Coro

Definizione
In greco il termine chorós designa a un tempo il gruppo dei coreuti, la loro performance e il luogo in cui essa viene eseguita. In età arcaica e classica l’attività dei cori è legata a molteplici occasioni della vita religiosa e politica. Omero conosce esecuzioni corali come il canto funebre (thrênos ed epicedio) e l’inno per Apollo (peana); Archiloco documenta l’uso del canto per Dioniso (ditirambo) e per i vincitori delle Olimpiadi (epinicio: cfr. Pindaro). Noti sin dall’età arcaica sono i canti connessi al matrimonio (epitalamio, imeneo) e all’iniziazione tribale degli adolescenti (partenio). Cori di danzatori accompagnano inoltre le esibizioni di solisti come l’aedo omerico Demòdoco. Dai cori lirici arcaici derivano i cori tragici e comici. Anche a Roma, in età arcaica, operano cori connessi a collegi sacerdotali come i Salii e i Fratelli Arvali. Non di rado l’attività dei cori è direttamente connessa a competizioni poetiche di ambito locale o panellenico.

Elementi costitutivi
Gli elementi costitutivi del coro sono due:

1) i coreuti, in numero variabile fra 7 e 50 (i cori tragici contavano, secondo l’opinione comune, 12 coreuti all’epoca di Eschilo, 15 a partire da Sofocle; i cori comici contavano probabilmente 24 membri; i cori del dramma satiresco forse 12); in genere i coreuti non erano scelti fra cantori professionisti, bensì fra comuni cittadini;

2) il corego, termine che può designare tre funzioni: quella del chorodidàskalos, istruttore e coreografo; quella del corifeo; quella del finanziatore. Le prime due funzioni potevano essere assunte da una sola figura, specie nell’ambito della lirica arcaica; nel caso del coro drammatico, invece, le tre funzioni erano assunte da tre diverse persone.

Età e sesso dei coreuti variavano a seconda dell’occasione, ma prevalente nella lirica è il coro adolescente femminile.

Forme e funzioni del coro
Nelle attività dei cori sono inscindibili i tre aspetti di musica, danza e canto, variamente distribuiti fra corego (accompagnamento musicale e talora canto) e coreuti (danza e/o canto). In genere il chorós veniva concepito quale immagine dell’ordine civico e comunitario. Nell’Atene classica la polis stessa è il committente del coro drammatico: essa ne affida la «coregia» (ovvero il finanziamento) a privati cittadini, vigilando sul contenuto delle odaí (parti liriche) tramite l’arconte, che poteva concedere o negare il coro ai poeti e ai registi candidati all’agone drammatico.

Nel corso del dramma il coro occupava l’orchestra, disponendosi in formazione quadrangolare, ed era accompagnato dal suono dello strumento a fiato detto aulós (simile all’odierno oboe). Una funzione di rilievo rivestiva il corifeo. Tipica del coro drammatico è la maschera, intonata al ruolo svolto nel singolo dramma; il coro del dramma satiresco, invece, era sempre composto da Satiri, con falli e code. È spesso attestata la divisione del coro in due semi-cori, per effetti di contrappunto e di dialogo lirico; in alcuni casi è probabile l’impiego di due distinti cori.

In età ellenistica il coro drammatico fu ridimensionato sia nel numero dei coreuti, sia nella funzione drammatica, che nel caso della commedia si riduce all’esecuzione di interludi (embólima): un’evoluzione che pare già implicita nell’ultimo Euripide. Ancor meno rilevante il ruolo del coro nella commedia arcaica romana (dove l’unico caso certo è la Rudens di Plauto), sulla cui esatta funzione la discussione è ancora aperta.

Rimase vivo anche in età post-classica, invece, l’uso di ricorrere a cori lirici in occasione di importanti festività cultuali e agoni poetici. La pratica è attestata anche a Roma, a partire dalla fine della seconda guerra punica.

[Federico Condello]