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Il surrealismo


Salvador Dalí

Il pittore catalano (Figueras, 1904-1989), dotato di temperamento ribelle e narcisista, di grande talento pittorico, viene a contatto con le personalità di spicco e le avanguardie presenti a Parigi negli anni Venti. Si mette in luce per gli atteggiamenti eccentrici e per gli scambi e gli spunti che mutua un po’ da tutte le parti. Sono fecondi per esempio i rapporti con altri esuli iberici, come Picasso e il cineasta Louis Buñuel.

All’avvento del franchismo Dalí emigra negli Usa, dove, pittore di successo, vive tra il 1940 e ’50. Il suo anarchismo e la sua irrisione per la borghesia convivono con una fruttuosa presenza sul mercato, tanto che Breton, per sarcasmo, anagramma il suo nome in Avida Dollars.
Il surrealismo del pittore spagnolo si attua mediante un suo particolare metodo che chiama paranoico-critico.

Prima c’è una fase in cui l’artista lascia emergere dal suo inconscio deliri e allucinazioni (come un medium» afferma) poi, a caldo, restituisce sulla tela questi fenomeni psichici, o, meglio, psicopatologici, senza censure o limiti (vedi la poetica della scrittura automatica). Di questo “metodo” molti critici colgono l’incongruenza, se non la mistificazione: è un fatto che le opere di Dalí, oltre certe ossessioni ricorrenti (gli orologi molli, le fave, i cassetti nei corpi…), ci rivelano un mondo di mostruosità rese con una perizia estrema. E qui sta quindi il punto di forza di Dalí, non nella millantata paranoia. Sotto cieli siderali, in una luce nitida come negli iperrealisti, compaiono figure ibride, accostamenti a contrasto (elefanti con zampe di zanzara), corpi in disfacimento, animali aggressivi. In altri casi si ha l’immagine doppia o multipla, cioè leggibile in più modi: così in Enigma senza fine, del 1938, un fossile ha volto umano, un gigante sdraiato è il rilievo d’una montagna, ma, a sua volta, è un levriero… Anche chi ha solo un’infarinatura di teoria freudiana riconosce nell’iconografia di Dalí un intenzionale assemblaggio di simboli.
Una rivelativa immagine è costituita da un fotomontaggio che è quasi una dichiarazione di poetica: l’artista stesso si autoritrae di fianco a un groviglio di corpi femminili disposto in modo tale da costituire, secondo la sua teorizzata double image, sia un erotico insieme di nudi sia un teschio. Braccia e gambe fan da contorno, le due modelle riprese da dietro suggeriscono coi piedi la dentatura; con folte capigliature corvine il tragico vuoto delle orbite…
Ancora una volta l’inscindibile dialettica di Eros e Thanatos.

Il surrealismo

Max Ernst

Il surrealismo cinematografico di Louis Buñuel