La formazione dell'UE

L'unione economica e monetaria

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Funzione e organi dell'UE
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Europa a venticinque
La Costituzione dei venticinque
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L’allargamento a venticinque nella stampa italiana

L’Europa più grande corresponsabile della sicurezza di tutti

di F. P. Casavola, 1 Maggio 2004

L'ingresso nell’Unione europea di dieci Paesi dell’Europa baltica Estonia, Lettonia, Lituania, della Mitteleuropa Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, di quella orientale Polonia, e delle isole mediterranee di Malta e Cipro va salutato certo come il raggiungimento di uno storico traguardo nel processo di integrazione del continente, ma va anche e di più valutato come l’inizio di una nuova fase della esistenza dei popoli europei. Sbaglia chi si figura questo evento come una imponente annessione di territori e di popolazioni all’Unione dietro la sollecitazione di una economia più prospera. L’adeguazione delle due economie dei quindici e dei dieci avverrà gradualmente con l’accettazione di regole e di fini che imporranno trasformazioni, compatibilità, complementarietà. Ma questo aspetto dell’economia, malgrado la sua centralità, non deve marginalizzare altri profili. Questi Paesi si estendono non solo geograficamente dal Baltico al Mediterraneo lungo una linea di massima longitudine del continente, ma hanno attraversato una storia bimillenaria di diversificazione e, per i più tra essi, fra le due date della rivoluzione d’ottobre del 1917 e la caduta del muro di Berlino del 1989, di estraniazione politica dall’Europa occidentale. Se misuriamo ancora le distanze e le diversità tra i Paesi della vecchia Europa, che pure in un sessantennio si sono adoperati in ogni senso a ridurle, possiamo immaginare quale sforzo attende i nuovi venuti, e noi con loro. Innanzitutto i sistemi politico-costituzionali, per via di riforme o di evoluzione interpretative, dovranno farsi più vicini, se non omogenei. Natura e pratiche di partiti non raggiunti dalle stesse culture politiche avranno ricadute nel parlamento dell’Unione e nelle decisioni dei governi.
Gli ordinamenti giuridici nazionali esprimono, dal diritto privato al diritto penale, le storie di società che non hanno avuto modalità uniformi di assetti e di ispirazioni. Ma proprio il diritto, dall’educazione universitaria all’esercizio del potere legislativo, può diventare una leva potente per il processo di progrediente europeizzazione e di corrispondente, sia pur lenta, denazionalizzazione. I sistemi di istruzione e di formazione devono rimodularsi per attendere a due compiti apparentemente antagonistici: da un canto preservare l’originalità delle culture nazionali, a cominciare dalle lingue, e dall’altro aprirsi ad un patrimonio comune europeo, a cominciare da una o più delle lingue che agevolano la circolazione delle persone, secondo quel criterio che vorrebbe un europeo sempre in casa propria anche in un Paese lontano da quello d’origine. Quanto alle religioni, che rappresentano il mondo umano nella sua regione più profonda, quella della coscienza, è auspicabile che esse superino le loro reciproche diffidenze, per le confessioni cristiane con il progredire dell’ecumenismo, per quelle mondiali con il dialogo interreligioso, e rendano quotidianamente attiva la tolleranza e la solidarietà tra i popoli e benefica ogni relazione tra gli esseri umani. Concomitante, e in circostanze drammaticamente significative, a questo ingresso di nuovi popoli e Stati nell’Unione europea, è l’incrudelire della guerra in Palestina e in Iraq e del terrorismo internazionale. Questo aggiunge un altro fine a quelli già elencati nella costruzione della nuova Europa. Non si entra in Europa per fruire di un mercato più grande. Ma per fare dell’Europa una potenza unita e forte, di venticinque nazioni e di quattrocentocinquanta milioni di esseri umani, che assume la corresponsabilità della sicurezza del mondo, accanto alle megapotenze residue o emerse dopo il secondo conflitto mondiale, Usa, Federazione Russa, Cina, India. L’Europa deve cessare di andare in ordine sparso a servire disegni altrui che non coincidono con la volontà di pace dei popoli europei. Deve avere una sola politica estera e di sicurezza, dunque una Costituzione sovrannazionale.
L’ingresso del primo maggio può determinare una accelerazione verso questa meta. La esigono le angosce e le speranze del mondo, non dei soli europei. Che gli uomini politici siano all’altezza del compito.

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