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Temi e stile


Nel clima del dopoguerra, il neorealismo, rompendo con il cinema fascista dei “telefoni bianchi”, si propone di raccontare la storia dell’antifascismo e della resistenza, denunciare i problemi sociali e politici dell’Italia uscita dalla guerra, manifestare l’impegno di intellettuali e cineasti nella trasformazione della società italiana.

Giuseppe De Santis, nel 1949, scrive su «Rinascita» (rivista del PCI):

«[…] che cos’è […] il neorealismo nella sua sostanza umana e sociale? Un’arte popolare, nel senso di aver scelto a protagonista delle vicende che esso narra il popolo. Il popolo con le sue speranze, le sue sofferenze, le sue gioie, le sue battaglie e – perché no? – le sue contraddizioni».

Per rappresentare la realtà senza manipolarla, il neorealismo gira le riprese fuori dagli studi, nelle strade e nei luoghi reali, usa attori non professionisti. Lo stile è caratterizzato da inquadrature e movimenti di macchina liberi e improvvisati (la morte della signora Pina in Roma città aperta), tempo filmico più vicino a quello della realtà, riduzione del montaggio, ambienti colti nella loro desolazione senza abbellimenti, casualità degli eventi non sempre finalizzati allo sviluppo della trama (per esempio in Paisà, di Rossellini, 1946, film a episodi non sempre compiuti), finali aperti come nella vita reale.