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Il teatro nel teatro di L. Pirandello: Sei personaggi in cerca d’autore (1921)

Il teatro nel teatro

Sin dalle prime battute emerge la volontà di Pirandello di infrangere la finzione scenica. Il primo personaggio a comparire in scena è un macchinista che fa il suo lavoro; entrano poi gli attori e le attrici, comportandosi nella maniera più naturale (secondo l’indicazione di recitare «a soggetto»); il capocomico, come in seguito l’usciere e i sei personaggi, arriva dalla platea, infrangendo la “quarta parete”, confine tra spettatore e spettacolo.
Questi accorgimenti creano fin dall’inizio negli spettatori un effetto di “straniamento”: il pubblico, spiazzato dai diversi piani dell’azione, è indotto a non immedesimarsi in quel che vede, ma a riflettere sul suo significato.

Attraverso il rapporto tra gli attori e i personaggi, che non si riconoscono nell’interpretazione che i primi danno delle loro vicende, Pirandello riflette e fa riflettere gli spettatori sui meccanismi tipici del teatro, mostrando nel suo farsi il processo creativo, il modo in cui l’idea dell’artista diventa rappresentazione scenica; il conflitto tra personaggi e attori mette in evidenza come la storia originale debba passare attraverso diverse interpretazioni (da parte del capocomico, degli attori, del pubblico stesso) di modo che l’intenzione dell’autore viene, alla fine, inevitabilmente deformata.


Oltre la realtà fenomenica


In una lettera al figlio, nel 1917, così Pirandello scrive dell’idea che porterà ai Sei personaggi:

«Ma ho già la testa piena di nuove cose! Tante novelle… E una stranezza così triste, così triste: Sei personaggi in cerca d’autore, romanzo da fare. Forse tu intendi. Sei personaggi, presi in un dramma terribile, che mi vengono appresso per essere composti in un romanzo, un’ossessione, e io non voglio saperne, e io che dico loro che mi mostrano tutte le loro piaghe e io che li caccio via … e così alla fine il romanzo da fare verrà fuori fatto».

Emerge in queste parole la riflessione sul processo creativo che si svolge nella mente dell’artista. La vita autonoma del personaggio rispetto al suo stesso autore è oggetto di alcuni racconti, come Tragedia di un personaggio, in cui protagonista è uno scrittore che è solito «dare udienza» ai personaggi dei suoi futuri racconti, e tra questi, che attendono pazienti in sala d’aspetto, si presenta il personaggio di un altro autore, scontento della realizzazione che gli è toccata sulla pagina. L’elemento fantastico e quello realistico si mescolano nel racconto come nel testo teatrale.


Il rovello filosofico

Caratteristica dei personaggi pirandelliani è quella di parlare molto a lungo, in quanto il loro discorso sviluppa l’analisi esistenziale e filosofica della realtà e della condizione umana, ne mette in evidenza gli aspetti assurdi e tragici. I personaggi si arrovellano, esercitano una sottile analisi alla ricerca di una spiegazione, di un senso delle cose, che non esiste. Non rinunciano all’esercizio del raziocinio, pur se consapevoli dell’impossibilità di giungere a risultati positivi.

Nei Sei personaggi è soprattutto il padre a dare voce al rovello filosofico ed esistenziale:

«Oh, signore, lei sa bene che la vita è piena d’infinite assurdità, le quali sfacciatamente non han neppure bisogno di parer verosimili; perché sono vere. […] la natura si serve da strumento della fantasia umana per proseguire, più alta, la sua opera di creazione».

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