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Antisemitismo e nazismo


Contro revisionismo e negazionismo


Nella prefazione a i Sommersi e i salvati (1986), raccolta di saggi in cui approfondisce la riflessione su storia personale e storia collettiva a partire dall’esperienza del lager, Primo Levi affronta il problema dell’incredulità di fronte a una tragedia così vasta e così disumana come lo sterminio operato dai nazisti.

Eccone un estratto:

«Le prime notizie sui campi d’annientamento nazisti hanno cominciato a diffondersi nell’anno cruciale 1942. Erano notizie vaghe, tuttavia fra loro concordi: delineavano una strage di proporzioni così vaste, di una crudeltà così spinta, di motivazioni così intricate, che il pubblico tendeva a rifiutarle per la loro stessa enormità. È significativo come questo rifiuto fosse stato previsto con ampio anticipo dagli stessi colpevoli; molti sopravvissuti (tra gli altri, Simon Wiesenthal nelle ultime pagine di Gli assassini sono fra noi, Garzanti, Milano 1970) ricordano che i militi delle SS si divertivano ad ammonire cinicamente i prigionieri: “In qualunque modo questa guerra finisca, la guerra contro di voi l’abbiamo vinta noi; nessuno di voi rimarrà per portare testimonianza, ma se anche qualcuno scampasse, il mondo non gli crederà. Forse ci saranno sospetti, discussioni, ricerche di storici, ma non ci saranno certezze, perché noi distruggeremo le prove insieme con voi. E quando anche qualche prova dovesse rimanere, e qualcuno di voi sopravvivere, la gente dirà che i fatti che voi raccontate sono troppo mostruosi per essere creduti: dirà che sono esagerazioni della propaganda alleata, e crederà a noi, che negheremo tutto, e non a voi. La storia dei Lager, saremo noi a dettarla”.»
«[...] Fortunatamente le cose non sono andate come le vittime temevano e come i nazisti speravano. Anche la più perfetta delle organizzazioni presenta lacune, e la Germania di Hitler, soprattutto negli ultimi mesi prima del crollo, era lontana dall’essere una macchina perfetta. Molte delle prove materiali degli stermini di massa furono soppresse, o si cercò più o meno abilmente di sopprimerle: nell’autunno del 1944 i nazisti fecero saltare le camere a gas e i crematori di Auschwitz ma le rovine ci sono ancora, e a dispetto delle contorsoni degli epigoni è difficile giustificarne la funzione ricorrendo a ipotesi fantasiose. Il ghetto di Varsavia, dopo la famosa insurrezione della primavera del 1943, fu raso al suolo, ma la cura sovrumana di alcuni combattenti-storici (storici, di se stessi!) fece sì che, tra le macerie spesse molti metri, o contrabbandata al di là del muro, altri storici ritrovassero la testimonianza di come, giorno per giorno, quel ghetto sia vissuto e sia morto. Tutti gli archivi dei Lager sono stati bruciati negli ultimi giorni di guerra, e questa è stata veramente una perdita irrimediabile, tanto che ancora oggi si discute se le vittime siano state quattro o sei od otto milioni: ma sempre di milioni si parla. Prima che i nazisti facessero ricorso ai giganteschi crematori multipli, gli innumerevoli cadaveri stesi delle vittime, uccise deliberatamente o consumate dagli stenti e dalle malattie, potevano costituire una prova, e dovevano essere fatti sparire in qualche modo. La prima soluzione, macabra al punto da fare esitare a parlarne, era stata quella di accatastare semplicemente i corpi, centinaia di migliaia di corpi, in grandi fosse comuni, il che fu fatto segnatamente a Treblinka, in altri Lager minori, e nelle retrovie russe. [...] Ma dopo la svolta di Stalingrado ci fu un ripensamento: meglio cancellare subito tutto. Gli stessi prigionieri furono costretti a disseppellire quei resti miserandi ed a bruciarli su roghi all’aperto, come se un’operazione di queste proporzioni, e così inconsueta, dovesse passare totalmente inosservata.
«I comandi SS ed i servizi di sicurezza posero poi la massima cura affinché nessun testimone sopravvivesse. È questo il senso (difficilmente se ne potrebbe escogitare un altro) dei trasferimenti micidiali, ed apparentemente folli, con cui si è chiusa la storia dei campi nazisti nei primi mesi del 1945.»

Per quanto riguarda l’equivalenza tra la shoah e stragi perpetrate da altri regimi, così si esprime Levi nel testo citato:

«Non ho avuto intenzione, né sarei stato capace, di fare opera di storico, cioè di esaminare esaustivamente le fonti. Mi sono limitato quasi esclusivamente ai Lager nazionalsocialisti, perché solo di questi ho avuto esperienza diretta: ne ho avuto anche una copiosa esperienza indiretta, attraverso i libri letti, i racconti ascoltati, e gli incontri con i lettori dei miei primi due libri. Inoltre, fino al momento in cui scrivo, e nonostante l’orrore di Hiroshima e Nagasaki, la vergogna dei Gulag, l’inutile e sanguinosa campagna del Vietnam, l’autogenocidio cambogiano, gli scomparsi in Argentina, e le molte guerre atroci e stupide a cui abbiamo in seguito assistito, il sistema concentrazionario nazista rimane tuttavia un unicum, sia come mole sia come qualità. In nessun altro luogo e tempo si è assistito a un fenomeno così imprevisto e così complesso: mai tante vite umane sono state spente in così breve tempo, e con una così lucida combinazione di ingegno tecnologico, di fanatismo e di crudeltà.»

Le teorie razziali e antisemite - Il nazismo e la persecuzione antisemita in Germania - L’organizzazione dello sterminio. Il sistema dei lager

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