Come accendere il Sole sulla Terra

di Edwige Pezzulli
  • Obiettivo Primario: 7 - Garantire l'accesso all'energia a prezzo accessibile, affidabile, sostenibile e moderna per tutti
  • Materia: Fisica

Se riuscissimo a replicare il meccanismo che tiene in vita le stelle, potremmo attingere a grandi quantità di energia pulita, evitando la produzione di scorie radioattive e le emissioni di gas serra in atmosfera. Ma a che punto siamo con la fusione nucleare?

 

Fissione e fusione

Quando si parla di energia nucleare ci si riferisce quasi sempre alla fissione, ma i processi che permettono di estrarre energia dai nuclei atomici sono in realtà di due tipi.


Nella fissione, che alimenta le odierne centrali nucleari, si produce energia quando i nuclei di atomi molto pesanti, come l’uranio o il plutonio, vengono spezzati in nuclei più leggeri.


 





La fusione nucleare, invece, è quel fenomeno in cui i nuclei di atomi leggeri si uniscono a formarne di più pesanti, processo responsabile della grande quantità di energia sprigionata dalle stelle.





L’energia, quindi, viene rilasciata sia dividendo sia unendo i nuclei atomici e lo spartiacque tra i due fenomeni si può identificare approssimativamente nel ferro: per i nuclei più leggeri di quello del ferro, la fusione nucleare libera energia, mentre negli elementi più pesanti l’energia viene prodotta attraverso la fissione.





I due processi sono molto diversi non solo in termini fisici, ma anche da un punto di vista ambientale: incidenti gravi alle centrali nucleari, per quanto improbabili, sono in grado di causare danni importanti alla popolazione e agli ecosistemi, mentre catastrofi di questa portata sarebbero impossibili nei reattori a fusione, che hanno bisogno di essere costantemente alimentati e che quindi di fronte al pericolo di un disastro potrebbero venire semplicemente spenti. Sempre nel caso della fissione, poi, si pone la questione dello smaltimento dei cosiddetti rifiuti a lunga vita, ossia di quegli elementi che rimangono radioattivi per centinaia o anche migliaia di anni, assenti invece nel ciclo della fusione nucleare.


 

Nei cuori delle stelle

Ogni secondo, da quasi cinque miliardi di anni, nel Sole vengono trasformate 700 milioni di tonnellate di nuclei di idrogeno in nuclei di elio. In questa catena di reazioni, il Sole produce energia e luce, arrivando a brillare come dieci milioni di miliardi di miliardi di lampadine accese tutte assieme.
Protagonista indiscusso di questo processo è il plasma, il quarto stato della materia in cui gli elementi costitutivi degli atomi, elettroni e nuclei, convivono slegati. Si tratta di materia globalmente neutra ma poiché composta da cariche positive e negative libere, è in grado di reagire sia ai campi elettrici che a quelli magnetici.





Il processo di fusione nucleare che avviene nel Sole si sostiene grazie alle alte temperature raggiunte nel centro della stella. I nuclei atomici sono infatti carichi positivamente e la repulsione elettromagnetica tra cariche dello stesso segno impedirebbe che queste si avvicinino tra loro per fondersi. Gli oltre 10 milioni di gradi raggiunti all’interno del Sole, invece, consentono ai nuclei di idrogeno di raggiungere velocità molto alte, vincere così la repulsione reciproca e unirsi, formando nuclei via via più pesanti.


 

Confinamento magnetico

Replicare sulla Terra ciò che avviene nelle stelle è molto complesso, perché per vincere la repulsione elettromagnetica i nuclei devono essere confinati a temperature di milioni di gradi. Nelle stelle il confinamento della materia è garantito dalla loro stessa auto-gravità, mentre uno dei metodi sviluppati nei laboratori terrestri sfrutta l’azione dei campi magnetici. La configurazione che ha ottenuto i migliori risultati finora è quella del tokamak, che prende il nome dall’acronimo russo “toroidalnaya kamera s magnitnymi katushkami”, ossia “camera toroidale con spire magnetiche", un tipo di dispositivo cavo, a forma di ciambella, all’interno del quale è confinato il plasma.





Passo dopo passo

Il primo plasma prodotto in laboratorio fu realizzato all’inizio degli anni ‘80 al JET (Joint European Torus), il grande tokamak costruito vicino Oxford, nel Regno Unito. Negli stessi anni a Princeton venne costruito il TFTR (Tokamak Fusion Test Reactor), in grado di fondere parti uguali di deuterio e trizio, due isotopi di idrogeno che si possono ottenere facilmente sulla Terra: da 500 litri di acqua si estrae il deuterio necessario a coprire il fabbisogno energetico di un abitante europeo per tutta la sua vita, mentre il trizio si ricava da alcune reazioni che coinvolgono il litio, naturalmente presente nelle rocce della crosta terrestre.


Di nuova generazione è il progetto ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor) volto a realizzare un grande reattore a Cadarache, nel Sud della Francia.


L’obiettivo di ITER è quello di dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica della fusione come fonte di energia ma l’accensione del suo tokamak, prevista per il 2019, è stata posticipata al 2025, mentre le reazioni deuterio-trizio inizieranno solo nel 2035. Resta ancora qualche dubbio sui tempi di realizzazione dell’impresa, dunque, che permetterà di gettare le basi scientifico-tecnologiche necessarie per garantire all’umanità l’accesso a un’immensa fonte di energia pulita.


 

A che punto siamo?

Dalla prima fusione nucleare ottenuta in laboratorio sono passati quasi 90 anni e nonostante i grandi sforzi e le ricerche portate avanti da molti paesi, l’obiettivo del pareggio energetico non è stato ancora raggiunto: ad oggi, infatti, i reattori a fusione nucleare consumano più energia di quanta ne producano. Questo risultato non deve stupire poiché il progetto di fusione rappresenta di per sé un'impresa mastodontica, dove della materia instabile e a temperature di milioni di gradi deve essere intrappolata a lungo e con una precisione straordinaria in un piccolo spazio. Se la comunità scientifica confida comunque di ottenere presto il pareggio energetico, è altrettanto convinta che questo tipo di energia non sarà fruibile prima della seconda metà del secolo, considerando la fusione come un’alternativa per le generazioni future più che una soluzione nel presente. Un appuntamento forse troppo lontano per un pianeta che sta affrontando oggi gli effetti di un clima che cambia sempre più rapidamente. Siamo infatti nel mezzo di una partita giocata cronometro alla mano, dove la ricerca scientifica e i progressi tecnologici si intrecciano, costruendo percorsi accomunati dalla stessa variabile: il tempo. La nostra gara ambientale assomiglia proprio a una staffetta, dove il testimone viene passato dal mondo della ricerca alla società non soltanto con l’obiettivo di ridurre il nostro impatto e mitigare gli effetti del cambiamento climatico, ma anche e soprattutto di riuscirci nel più breve tempo possibile.


 

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Sitografia

Bibliografia


  • Freidberg, J., Plasma Physics and Fusion Energy. 2007, Cambridge University Press