Filosofia

Storia dell'arte

L’espressionismo
Futurismo
Dadaismo e postdadaismo

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L’espressionismo nelle arti figurative

La stagione del vero e proprio espressionismo dà i suoi massimi frutti a ridosso del conflitto e per tutti gli anni Venti. Polo d’attrazione è Berlino. Alla Galleria Der Sturm (la tempesta), chiamati dal critico Herwarth Walden, si trovano ospitati nel 1912 gli esponenti delle varie tendenze espressioniste operanti nel nord Europa, dal Blaue Reiter al gruppo dei XX di Bruxelles. Il termine accomuna tutta la galassia di artisti che con stili di forte impatto davano forma a inquietudini e angosce tipicamente moderne e realizzavano quadri di incisività al limite della violenza e forte impronta soggettiva. La vita metropolitana, lo smarrimento degli individui, la cupezza dei tempi, le ingiustizie sociali e poi gli orrori del conflitto sono gli elementi che ispirano molti artisti.

Citiamo un brano da una conferenza di Kasimir Edschmid del 1917, destinata a illustrare la Weltanschauung degli espressionisti:

« L’artista espressionista trasfigura tutto lo spazio. Egli non guarda: vede, non racconta: vive; non riproduce: ricrea; non trova: cerca. Al concatenarsi dei fatti – fabbriche, case, malattie, prostitute, gridi e fame [si noti la scelta dei sostantivi] – subentra il loro trasfigurarsi ... i fatti acquistano importanza solo nel momento in cui la mano dell’artista, che si tende attraverso di essi, chiudendosi, fa presa su ciò che ad essi sta dietro: l’artista vede l’umano nelle prostitute e il divino nelle fabbriche, e riconduce i singoli fenomeni nel complesso del mondo…»
(da M. De Micheli, Le avanguardie artistiche del Novecento).

Due significative personalità della stagione espressionista sono Kokoschka e Dix.


Oscar Kokoschka

Il giovane pittore (Pochlarn, Bassa Austria, 1886-Montreux, 1980) si forma nell’ambiente stimolante della Vienna d’inizio secolo (quella di Klimt e Schiele nel campo pittorico, del movimento della Sezession e di tante altre personalità nei più svariati campi); risente degli influssi innovatori dell’architetto Adolf Loos e, per dire l’ampiezza dei suoi interessi, non esita a cimentarsi anche come scrittore e drammaturgo. Nel periodo 1907-1914 realizza una serie di ritratti, ricchi di introspezione psicologica, in cui la figura è tracciata con estrema energia, con una pennellata corposa che conferisce quasi dei bagliori ad abiti e volti. Negli anni Venti viaggia, arricchendo molto la sua esperienza, negli anni Trenta è a Vienna; dopo l’Anschluss si reca a Praga, ma anche qui, avvicinandosi la guerra, non c’è spazio per lui, “artista degenerato”; sfugge al nazismo, riparando prima a Londra, poi in Svizzera.

In base a quanto diceva di sé («Io non sono un maestro, sono un eterno principiante»), Kokoschka ha dimostrato, lavorando per quasi tutto il secolo, di aver interpretato uno dei principi fondamentali di tutte le avanguardie, quello cioè dell’inappagamento costante e della messa in discussione di qualsiasi principio acquisito.

Un’opera significativa è La sposa del vento (La Tempesta), 1914, Basilea, Kunstmuseum. Su uno sfondo plumbeo due amanti tratteggiati con nervose pennellate di tinte fredde sono circonfusi da un alone vorticoso. I loro stessi corpi sono diventati atmosfera. Nel quadro, realizzato nel cruciale anno dell’inizio della prima guerra mondiale, si riflette il tono spesso angosciato che l’espressionismo dà alle scene erotiche (vedi per esempio le immagini di coppie anche in Schiele e Kirchner), ma anche, sul piano personale, la conclusione dell’appassionata relazione che Kokoscha aveva avuto con Alma Mahler, la vedova del grande musicista.


Otto Dix

Il pittore tedesco (Gera,1891-Singen,1969) è tra i più rappresentativi artisti del filone dell’espressionismo attento alla realtà storica e sociale. Con virulenza e ferocia dipinge ambienti borghesi o del mondo militare, con l’intento di smascherarne il vero volto e di sfregiarlo con un segno particolarmente cattivo.

Il suo stile è comunque legato alla figurazione, a una sorta di deformato realismo. Fonda con altri nel 1925 l’associazione della Nuova oggettività (Neue Sachlichkeit), movimento volto a contrastare le tendenze troppo simbolistiche e fantastiche che aveva preso l’espressionismo. In questo si trova a fianco gli eredi del dadaismo berlinese, Grosz tra i primi. Fra i due c’è infatti molta affinità nel modo grottesco e sarcastico con cui guardano alla realtà della repubblica di Weimar. Anche lui subisce inevitabilmente l’ostracismo all’avvento del Terzo Reich.

Dix realizza opere significative che hanno per tema personaggi emblematici della società di Weimar e scene di forte impronta antimilitarista.
In una serie di 50 incisioni che hanno per tema la guerra (1923/24, ora in varie collezioni) Dix ritrae con atroce realismo le scene di massacro di cui è stato diretto testimone sul fronte.

Ritratto della ballerina Anita Berber (1925, Stoccarda, Galerie der Stadt): un volto grifagno e cereo spicca tra capelli, abito e fondo, tutti rossi. La posa denota superbia e aggressività: una mano è appoggiata sul fianco, l’altra con dita ben in vista e unghie laccate sta artigliando i lembi dell’abito.

La guerra, trittico (1929/32, Dresda, Staatliche Kunstsammlungen): su tre pannelli di grandi dimensioni combattenti con maschere antigas, distruzioni, corpi calcificati e la stessa natura devastata compongono una visione apocalittica.

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