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La crisi delle scienze

Tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento entra in crisi l’impianto delle scienze così come si era venuto a costituire durante la rivoluzione scientifica e così come aveva trovato una sua giustificazione filosofica a opera del positivismo (vedi Positivismo).

Il dibattito che nacque nella seconda metà dell’Ottocento e che approderà, nel corso del Novecento, alla nuova visione del mondo della teoria dei quanti e della teoria della relatività viene analizzato in questo percorso partendo dall’opera di Ernst Mach. Egli fu filosofo e scienziato e gettò le basi per una diversa concezione della fisica e dei suoi rapporti con la “realtà”. La fisica meccanicistica, che aveva trovato la sua massima espressione nella fisica newtoniana, viene rimessa in discussione fin nelle sue radici più profonde. Mach pone in primo piano il punto di vista da cui vengono esaminati i cosiddetti “elementi” e smantella progressivamente concetti come quello di causalità, di spazio e di tempo, di fisico e di psichico, che avevano dominato la riflessione scientifica e filosofica.

Il testo di Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo viene analizzato non tanto per il suo spessore filosofico e/o scientifico (che, a dire il vero, è minimo), ma piuttosto perché rappresenta la posizione scientifica tradizionale.
Le accuse che Lenin rivolge all’empiriocriticismo (termine con cui viene designata la filosofia di Mach e Avenarius) provengono da una concezione della scienza che distingue nettamente tra realtà e conoscenza della realtà. Secondo Lenin gli esiti a cui giunge Mach sono una forma di idealismo e la strada seguita per arrivarci sarebbe l’interpretazione falsata dei risultati a cui era pervenuta la nuova fisica.
Lenin imposta la questione nella classica contrapposizione tra materialismo e idealismo. Secondo lui non si dà una terza via. Invece proprio questa terza via è quella tentata da Mach ponendo tra parentesi il discorso “realtà” e concentrandosi sulla funzione “economica” della scienza e sul suo significato in chiave evoluzionista per la sopravvivenza dell’uomo.

Sul piano letterario, la figura di Musil è estremamente interessante per quanto concerne il tema della crisi delle scienze.
Musil aveva una profonda preparazione scientifica. Seguirà corsi di studi di ingegneria e poi di filosofia e psicologia. Proprio a Berlino si laurea, nel 1908, con una tesi su Mach. Molte furono le influenze culturali che agirono sul giovane Musil, tuttavia la lettura di Mach lascia un segno indelebile nelle sue opere.
La dissertazione di laurea di Musil è un testo che risente dell’occasione per cui venne scritto: è pesante, scolastico e arido. Ma il suo difetto maggiore è che accentua le critiche alle concezioni di Mach. Infatti Stumpf, il professore con cui Musil doveva discutere la tesi, era nettamente contrario a Mach.
La dissertazione, quindi, va letta con cautela, cercando di cogliere, oltre le numerose critiche, la sostanziale adesione alle nuove teorie machiane che si stavano diffondendo in fisica.

I turbamenti del giovane Törless è del 1906, precedente alla tesi di laurea. Questo romanzo fu il primo successo di Musil. In esso l’autore cerca di trasferire sul piano della narrazione i grandi capovolgimenti che si stavano verificando nel modo di vedere la realtà. Se alcuni (come per esempio coloro che oggi vengono inseriti in quella grande corrente che è il decadentismo) colsero a pretesto la crisi delle scienze per negare alle scienze stesse ogni valore conoscitivo e per inneggiare a un irrazionalismo senza limiti, Musil nel Törless ci mostra come sia possibile e auspicabile una fusione tra ragione e emozione, tra la luce della scienza e il buio dell’inconscio.

Le teorie di Mach servono a Musil per delineare un rapporto più fluido ed elastico con la realtà al di là di ogni rigido dogmatismo.

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