoonosi: nelle foreste, infatti, i virus sono in equilibrio con l’ambiente e con le specie che lo abitano. Il degrado forestale favorisce l’incontro tra i virus e nuove specie perché gli animali si spostano per reagire alla distruzione del loro habitat.

 

Attività da proporre alla classe

Visita il sito Our world in Data e utilizza le mappe interattive per svolgere una ricerca sulla riforestazione nel mondo. La tua ricerca dovrà rispondere alle seguenti domande:

  • In quali Paesi la superficie forestale è in aumento?

  • In quali Paesi la superficie forestale sta diminuendo?

  • Quali Paesi contribuiscono maggiormente alla deforestazione all’estero?


 

Riferimenti

Hannah Ritchie and Max Roser (2021) - "Forests and Deforestation". Published online at OurWorldInData.org

Florence Pendrill et al 2019 Environ. Res. Lett. 14 055003

Giorgio Vacchiano, La resilienza del bosco, Mondadori 2019