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La
Costituzione dei venticinque nella stampa italiana
Giornata storica, firmata la
Costituzione Ue |
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30 ottobre 2004
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Ciampi: ora le guerre sono più lontane,
siamo uno spazio di pace e libertà
ROMA
I primi a rispondere al richiamo di una voce fuori campo e ad alzarsi
dalla poltrona rivestita in panno azzurro sono Guy Verhofstadt e Louis
Michel. Secondo l’ordine alfabetico per Paese nella lingua nazionale
tocca al premier e al ministro degli Esteri della Belgique (Belgie in
fiammingo) l’onore di aprire la cerimonia delle firme della Costituzione
europea, nella sala degli Orazi e Curiazi in Campidoglio: sono le 12 meno
due minuti, e la prima parte di una mattinata più lunga di quanto
davvero sia durata perchè consegna Roma alla storia dei Trattati
europei (il 25 marzo 1957 venne firmato nella stessa sala il Trattato
costitutivo della Cee) è trascorsa finora tra i saluti di Silvio
Berlusconi, del presidente di turno Ue, l’olandese Jan Peter Balkenende,
e del sindaco Walter Veltroni ai leader degli altri 23 Paesi. E poi fra
i discorsi del Presidente del Consiglio e dello stesso Balkenende, del
presidente uscente della Commissione Romano Prodi, del suo successore
designato Manuel Durao Barroso, del presidente dell’Europarlamento
Josep Borrell e del premier irlandese Bertie Ahern sotto il cui mandato
alla guida dell’Unione venne approvata - il 18 giugno scorso a Bruxelles
- la Costituzione arrivata adesso alla firma dei governi. Mentre i leader
raggiungono via via il tavolo dove li aspettano la grandi pagine bianche
bordate di rosso della nuova Magna Charta - a Berlusconi e Frattini tocca
il decimo turno, dopo gli irlandesi e prima dei ciprioti - la regia di
Franco Zeffirelli modula con musiche di corte francesi e inglesi sorrisi
e impacci, frequenti soprattutto fra i soci più recenti. Ma come
di consueto nelle grandi riunioni internazionali destinate a condensare
i simboli per proiettarli sul futuro, anche questa in Campidoglio soddisfa
al meglio le necessità di ogni rituale: la firma della prima «Costituzione
europea» - in realtà un trattato internazionale che mette
ordine ai numerosi trattati precedenti, riorganizza il diritto europeo,
riafferma i valori di cultura e identità dell’Unione, e ne
stabilisce gli obiettivi - serve anche per ricordare il cammino compiuto
da quel giorno fondante di 47 anni fa attraverso le successive trasformazioni
dell’Europa, da «Comunità economica europea»
a «Unione europea». Serve a fissare nuove ambizioni e nuovi
obiettivi, a riflettere sul significato di una cerimonia che chiude una
fase nella storia dell’Ue e ne apre un’altra: dinamica e propositiva
se il Trattato sarà ratificato da tutti i Paesi membri, non importa
se con voto parlamentare o per referendum. Conflittuale e potenzialmente
disgregante nel caso qualche Paese, soprattutto se fra i Grandi come la
Gran Bretagna o i Fondatori come la Francia, la respingerà. Serve
a tenere a mente le incertezze di un cammino comune arrivato ad una svolta,
comunque si concluda l’iter delle ratifiche non ancora avviato ma
già segnato da non poche insidie, in Italia e altrove. Forse per
questo il cattolico Berlusconi sceglie la visione: «L’utopia
dei Padri fondatori è diventata una meravigliosa realtà»,
sottolinea il presidente del Consiglio: «Fra due date, il 1957 e
il 2004, corre il filo delle nostre identità finalmente ritrovate
attorno a un ideale comune di democrazia, giustiza e prosperità».
Forse per questo il protestante Balkenende pensa al futuro: «Per
l’Europa comincia oggi una nuova era, questa Costituzione è
il saldo fondamento del cammino che ci aspetta e ci offre nuove opportunità
per un’Europa più forte, più sicura e più coerente».
Ahern cambia registro, evoca l’orgoglio della sua trascorsa presidenza:
«L’allargamento a 25 non è stato un blocco per l’Europa
e la firma di oggi ne è una dimostrazione». Borrell pensa
a un’Europa di nazioni e popoli: «Torniamo a Roma dopo aver
scritto la storia di un successo: la riunificazione del continente, la
pace fra le nostre nazioni, l’integrazione delle loro economie,
la solidarietà con le regioni e i Paesi più arretrati».
Prodi celebra il cambio di passo reso possibile dal lavoro della sua Commissione:
«La Costituzione introduce elementi innovativi che renderanno l’Unione
europea più democratica, più efficace e più trasparente,
la firma di oggi è un atto ardito e costruttivo». E Barroso:
«La costruzione dell’Europa è un problema complesso,
difficile, che esige molta pazienza ma soprattutto energica volontà
e fede nell’avvenire», dice citando in italiano Alcide De
Gasperi. Fra le tante immagini di una giornata che entrerà nella
galleria d’onore della storia europea, una riassume al meglio il
futuro e il destino dell’Unione, i propositi e le sfide di una vicenda
cominciata 47 anni fa ma ancora «aperta». A mezzogiorno e
35, quando i 25 leader hanno firmato Trattato e Atto finale, tocca ai
tre Paesi candidati o prossimi a diventarlo, anche se con il solo Atto
perchè il loro status è ancora da definire. L’ordine
alfabetico questa volta si fa complice dei simboli perchè a chiudere
l’intera cerimonia - dopo il primo ministro bulgaro Simeone di Sassonia
Coburgo, ex sovrano convertito alla repubblica, e il presidente romeno
Ion Iliescu - è il premier turco Tayyip Erdogan, come tutti i suoi
colleghi seduto accanto alla grande statua in bronzo di Papa Innocenzo
X opera dell’Algardi: un leader musulmano e un pontefice romano,
l’Unione europea di domani?
Emanuele Novazio
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