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D'Annunzio: Il trionfo della morte (1894)
Giorgio Aurispa, il dominatore
«Considerando il suo egoismo e la sua debolezza, egli (Aurispa)
si rivoltava contro sé medesimo; e ricercava dentro, con una furia
puerile, qualche piccola parte di sé più attiva chegli
potesse eccitare o sollevare contro la maggior parte efficacemente ed averne
ragione come duna turba vigliacca. Questi tumulti fittizi non duravano,
né giovavano a spingerlo verso la risoluzione virile» (Libro
I, Il passato)
Giorgio Aurispa è presentato, allinizio
del romanzo, come un uomo incerto e debole. Pensa, piuttosto che agire.
Il suo egoismo è vigliaccheria.
« Ippolita disse: Tu
[si riferisce a Giorgio Aurispa] pensi troppo. Tu segui troppo il tuo pensiero.
Il tuo pensiero ti attrae forse più che io non ti attragga, perché è sempre
nuovo e sempre diverso; mentre io ho già perduta ogni novità.» (Libro
I, Il passato).
«Egli [Aurispa] portava nel suo organismo i germi ereditati dal padre. Egli, essere dintelligenza e di sentimento, portava nella carne la fatale eredità di quellessere bruto. Ma in lui listinto diveniva passione; la sensualità assumeva quasi le forme di un morbo» (Libro III, Leremo).
Questo è il ritratto del protagonista prima della trasformazione a opera dello Zarathustra. Il suo organismo porta i segni di tare ereditarie. La sua anima appare malata. Il romanzo fu scritto da DAnnunzio in un lungo arco di anni, durante i quali la struttura del testo e la psicologia dei personaggi cambiarono molto.
«È una festa, pensava Giorgio ... Dove respira la creatura umana a cui tutto il giorno dallalba al tramonto è una Festa consacrata da una conquista nuova? Dove vive il dominatore, il coronato dalla corona del riso, da quella corona di rose ridenti della quale parla Zarathustra il dominatore forte e tirannico, franco dal giogo di ogni falsa moralità, sicuro nel sentimento della sua potenza, convinto che lessenza della persona supera in valore tutti gli attributi accessori, determinato ad elevarsi sopra il Bene e il Male per la pura energia del suo volere, capace pur di costringere la vita a mantenergli le sue promesse?» (Libro V, Tempus Destruendi).
Giorgio Aurispa pensa allo Zarathustra di Nietzsche, osservando il tramonto. La festa che vede è la festa della natura nel suo trionfo di colori. Il dominatore è colui che conquista, forte e tirannico, circondato dalla gioia del dominio. Egli plasma la vita costringendola a soddisfare ogni desiderio. Dominare significa anche liberarsi dalla tirannia della morale delle masse, dominare significa elevarsi al di là del bene e del male.
La giustizia dellineguaglianza
Aurispa esalta il superuomo che predica una giustizia dellineguaglianza. Le terribili energie delluomo nuovo portano alla creazione di nuovi valori. Il valore massimo è quello del dominio del più forte. Luomo dionisiaco vive nelleccesso, ha la forza per sottomettere gli altri. Ed è giusto che il forte sia il padrone e il debole il servo.
«Egli [Giorgio Aurispa], il solitario, il contemplatore, lo speculatore inerte, il malsicuro seguace di Gautama, aveva teso lorecchio con una strana ansietà a quella voce che affermava la vita, che considerava il dolore come la disciplina dei forti, che ripudiava la fede nella Morale, che proclamava la giustizia dellineguaglianza, che esaltava le energie terribili, il sentimento della potenza, listinto di lotta e di predominio, leccesso delle forze generatrici e fecondanti, tutte le virtù delluomo dionisiaco, del vincitore, del creatore» (Libro V, Tempus Destruendi).
«Lammaestrato da sé, considerando lUniverso, lo conobbe
nellaspetto non duna entità stabile ma dun continuo
processo di formazione e di trasformazione, nel quale nulla era durevole...» (Libro
V, Tempus Destruendi).
Lammaestrato da sé è Eraclito
che, secondo DAnnunzio, aveva già profetizzato il tempo come un
eterno circolo che torna su se stesso. Leterno ritorno è la gioia
del divenire e del movimento.
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