Che genere di cervello

di Stefania Franco
  • Obiettivo primario 5 – Parità di genere
  • Obiettivo secondario 4 – Istruzione di qualità
  • Obiettivo secondario 8 – Lavoro dignitoso e crescita economica
  • Materia: Biologia

Le donne sono ancora una minoranza nell’ambito delle discipline STEM: questo divario è dovuto a differenze innate nei cervelli maschili e femminili? Il cervello ha un genere?

 

Natura o cultura?

Nonostante sia in crescita, la presenza femminile nelle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) è ancora minore rispetto a quella maschile. Tuttavia, le donne sono in leggera maggioranza sul totale dei laureati: ciò significa che nella scelta del percorso di studi le donne tendono a indirizzarsi verso le discipline umanistiche e gli uomini verso quelle scientifiche. Questa tendenza è dovuta a fattori sociali o riflette differenze radicate nella struttura biologica del cervello?

 

Che cos’è il neurosessismo

Per neurosessismo si intende l’idea secondo la quale il cervello maschile e quello femminile presentino delle differenze strutturali a livello biologico e che tali differenze si traducano in un differenze funzionamento del cervello.

Il termine neurosessismo è stato coniato nel 2008 dalla psicologa e filosofa della scienza Cordelia Fine, ma le sue origini possono essere rintracciate nel XIX secolo, proprio mentre la biologia si affermava come disciplina indipendente nell’ambito delle scienze della natura. Questo non significa che prima di allora uomini e donne fossero considerati uguali dal punto di vista intellettivo, ma le differenze erano basate su fondamenti religiosi o filosofici. Aristotele, per esempio, considerava la donna come un uomo imperfetto, appena un gradino al di sopra degli schiavi e degli animali. Su questa linea di pensiero si è attestata la gran parte del pensiero occidentale successivo.

 

Se lo dice la scienza…

Ai suoi albori, la biologia non ha fatto altro che offrire l’occasione per conferire una base scientifica scientifica a una discriminazione in atto già da almeno due millenni. Charles Darwin, padre della teoria dell’evoluzione, era convinto che le donne “sebbene in linea generale superiori agli uomini per qualità morali, siano inferiori dal punto di vista intellettivo” e che “a causa delle leggi dell’ereditarietà, se le comprendo in maniera corretta, sia molto difficile che possano diventare intellettualmente uguali agli uomini”. Darwin era infatti convinto che gli uomini avessero evoluto un’intelligenza superiore per via della competizione con gli altri uomini, un po’ come il pavone maschio ha sviluppato il suo splendido piumaggio per apparire più attraente rispetto agli altri pavoni. L’aspetto delle pavonesse, invece, è rimasto piuttosto anonimo perchè si limitano a scegliere il maschio e il loro successo riproduttivo non dipende dalla bellezza.

Per quanto fosse un grande scienziato, Darwin rimaneva comunque un uomo del suo tempo, l’epoca vittoriana. Era convinto, infatti, che se le donne ricoprissero nella società gli stessi ruoli che hanno gli uomini, ciò sarebbe dannoso per la famiglia e, in definitiva, per la prosecuzione della specie. In altre parole, l’uguaglianza tra uomo e donna inficierebbe la fitness, intesa come adattamento che consente a una specie di proliferare in un certo habitat. Ambiente che per Darwin era costituito dalla società borghese, dove le donne non lavoravano per dedicarsi interamente alla cura della casa e della famiglia. Le cose andavano assai diversamente per le donne della working class, che lavoravano tanto quanto gli uomini, oltre a prendersi cura dei figli che, a loro volta, sarebbero andati a lavorare ben prima di uscire dall’infanzia. E, in barba alle teorie di Darwin, il proletariato era ben più prolifico della borghesia.

A dare ulteriore manforte al neurosessismo ottocentesco contribuiva la frenologia, disciplina oggi è considerata priva di fondamento e che attribuiva alla conformazione fisica certi caratteri psicologici. L’esempio più noto in questo campo sono le teorie di Cesare Lombroso sui tratti fisiognomici che caratterizzano i criminali, ma su analoghe fondamenta si teorizzavano differenze essenziali tra il cervello maschile e quello femminile. Quest’ultimo, infatti, è in media più piccolo e leggero di quello maschile. D’altra parte, però i maschi sono in media più grossi e pesanti della femmine. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che i Neanderthal avevano cervelli più grossi dei nostri, ma non per questo erano più intelligenti. L’intelligenza (qualunque cosa essa sia) non dipende dalle dimensioni del cervello, ma dalle rete di connessioni che si stabiliscono al suo interno.

 

Cromosomi e ormoni

Da un punto di vista biologico il sesso è determinato geneticamente dai cromosomi al momento della fecondazione: se lo zigote ha due cromosomi X è femminile, se ha un cromosoma Y è maschile. Questo sistema di classificazione è adatto per la maggior parte delle persone, ma non per tutte. Gli embrioni femminili e maschili seguono infatti lo stesso modello di sviluppo fino alla settima settimana di gestazione, poi, se si attiva il gene SRY sul cromosoma Y il feto si sviluppa come un maschio. 

Esistono tuttavia alcune condizioni particolari che possono impedire a un embrione di sviluppare genitali e gonadi coerenti con il suo sesso cromosomico. Una di queste è un deficit dell’enzima 5-alfa-riduttasi, che catalizza la riduzione del testosterone in una sostanza che permette lo sviluppo di genitali maschili. Le persone che presentano questo deficit sono maschi da un punto di vista cromosomico, ma nascono con dei genitali non completamente sviluppati. Sul versante opposto, invece, nelle femmine l’iperplasia surrenale congenita può portare a una maggiore sensibilità agli ormoni androgeni, che si manifesta con genitali dubbi.

Questi casi dimostrano che esistono anche altre opzioni rispetto allo schema binario sesso maschile/sesso femminile e che cromosomi, ormoni e genitali non sono sufficienti a determinare la nostra identità di genere.

Non sempre il genere coincide con il sesso: il genere, infatti, è il sesso con il quale ci identifichiamo ed è influenzato anche da fattori sociali, come il ruolo che la società assegna a maschi e femmine. Alcune persone possono essere biologicamente maschi o femmine, ma riconoscersi nel sesso opposto o talvolta in nessuno dei due.

 

Empatia versus sistematizzazione

Per capire se il cervello è influenzato dal sesso è necessario studiare bambini molto piccoli, sui quali non sia ancora intervenuto nessun condizionamento sociale, ma questo tipo di indagine non è semplice da condurre né priva di bias. Alcuni studi sui bambini, per esempio, cercano di capire se il sesso influenzi la scelta dei giochi, ma è molto difficile, se non impossibile, stabilire con certezza che non siano intervenute influenze da parte della società.

Una delle più note teorie sulle differenze innate nei cervelli maschili e femminili è quella elaborata negli anni Novanta dallo psicologo Simon Baron Cohen secondo la quale i maschi sono più portati verso la sistematizzazione e le femmine verso l’empatia. Per questo motivo i maschi sono più portati per la matematica e le femmine per prendersi cura delle altre persone. Baron Cohen, che è specializzato in autismo, ritiene che tale condizione sia un’estremizzazione del cervello maschile e che ciò ne spieghi la maggiore prevalenza in questo sesso. Uno degli studi su cui ha basato la sua teoria consisteva nel mostrare a dei neonati di entrambi i sessi una fotografia di un volto e quella di un dispositivo meccanico, utilizzando un metodo chiamato “sguardo preferenziale” che serve per studiare le preferenze degli animali e dei bambini molto piccoli. La maggior parte dei bambini non mostrò nessuna particolare preferenza, ma tra quelli che osservarono più a lungo l’immagine del dispositivo c’era una prevalenza di maschi. 

Tuttavia, da qui a dire che i maschi sono più portati per la matematica e le femmine per le relazioni umane, c’è un mondo. Un mondo fatto non solo di biologia, ma anche di cultura.

 

La media e gli estremi

Secondo la neuroscienziata Gina Rippon le differenze biologiche tra i cervelli maschili e femminili sono minime e visibili soltanto agli estremi: in media c’è una grande sovrapposizione. Gli uomini, ad esempio, sono mediamente più alti delle donne, eppure un numero non trascurabile di donne sono più alte rispetto all’altezza media di un uomo. In generale, la deviazione standard è di entità minima: detto altrimenti, la differenza media di altezza tra maschi e femmine è molto più piccola di quella rilevabile ai due estremi.

Per quanto riguarda il cervello, Gina Rippon ha dedicato la sua carriera a studiare il funzionamento del cervello con le tecniche di neuroimaging come la risonanza magnetica funzionale che permette di visualizzare quali aree del cervello si attivano nello svolgimento di determinati compiti. La sua conclusione è che non è possibile riscontrare differenze statisticamente rilevanti: le differenze emergono sempre agli estremi.

 


Fonte: Anne Fausto Sterling, The Science of Difference: Let’s do it Right!, https://www.huffpost.com/entry/the-science-of-difference-lets-do-it-right_b_5372859, consultato il 29/12/2021

Il cervello è sociale

Secondo un’affascinante ipotesi chiamata darwinismo neurale le connessioni sinaptiche si costruiscono fin a partire dai primi momenti di vita e si rinforzano con l’uso. Un caso da manuale è quello dei tassisti di Londra: il loro cervello presenta un ippocampo più sviluppato rispetto a quello delle altre persone perché hanno dovuto imparare a muoversi nella complessa rete stradale londinese. Allo stesso modo, la predisposizione per la matematica potrebbe anche essere innata, ma di sicuro può essere coltivata e fiorire nelle giuste condizioni, come rimanere silente se non viene esercitata. 

Se è vero che i nostri cervelli sono incarnati in corpi maschili o femminili (o più raramente interesessuali) non bisogna tuttavia trascurare che sono immersi in una società: ciò che siamo è determinato dalle nostre esperienze non meno che dalla nostra dotazione biologica.

Esistono poi degli apparenti paradossi: in un paese tradizionalmente patriarcale come l’Iran la presenza femminile nelle discipline STEM è più forte rispetto a quella maschile. Una possibile spiegazione di questa inversione di tendenza è che le donne vedono nelle discipline STEM maggiori possibilità per affermarsi e accedere a professioni meglio retribuite. È ragionevole supporre dunque, che a influenzare le nostre scelte non sia soltanto la struttura biologica, ma anche i desideri e le aspettative per i futuri piani di vita.

 

ATTIVITÀ PER LA CLASSE

Discussione

Quali sono i fattori sociali e culturali che spingono le persone a intraprendere un certo percorso di studi? Pensi che le donne dovrebbero essere più incoraggiate a intraprendere una carriera in ambito STEM? Se sì, in che modo?

 

Bibliografia

Angela Saini, Inferiori. Come la scienza ha penalizzato le donne e la nuova ricerca che sta riscrivendo la storia, Harper Collins, 2019

Gina Rippon, The gendered brain. The new neuroscience that shatters the myth of the female brain, Vintage, 2020.