Filosofia

Nietzsche e le avanguardie
Marx e Freud
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Marx e Freud

Gli altri due corifei dei movimenti d’avanguardia sono Marx e Freud, che portano alle estreme conseguenze il filone del pensiero critico.
Anch’essi sottopongono a critica spietata la coscienza umana: essa non è che occultamento delle concrete e profonde radici delle azioni e dei pensieri, occultamento che, in sostanza, genera la «morale» (Nietzsche), la razionalizzazione-sublimazione (Freud), la «falsa coscienza» o «ideologia» (Marx). Tutti questi pensatori sono visti come massimi teorici delle libertà possibili: Marx di quella sociale, Freud di quella individuale, Nietzsche per aver demolito la morale corrente.

André Breton in un’intervista degli anni Trenta così spiegava il credo dei surrealisti che coniugava adozione del marxismo e interesse per l’analisi freudiana.

«Noi abbiamo proclamato da lungo tempo la nostra adesione al materialismo dialettico, di cui facciamo nostre tutte le tesi:… concezione materialistica della storia … necessità della Rivoluzione sociale come termine dell’antagonismo tra le forze produttive materiali della società e i rapporti esistenti (lotta di classe). Nel campo della psicologia contemporanea … il surrealismo ha annesso una particolare importanza alla psicologia del processo del sogno così come Freud l’ha spiegata.»

Un altro movimento che si pone sulla via della provocazione e dell’iconoclastia è il futurismo. Alla base del vitalismo e dell’antipassatismo di Marinetti e compagni non si pongono sistematiche basi di pensiero, ma un sincretismo di forme e di contributi.
Come altre correnti d’avanguardia è per prima cosa anti qualcosa: è contro il passato, la cultura accademica, l’egualitarismo, il pacifismo.

Le posizioni ideologiche dei componenti erano, possiamo dire, confuse: il comune e fervido interventismo li ha fatti spesso collocare compattamente su posizioni nazionaliste, ma un’analisi più attenta porta a individuare anche componenti nicciane, socialrivoluzionarie o anarchiche (si veda Il funerale dell’anarchico Galli di Carrà…). Nel caso di Boccioni si manifestano addirittura simpatie marxiste: la sua Città che sale è a volte chiamata dall’autore Lavoro e si può leggere come un’esaltazione della fatica delle classi lavoratrici.