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La shoah nella pittura
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La shoah nella pittura


A. Carpi: Diario di Gusen (1971)

La singolarità di quest’opera sta nel fatto di essere stata composta dall’interno, prima a Mauthausen poi a Gusen, nel corso degli eventi vissuti dall’autore, deportato per cospirazione antifascista. Il manoscritto composto clandestinamente e con grande pericolo è corredato da disegni, ugualmente precari o stesi a memoria; hanno il sapore immediato della testimonianza senza artifici, con una grande carica di umanità. Il pittore Aldo Carpi su carta di fortuna delinea ritratti dei familiari lasciati, volti degli scheletriti compagni di prigionia, scene atroci di mucchi di cadaveri tracciate con un segno di matita a volte espressionistico, a volte morbido e pudico, ma non per questo meno toccante, perché eseguito “dal vero”. Se scoperto, l’autore sarebbe stato senz’altro ucciso. Carpi è riuscito a tornare, ma a costo di grandi sofferenze, perdendo in un lager un figlio, giovane partigiano. Significativa la frase di chiusura: «Non mi è mai venuto in mente di continuare il diario, non ho scritto più».


Art Spiegelman: Maus (1986-1992)

In Maus (prima parte 1986-seconda parte 1992) Art Spiegelman racconta la storia del proprio padre, un ebreo polacco sopravvissuto ad Auschwitz. La sua tragica storia viene ricostruita in modo intenso e commovente attraverso il linguaggio dei fumetti, che dimostra di essere in grado di affrontare anche la realtà sconvolgente della persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti e dello sterminio nei lager. Per la sua opera Spiegelman è conosciuto in tutto il mondo e ha vinto il premio Pulitzer.

In Maus gli ebrei sono rappresentati come topi, i nazisti come gatti, i polacchi hanno sembianze di maiali e gli americani di cani. L’idea era venuta a Spiegelman diversi anni prima, quando aveva disegnato una storia di tre pagine che si concludeva a Mauschwitz.