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Zola: L’opera (1886), un manifesto del naturalismo


La vita dei pittori impressionisti

A Parigi dal 1860 al 1870 vi è un grande fermento artistico. Si crea una frattura nei confronti della pittura accademica e nuovi pittori sfidano l’establishment culturale. Fanno la loro comparsa gli impressionisti e lo stesso Claude è una incarnazione di Manet e di Cézanne.

Zola rievoca nel romanzo vicende a cui lui partecipò in prima persona. Cézanne era un suo amico d’infanzia, si erano conosciuti ad Aix-en-Provence e si erano incontrati di nuovo a Parigi. Tramite lui conobbe gli ambienti dell’avanguardia artistica parigina e anche Manet, che gli fece un famoso ritratto.

Nel romanzo è descritta con molta attenzione l’atmosfera che si viveva nei circoli artistici. Le discussioni tra Claude e Sandoz riportano spesso i termini in cui si sviluppava il dibattito. Claude esprime un’estetica che può essere riassunta così: «Doveva arrivare il giorno in cui una sola carota originale sarebbe stata gravida di rivoluzione». Basta con l’arte lontana dalla vita e dalla natura, essa doveva riscoprire la realtà in tutta la sua forza brutale.

La pittura “en plein air”, che era il manifesto dell’impressionismo, diventa la vera e unica pittura: « capisci, forse ci vuole sole, aria pura, una pittura luminosa e giovane, le cose e le persone così come si muovono nella luce vera». Lo studio della luce aveva caratterizzato la pittura impressionista e aveva spinto verso un’arte che scoprisse le pieghe della realtà:

«Ah! Vedere tutto e tutto dipingere. Avere chilometri di muri da ricoprire, poter dipingere negli atri delle stazioni, nei mercati, nei municipi … Sì, la vita come scorre nelle strade …; e tutta la ridda di mestieri; e tutte le passioni sciorinate alla luce del sole ... Sì, tutta la vita moderna».

L’arte esce dal chiuso dei musei per riversarsi nelle strade e diventare realtà. Affreschi grandi quanto il Pantheon vuole Claude e chilometri di muri da dipingere. L’intera città diventa opera d’arte. Gli impressionisti cercavano lo scandalo rappresentando la dura realtà.

Le critiche feroci che le loro opere ricevettero sono quelle che vengono tributate a Claude nel romanzo. E Claude aveva voluto solo riprodurre la natura, ma con tale forza da risultare scandalosa. Ecco com’è l’Enfant mort, il quadro composto da Claude per il Salon: «Era un cranio, era un ventre, quella testa abnorme, ridondante e biancastra, e quelle povere mani contorte sulle lenzuola, come zampe rattrappite d’uccello ucciso dal freddo».

Questa è la realtà senza abbellimenti e tanto più cruda sarà nell’ultima opera a cui Claude lavora prima di morire:

« Col pennello intriso di colore plasmava a gran colpi forme carnose col gesto smarrito di una carezza ...: una confusione enorme e nera, l’avvinghiarsi di membra avviluppate in un accoppiamento brutale. Era la Donna nuda, che stava dipingendo».



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