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Primo Levi: Se questo è un uomo
J. Roth: Tarabas

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La testimonianza di Primo Levi: Se questo è un uomo (1958)


I sommersi e i salvati

Il titolo del libro ci ricorda che al centro dell’interesse dell’autore è l’analisi dell’uomo, la comprensione di ciò che l’uomo può fare e subire. La forma dubitativa esprime l’esitazione di Levi di fronte all’abisso di male presente nell’animo umano che nel lager egli ha conosciuto e provato giorno per giorno.
Nell’inferno del lager alcuni uomini riescono a rimanere fedeli a se stessi, alla propria dignità umana. E infine, aiutati da una casualità cieca, sono emersi da quell’inferno. Altri sono destinati fin dall’inizio a soccombere.

Nel capitolo 9, I sommersi e i salvati, Levi individua queste due fondamentali categorie di uomini, che si distinguono assai nettamente. La quasi totalità dei prigionieri appartiene ai «sommersi», mentre assai pochi sono i «salvati», pur se molteplici e diversissime sono le modalità attraverso le quali ci si salva. Quattro sono i «salvati» che Levi ci propone: Schepschel, Alfred L., Elias, Henri.
A un personaggio particolare è dedicato il capitolo 16, L’ultimo; un prigioniero che stava preparando una rivolta e per questo viene impiccato di fronte a tutti i Kommandos, in una lugubre cerimonia che serva da esempio, che spenga ogni ribellione. Ma la morte solitaria che i tedeschi hanno preparato per il condannato «gli frutterà gloria e non infamia perché dimostra che non tutti sono stati piegati, annullati dal sistema del lager.


Il canto XXVI dell’Inferno di Dante

Le pagine di Se questo è un uomo ci presentano una condizione umana particolarmente aspra e drammatica, squallida e priva di speranza. Eppure dal racconto emerge una grande ricchezza di sentimenti, di gesti, di azioni capaci di riaffermare la dignità dell’uomo. L’episodio in cui più intensamente e consapevolmente vediamo i personaggi elevarsi al di sopra dell’atmosfera del lager è narrato nel capitolo 11, Il canto di Ulisse: Primo e Pikolo hanno il compito di ritirare la zuppa per il loro Kommando e scegliendo opportunamente la strada fanno in modo di avere un’ora a disposizione per parlare tra loro da esseri umani. Così ricordano le loro case, i loro studi, le loro letture, le loro madri... Pikolo vorrebbe imparare l’italiano e Primo gli propone un canto della Commedia di Dante Alighieri, il canto di Ulisse. I versi di Dante hanno il potere di evocare il mondo fuori dal lager, spazi aperti, orizzonti sterminati, mari e montagne familiari. Ulisse è l’uomo che esprime una delle sue aspirazioni più alte, il desiderio di conoscenza: «Considerate la vostra semenza: / Fatti non foste a viver come bruti, / Ma per seguir virtute e conoscenza».

Queste parole rivolte da Ulisse ai suoi compagni per esaltare il loro desiderio di conoscenza mettono in particolare rilievo, per contrapposizione, la situazione dei prigionieri. E tuttavia Primo e Pikolo si riconoscono in questo desiderio di libertà e di conoscenza. La poesia parla delle loro profonde aspirazioni, inesprimibili nella situazione del lager, della contrapposizione tra la barbarie nazista e la ragione umana, della sconfitta di quest’ultima rappresentata dal naufragio della nave sopra la quale il mare si richiude inesorabile.


La voce del narratore

Ogni pagina è un contributo alla storia, fornisce elementi di verità sulla persecuzione antisemita e sulla tragica realtà dei campi di concentramento nazisti. Levi è sempre testimone preciso e attento a non assumere i panni né della vittima, né del giudice.

Occorre tuttavia distinguere tra la posizione che l’autore assume come narratore e i momenti in cui si presenta come personaggio:
- il narratore racconta l’esperienza vissuta a distanza di tempo, se pur breve, dall’accadere dei fatti; ha conoscenza dell’andamento di tutta la storia, della sua conclusione;
- il personaggio vive gli eventi narrati senza sapere come si evolveranno, quale sarà il suo destino.

Nel capitolo 9, I sommersi e i salvati, è il narratore che osserva con spirito scientifico, unito a grande pietà per le sofferenze umane, «come il Lager sia stato, anche e notevolmente, una gigantesca esperienza biologica e sociale», «quanto di più rigoroso uno sperimentatore avrebbe potuto istituire per stabilire che cosa sia essenziale e che cosa acquisito nel comportamento dell’animale-uomo di fronte alla lotta per la vita».
È invece il personaggio immerso nella vicenda non ancora conclusa che esprime queste previsioni circa le proprie possibilità di sopravvivenza: «Io so che non sono della stoffa di quelli che resistono, sono troppo civile, penso ancora troppo, mi consumo al lavoro. Ed ora so anche che mi salverò se diventerò Specialista, e diventerò Specialista se supererò un esame di chimica» (capitolo 10, Esame di chimica).

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