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L'Italia dopo l'unità

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L’Italia dopo l’Unità


Nell’ambito degli anni Sessanta e Settanta del 1800, quelli che fanno da sfondo alle narrazioni di Verga, si evidenziano diversi ordini di temi storici:

• sul piano degli eventi si ha, a livello nazionale, la terza guerra d’indipendenza, l’annessione di Roma, episodi di sollevazioni popolari (particolarmente grave quella del 1866 a Palermo) e strascichi di fenomeni di banditismo (di questi ultimi si ha traccia, per esempio, in L’amante di Gramigna) e il declino della Destra e della sua politica;
• sul piano della situazione sociale più particolarmente siciliana si hanno documenti, di natura ufficiale, che si prestano a essere studiati in parallelo con il quadro che ci presenta l’autore dei Malavoglia. Con il titolo La Sicilia nel 1876, sono raccolte le relazioni che una commissione parlamentare stese al termine di un viaggio di indagine svolto fra il 1875 e il 1876. I due giovani studiosi toscani Franchetti e Sonnino partono dal nucleo della questione agraria per arrivare a evidenziare rapporti fra individui e classi che denotano nell’isola un mondo con caratteri ancora semifeudali.

Si presentano alcuni cenni sulla guerra del 1866 e stralci della Relazione Franchetti Sonnino.


La terza guerra d’indipendenza

Nel 1866 scoppia la terza guerra d’indipendenza quando la Prussia attacca l’Austria. È il 17 giugno.
La guerra si presta al progetto dei governanti italiani di completare il processo di unificazione.
Due erano le potenze europee contro cui l’Italia avrebbe dovuto scontrarsi per conquistare le terre irredente: la Francia, che proteggeva l’integrità dello Stato pontificio, e l’Austria, che dominava i territori del Veneto, Friuli e Trentino Alto Adige.
Il governo italiano stipulò con la Prussia un’alleanza segreta che prevedeva l’intervento militare italiano se la Prussia entrava in guerra contro l’Austria. Secondo le clausole del trattato l’Italia avrebbe ottenuto dall’Austria il Veneto e altri territori.

Gli italiani furono sconfitti sulla terraferma nella battaglia di Custoza e vinsero con Garibaldi in Trentino e successivamente nella battaglia di Bezzecca. Così vengono sintetizzati i motivi della sconfitta italiana:

La guerra era stata decisa in tempi brevissimi, senza un’adeguata preparazione … Mancava unità di comando e l’esercito era diviso in due tronconi: il maggiore sul Mincio, comandato da La Marmora, l’altro sul basso Po, comandato dal generale Enrico Cialdini» (Storia d’Italia, De Agostini).

Sul mare la sconfitta più grave fu quella nella battaglia di Lissa (20 luglio). «La mancanza di addestramento e di capacità di comando furono duramente pagate nella battaglia di Lissa, quando nonostante la sua inferiorità numerica (sette corazzate e sette navi di legno) la flotta austriaca poté affondare, senza subire danni rilevanti, una corazzata e la nave ammiraglia italiana» (Storia d’Italia, De Agostini).


La situazione politico-sociale della Sicilia

Nella Relazione Franchetti si fa luce sul modo con cui è esercitato il potere politico. Un brano significativo:

« ... in Sicilia ... i deputati si adoperano per procurare ai loro elettori favori più o meno conciliabili con la legge ... In un paese dove niuno crede che le leggi siano superiori a tutti e per tutti uguali, e dove è convinzione generale che la loro applicazione dipenda dalla autorità dei potentati locali, ogni concessione che venga a questi fatta ribadisce l’universale credenza ... Le intercessioni hanno gli argomenti i più vari. Si intercede per risparmiare l’ammonizione a qualche mafioso di bassa sfera, come per ottenere la traslocazione di qualche alto impiegato che sia incorso nella disgrazia dei maggiorenti locali. Si potrebbe dire che i deputati siciliani hanno dai loro elettori il mandato, più che di far nuove leggi, di procurare che siano fatte eccezioni a quelle in vigore...»
(da Il Sud nella storia d’Italia. Antologia della questione meridionale, a cura di R. Villari).

La Relazione Sonnino ha un incipit esemplare per chiarezza e si adegua bene al quadro che in forma letteraria ci fornisce il verismo di Capuana e Verga.
«Nelle relazioni tra il contadino e il proprietario, o in genere tra il contadino e il cosiddetto “galantuomo”, ossia la persona civile, molto è rimasto ancora dei costumi feudali...» Constata lo studioso che, anche se formalmente e legalmente abolito il potere feudale: «... rimase come potenza o prepotenza di fatto, e il contadino, dichiarato cittadino dalla legge, rimase servo e oppresso. Il latifondista restò sempre barone, e non soltanto di nome ... Vi è poi la classe della borghesia, non molto numerosa, e là come dappertutto avida di guadagno e imitatrice della classe aristocratica soltanto nelle sue stolte vanità e nella sua smania di prepotenza.

«La proprietà vi è ancora considerata come una vera e propria dignità. Il proprietario siciliano sdegna di vendere la sua terra, anche quando ridotto all’estremo dai debiti o dalla sventura...» (Il Sud nella storia d’Italia).