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Grande Unione, ecco i nuovi potenti
Dalla polacca Hubner allo sloveno Potocnik i nomi che conteranno nell' Europa a 25

di G. Sarcina, 6 Maggio 2004

Via libera del Parlamento di Strasburgo ai 10 commissari dei Paesi dell' allargamento. Pat Cox: non sarò candidato alle elezioni
Gli ultimi arrivati fanno gruppo per la foto di rito, stretti tra il presidente dell' Europarlamento Pat Cox e il leader della Commissione Romano Prodi. Con il via libera dell' emiciclo si perfeziona formalmente la nomina dei dieci nuovi Commissari, provenienti dai Paesi dell' allargamento. Nomi e volti sconosciuti, sensazione generale di spaesamento e di scarso peso politico a fronte delle «star» di Bruxelles: Loyola de Palacio, piuttosto che Mario Monti o Pascal Lamy. Eppure quella «smarrita decina» resterà con certezza qui per i prossimi cinque anni, mentre a fine ottobre, quasi tutte le vecchie conoscenze, a cominciare da Prodi, se ne andranno a casa. Ci sarà un nuovo presidente della Commissione, una nuova squadra, nuove regole. Un altro mondo, insomma, con equilibri politico-economici da definire e, soprattutto con protagonisti ancora da scoprire. Danuta Hubner, polacca, studi di Economia a Berkeley (California), ex ministro delle politiche comunitarie, è una delle figure più attese alla prova. Prodi l' ha sistemata, provvisoriamente come tutti i nuovi commissari, su uno strapuntino alla Politica commerciale, portafoglio oggi retto dal francese Lamy. Ma da novembre, nella Commissione allargata a 25 componenti, Danuta balzerà in prima fila. Qualunque sia l' incarico ottenuto, la Hubner darà voce alle ambizioni e alle orgogliose rivendicazioni della Polonia, sesto Paese (rampante) dell' Unione a 25. A Bruxelles i funzionari delle istituzioni e i diplomatici dei diversi Paesi non hanno dubbi: la «squadra» polacca è onnipresente, fa pressione su tutto. Agricoltura, finanziamenti alle imprese, fondi strutturali, sanità, salute eccetera, eccetera: uno sfinimento. Dalla Hubner, signora sulla cinquantina, due figlie, approdata alla politica alla metà degli anni Novanta, ci si attende, però, anche la capacità di fare sintesi, moderando, se il caso, le rigidità polacche. Tamponare le pretese di Varsavia e dei cugini-rivali della Repubblica Ceca sarà uno dei compiti di Jan Figel, il commissario della Slovacchia. Nel suo Paese Figel, 44 anni, è considerato il massimo esperto di cose europee, avendo guidato per altro le trattative per accedere alla Ue. Eppure il suo primo ministro Mikulas Dzurinda, voleva mandare a Bruxelles un manager della Coca-Cola locale, Ivan Stefanec. Proteste e manifestazioni di piazza hanno alla fine convinto Dzurinda a fare la scelta più logica, lanciando Figel. Ma il mandato è chiaro: la Slovacchia cerca nell' Unione tutte le occasioni per emanciparsi definitivamente dalla Repubblica ceca e per contendere alla Polonia l' insediamento di grandi industrie. Il commissario sloveno Janez Potocnik, invece, si muoverà di più sulla strada dell' integrazione «totale» con l' area occidentale. Quarantasei anni, economista, Potocnik ha negoziato passo dopo passo l' ingresso del suo Paese nella Ue, «sopravvivendo» alla staffetta tra il premier uscente Janez Drnovsek e l' attuale leader Anton Rop. Tutta la carriera accademica di Potocnick e poi la sua attività politica (da «tecnico») è segnata dalla cultura «delle riforme strutturali»: interventi sul fisco e sulle pensioni; privatizzazioni del sistema bancario. Quasi una fotocopia del profilo del primo ministro, il quarantaquattrenne Rop, che era il titolare del dicastero delle Finanze proprio mentre venivano attuate le riforme progettate con Potocnik. Non è allora un caso se la coppia Rop-Potocnik porterà la Slovenia nell' euro probabilmente entro il 2007: primi tra i nuovi «soci», insieme con Estonia e Lituania. Ma a Bruxelles il «blocco dell' Est» si dovrà misurare, soprattutto, con la determinazione di francesi e tedeschi a mantenere sotto controllo i meccanismi chiave della Ue. La Germania ha già pronto il suo «mastino»: Günter Verheugen. Nei mesi scorsi, Verheugen, nelle vesti di Commissario all' allargamento, ha compiuti lunghi viaggi nelle campagne polacche, visitando i mattatoi, gli allevamenti di polli e tacchini. Controllando che i «coltelli arrugginiti», come aveva scritto in uno dei suoi primi rapporti, avessero davvero lasciato il posto a strumenti in regola con le norme igienico-sanitarie. Alla fine il Commissario ha compilato una lista, escludendo dal commercio con la Ue quasi il 10% delle aziende visitate. Verheugen ha studiato storia, sociologia e politica. Ma il governo del cancelliere Gerhard Schröder lo considera un «uomo di macchina»: il candidato ideale per ricoprire l' incarico di super-commissario all' Economia e governare da lì il potere reale di Bruxelles. I tedeschi, naturalmente, cercheranno una sponda con la Francia, alleati di sempre e, con la nuova Spagna di José Luis Rodríguez Zapatero. L' incastro dipenderà da come verranno ripartiti gli incarichi chiave. Ieri alla lista dei candidati si è aggiunto anche l' irlandese Pat Cox, che ha annunciato l' intenzione di non ripresentarsi alle elezioni europee. Come dire: sono pronto per un posto nell' esecutivo di Bruxelles. In ogni caso, una volta evaporato il fumo dei giochi e delle manovre, la Francia schiererà accanto a Verheugen Jacques Barrot, spedito in tutta fretta nella capitale belga qualche settimana fa, per sostituire Michel Barnier (ora ministro degli Esteri). In un primo momento ai diplomatici di Bruxelles Barrot non era sembrato nulla di speciale: un burocrate di partito, molto legato al presidente Jacques Chirac, utilizzato come soluzione di emergenza. In poche settimane, però, molti hanno cambiato parere: osso duro quel Barrot. Temibile per tutti (Italia compresa), specie se in coppia con Verheugen.

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