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Roma città aperta (1945) di R. Rossellini


Roma città aperta, di Rossellini (1945), ispirato alla figura di don Morosini, un prete schierato a fianco della resistenza, rappresenta gente comune, che nella vita di tutti i giorni matura la scelta antifascista e affronta con dignità ed eroismo la morte, come fa la popolana Pina, falciata da un mitra mentre insegue il camion tedesco che porta via l’uomo col quale doveva sposarsi l’indomani (e l’inquadratura della sua corsa dall’alto accentua la tensione e il dramma), come il capo partigiano Manfredi, torturato e ucciso dai nazisti (Rossellini evita il crescendo drammatico, rallenta il ritmo e, contrariamente all’uso del tempo, mostra la crudeltà delle sevizie, la determinazione dei torturatori, quasi in tempo reale, rendendo l’orrore intollerabile per lo spettatore); chiude il film la fucilazione di don Pietro, cui assistono i ragazzini della parrocchia, che si allontanano sullo sfondo di Roma dominata dal cupolone di San Pietro che, nell’inquadratura dalla luce impastata, esprime non gloria e speranza, ma incertezza e indifferenza.

Le prime reazioni della critica e del pubblico di fronte alla novità di temi e linguaggio saranno decisamente negative; poi il film verrà riconosciuto a livello internazionale come un capolavoro.


Paisà (1946) di R. Rossellini


Attraverso sei episodi ambientati in diverse parti d’Italia (storie che vanno dalla Sicilia a Napoli, da Roma a Firenze, da un convento di monaci alla strage di partigiani e paracadutisti alleati, vittime della ferocia nazista nel delta del Po) il regista costruisce una rappresentazione articolata e appassionata della resistenza. Girato con mezzi di fortuna a guerra appena finita, esprime valori umani e di solidarietà tra le diverse forze in lotta contro il nazifascismo.
All’epoca della sua uscita nelle sale ebbe scarso successo. È considerato uno dei capolavori del neorealismo.