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Le origini della guerra
Guerra di posizione
L’intervento dell’Italia
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L’intervento dell’Italia

Il 2 agosto 1914 l’Italia non era intervenuta in guerra ritenendo che non fossero state rispettate le clausole della Triplice Alleanza. In particolare l’Italia sosteneva di non essere stata avvisata dall’Austria delle proprie intenzioni di attaccare la Serbia.

In Italia si formarono immediatamente due schieramenti, l’uno di interventisti e l’altro di neutralisti. Il fronte interventista era così composto:

a) Interventisti di sinistra:

1. Interventisti democratici: essi vedevano nella guerra la logica conclusione del Risorgimento e interpretavano il conflitto come lo scontro tra le democrazie di Francia e Inghilterra contro le autocrazie di Austria e Germania. (Bissolati e Salvemini, socialisti. Cesare Battisti, irredentista).

2. Sindacalisti rivoluzionari: vedevano la guerra come uno strumento necessario per portare la rivoluzione in Italia. (Corridoni e Labriola).

b) Interventisti di destra:

1. I nazionalisti: volevano per l’Italia una politica di potenza e auspicavano che la guerra portasse la nazione nel novero degli stati più forti.
Enrico Corradini: «Dovere essenziale del nazionalismo è la formazione di una coscienza guerresca da opporre alla coscienza pacifista … Intendiamo di riconoscere che la guerra è, come la pace, necessaria e salutare nel mondo» (Discorso di Savona, 15 dicembre 1913).
Gabriele D’Annunzio: «Il nostro genio ci chiama a porre la nostra impronta su la materia rifusa e confusa del nuovo mondo. Ripassa nel nostro cielo quel soffio che spira nelle terzine prodigiose in cui Dante rappresenta il volo dell’aquila romana, o cittadini, il volo dell’aquila vostra … Che Roma ritrovi nel Foro l’ardimento cesariano. “Il dado è tratto.” Gettato è il dado su la rossa tavola della terra» (Arringa ai romani, 12 maggio 1915).

2. Liberali di destra: speravano che la guerra sopisse i forti contrasti sociali che viveva l’Italia. La guerra sarebbe stata un’utile valvola di sfogo, che avrebbe anche permesso di giustificare una politica autoritaria. Questa tendenza, che rappresentava anche gli interessi di un capitalismo in espansione (Ansaldo, Pirelli...), aveva come sua cassa di risonanza il «Corriere della Sera». (Sonnino, ministro degli esteri nel 1915. Salandra, capo del governo. Albertini, direttore del «Corriere della Sera».)

c) Mussolini è un caso a parte. Era stato espulso dal Partito socialista e aveva fondato il giornale «Popolo d’Italia». Pensava che la guerra avrebbe accelerato la vittoria del socialismo: «Oggi – io lo grido forte – la propaganda antiguerresca è la propaganda della vigliaccheria. Ha fortuna perché vellica ed esaspera l’istinto della conservazione individuale. Ma per ciò stesso è una propaganda antirivoluzionaria … E riprendendo la marcia è a voi, giovani d’Italia; giovani delle officine e degli atenei; giovani d’anni e giovani di spirito; giovani che appartenete alla generazione cui il destino ha commesso di fare la storia; è a voi che io lancio il mio grido augurale, sicuro che avrà nelle vostre file una vasta risonanza di echi e di simpatie... “Guerra”» («Audacia», 15 novembre 1914).

Il fronte neutralista era così composto:

a) Cattolici: il papa Benedetto XV aveva deplorato la guerra. Le motivazioni riguardavano sia un generale pacifismo cristiano sia un concreto timore di vedere l’Italia contro la cattolicissima Austria. Non mancava inoltre un attacco verso la moderna società decristianizzata: «In ciò sta il fallimento della civiltà atea, che dalla selvaggia guerra presente non è stato provocato, a dire il vero, ma messo a nudo e dimostrato all’aperto. La civiltà nuova aveva promesso di felicitare i popoli e li fa ora infelici, in un macello di nazioni. Aveva promesso la libertà e li ha asserviti al militarismo più oppressivo. Aveva promesso di tutelarli nella vita e nei diritti; e dell’una e degli altri ha fatto e fa scempio nella pratica, in pace e in guerra» («Civiltà cattolica», aprile 1915).

b) Socialisti: ritenevano la guerra una guerra delle borghesie nazionali per i propri interessi. Essa era un altro modo attraverso il quale veniva attuato lo sfruttamento del proletariato: «Non vogliamo celare a noi stessi i gravi pericoli di questa incertezza, perché da questa non tragga vantaggio la borghesia che contro il proletariato in guerra e in pace non disarma mai, e vi accarezza, o proletari, solo per disporre più facilmente delle vostre vite, per farvi più docili strumenti del suo dominio … E in mezzo al fragore delle armi, all’orrore della guerra, noi socialisti d’Italia ancora dobbiamo dire: il Partito socialista è contro la guerra per la neutralità.» (Manifesto contro la guerra, 20 ottobre 1914).

c) Liberali di sinistra: volevano sfruttare la neutralità dell’Italia per ottenere le zone irredente per via diplomatica. Pensavano che l’Italia non fosse pronta per una guerra e che grazie ad abili trattative fosse possibile ottenere molto senza l’intervento. Tra questi la voce più autorevole è quella di Giolittti.

L’Italia entrerà in guerra il 24 maggio 1915 contro l’Austria. Le mobilitazioni di piazza e il sostegno all’intervento da parte del governo, del re e dei grandi industriali, spinsero il parlamento, inizialmente su posizioni neutraliste, a votare i pieni poteri al governo in caso di guerra.

L’ingresso in guerra dell’Italia era stato preparato dal Patto segreto di Londra (26 aprile 1915).