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L’allargamento a venticinque nella stampa italiana

La frontiera si sposta a Oriente
Confine strategico e porta sui mercati del futuro
di Gabriele Meoni, 17 Aprile 2004

Fino alla metà degli anni 90 l’Oriente era lontano dall’Europa. Il confine dell’Unione non si spingeva oltre i Balcani, il mare Adriatico, le pianure dell’Europa centrale. Ma dal 1995 a oggi tutto è cambiato repentinamente per i tempi lunghi della storia: prima, con l’ingresso dell’Austria, della Svezia e soprattutto della Finlandia, la vecchia Europa si è allungata verso Est, ritrovandosi a condividere una frontiera di ben 1.325 chilometri con la Russia; poi, ed è storia di questi giorni, il suo baricent ro si è spostato ulteriormente, accogliendo dieci Paesi, con gli avamposti meridionali di Cipro e Malta affacciati sull’Africa e il Medio Oriente e quelli settentrionali di Estonia e Finlandia a poco più di 100 chilometri da San Pietroburgo.Dal 1° maggio, dunque, la nuova frontiera terrestre dell’Unione europea sarà formata, partendo da Nord, da Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Slovacca e Ungheria. Di qua la nuova Europa a Venticinque, di là la Russia, la Bielorussia, l’Ucraina. La fortezza Europa, come qualcuno la chiama, avrà come guardie i Paesi che fino a poco tempo fa stavano oltre la cortina di ferro, sotto la stretta sorveglianza di Mosca. Il compito più oneroso, a ben vedere, toccherà alla Polonia e alle tre Repubbliche baltiche, i Paesi più esposti verso l’ex Urss con migliaia di chilometri di frontiera da controllare.A Bruxelles la questione è stata presa sul serio. Da tempo la Commissione europea e gli Stati nazionali stanno lavorando per far sì che la frontiera ester na della Ue non si trasformi da fortezza, non priva di lacune, in colabrodo. I rischi sono sotto gli occhi di tutti: contrabbando, traffici illeciti, immigrazione clandestina. Per questo sono state create nuove postazioni di frontiera, rafforzate quelle esistenti con uomini, tecnologie, armi. Per i cittadini russi, bielorussi, ucraini, la vita sarà più difficile: abituati a entrare in Polonia e nelle Repubbliche baltiche mostrando solo il passaporto, dal 1° maggio avranno bisogno del visto. Per le decine di migliaia di lavoratori che varcano il confine per andare a lavorare in Polonia, Slovacchia o nelle Repubbliche baltiche, tutto sarà più complicato.Anche per le imprese dell’Europa occidentale non mancano i motivi di preoccupazione. Da Russia, Ucraina, Bielorussia transitano prodotti contraffatti provenienti dall’Asia e il rischio è che entrino più facilmente nei nostri Paesi di quanto non accada già ora. Una task force europea formata da esperti di contraffazione si sta recando in questi giorni in cias cuno dei nuovi Paesi membri e vi resterà il tempo necessario per preparare i funzionari locali a fronteggiare il fenomeno. Ma è chiaro che ci vorrà del tempo per adeguare le dogane dell’Est agli standard occidentali, un tempo nel quale il commercio di pro dotti copiati potrebbe prosperare.Fermarsi ai pericoli sarebbe però miope. Da anni i politici e gli uomini d’affari sprecano parole sul ruolo di ponte, di trampolino verso l’Oriente che possono giocare i Paesi candidati alla Ue e mettono sempre in prima f ila l’Estonia, la Lettonia, la Lituania e la Polonia. Ora dalle parole si passa ai fatti: quei Paesi stanno per diventare parte integrante dell’Unione europea, commerciare con loro sarà più facile, impiantarvi un’attività produttiva pure. La Polonia è l’u nico grande mercato, con quasi 40 milioni di abitanti, è un Paese complesso, ricco di cultura, tradizione e orgoglio nazionale. Negli anni 90 è stato protagonista di un’accelerazione spettacolare in direzione dell’economia di mercato e dell’integrazione c ommerciale con l’Europa, attirando gli investimenti di multinazionali attratte dalle sue prospettive di crescita. All’inizio del nuovo secolo Varsavia ha subìto una frenata che in un primo momento è parsa fisiologica dopo anni di corsa, poi è sembrata trasformarsi in una vera e propria crisi, ma ora può dirsi superata. Molti si attendono una nuova ondata di investimenti esteri sulla scia dell’allargamento. Le tre Repubbliche baltiche, dopo aver accusato la crisi russa del 1998, corrono invece senza esitaz ioni e sono da anni i Paesi con il più alto tasso di crescita economica dell’intera Europa. La prossimità a Finlandia e Svezia ne ha fatto basi ideali per la subfornitura di tecnologia, la vicinanza alla Russia li ha confermati nel ruolo di Paesi di trans ito per le materie prime dirette da Mosca ai mercati occidentali. I problemi non mancano, a cominciare da un certo euroscetticismo, ma c’è da scommettere che Estonia, Lettonia e Lituania saranno i primi tra i nuovi membri dell’Unione europea a raggiungere il livello di vita e il benessere dei Quindici.L’auspicio è che l’aria dell’Europa contagi anche i nuovi vicini di casa, facendo uscire dall’isolamento e dalla miseria Ucraina e Bielorussia, dominati da dieci anni dal pugno di ferro di Leonid Kuchma e Al eksandr Lukashenko.

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