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Musil: I turbamenti del giovane Törless

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Musil: I turbamenti del giovane Törless (1906)


Il tema della percezione e dell’espressione

Il romanzo inizia con una citazione tratta da Maeterlinck:

« Noi togliamo stranamente valore alle cose appena le pronunciamo. Crediamo di essere scesi sul fondo degli abissi, e quando ne riemergiamo la goccia d’acqua che stilla dalla punta sbiancata delle nostre dita non somiglia più al mare da cui viene».

Musil pone immediatamente un diaframma tra realtà ed espressione. La conoscenza è una discesa nel profondo dell’oscurità e una simile discesa è il percorso di Törless, il giovane protagonista del romanzo. In molte parti del romanzo compaiono le immagini di porte, trabocchetti, cancelli, soglie per indicare l’interconnessione tra la superficie e la profondità. La realtà è sempre duplice e i pericoli di scivolare sotto sono costanti. Ma ogni rischio non è fine a se stesso, perché permette di acquisire una consapevolezza che prima non si aveva.

Quando Törless viene a sapere che Basini (un suo compagno di collegio) ha rubato avviene dentro di lui un profondo cambiamento: « Per la prima volta qualcosa era caduto come un sasso nella vaga solitudine dei suoi sogni; era lì, non c’era nulla da fare; era una realtà. Ieri Basini era ancora lo stesso come lui; ma s’era aperto un trabocchetto, e Basini era precipitato… Ma allora ogni altra cosa era altrettanto possibile».

La crepa che si apre nel mondo di Törless mette in crisi la certezza che fino ad allora gli aveva permesso di riconoscersi in un mondo stabile e solido. Se Basini era stato un ragazzo come Törless, adesso egli era sprofondato in una realtà diversa e con lui era franata la sicurezza nei confronti di ciò che appare in superficie. Ovunque esistono trabocchetti.

Anche l’incontro con Bozena (la prostituta che Törless e i suoi compagni frequentano) è un altro colpo che viene inferto alla “realtà”:

« In quel momento non aveva potuto fare a meno di riandare col pensiero alla propria madre, e ora ciò continuava a dominarlo e non c’era verso di liberarsene. S’era insinuato senza parere nel recinto della sua coscienza… fulmineo…: quasi neanche un pensiero. E subito era seguita una serie concitata di domande destinate a soffocarlo: “Cosa fa sì che questa Bozena possa accostare la sua infima persona a quella di mia madre”?».

Il confronto involontario e fulmineo, tra Bozena (una prostituta) e la madre, incrina un’altra certezza, quella che vedeva nei genitori e nella società borghese che essi frequentavano, nel decoro e nella bellezza, i caratteri eterni e immutabili dell’unico mondo esistente.
Si affacciano all’orizzonte della coscienza esperienze che rimandano a strati nascosti di cui è difficile anche solo parlare. Musil fa un paragone tra il cinema e l’impossibilità (sperimentata da Törless) di afferrare un’immagine nel momento stesso in cui essa compare. A Törless sembra di non vedere mai le cose come sono, ma di scorgere solo un balenio di immagini già passate. La realtà è inafferrabile e ineffabile.
Quando si entra nella dimensione nascosta del reale è facile perdersi. Musil parla della lente di ingrandimento come di un altro strumento attraverso cui ci appaiono cose che non ci sono affatto. La lente di ingrandimento non solo ci mostra i particolari di un oggetto ma distrugge o deforma l’oggetto stesso.

Dice Musil: «Quella prospettiva interiore che aveva sperimentato, mutevole a seconda della maggiore o minore vicinanza, quel nesso sfuggente che a seconda del nostro punto di osservazione assegna a cose ed eventi valori improvvisi, tra loro incommensurabili ed estranei». Pare che qui si riecheggino le posizioni di Mach sul punto di vista.
L’esito a cui perviene Musil non è di abbandono di ogni ricerca intellettuale. Qui gli viene in soccorso la filosofia di Mach e le ricerche della nuova fisica.
Dice Musil: «Come se attorno all’uomo fosse tracciato un confine invisibile. Quel che si prepara al di là di esso e viene avanti da lontano è come un mare nebbioso pieno di forme mutevoli e gigantesche, quel che s’accosta all’uomo diventando azione, scontrandosi con la sua vita, è piccolo e chiaro, e ha dimensioni umane, contorni umani».

Non vi è rinuncia alla ragione, ma il riconoscimento dei suoi limiti. Al termine del romanzo, dopo che Törless è stato interrogato dal preside, il ragazzo afferma di avere imparato che il dualismo ragione/non ragione non è nella natura esterna ma dentro di lui: «Io ho in me qualcosa di oscuro che non posso misurare razionalmente, una vita che non può essere espressa con le parole e che tuttavia è la mia vita…».
Commenta De Angelis: «L’influsso di Mach si presenta al servizio di una valutazione dell’irrazionale intesa sia come risposta creativa e funzionale a una situazione di fatto, sia come cambiamento nel mondo dei valori». La ragione plasma una realtà indefinita che, comunque, sfugge sempre a una codificazione ultima. E i modelli a cui essa fa ricorso possono variare a seconda dei punti di vista da cui si descrivono le cose. Il fondo della realtà resta indicibile, ma non per questo l’uomo deve rinunciare alla conoscenza.

 


Il tema del dualismo tra intelletto ed emozione

Il tema della crescita e dello sviluppo personale