Artemide
(gr. Ártemis; lat. Diana)

Origine ed etimo
Figlia di Zeus e di Latona, sorella gemella di Apollo, divinità olimpica, dea vergine della caccia e del tiro con l’arco, della natura, della fecondità, protettrice degli animali. Platone (nel Cratilo) faceva derivare il suo nome da artemés, «integro»; i moderni lo ricollegano piuttosto ad ártamos («uccisore») o ad árktos («orso»): Artemide infatti era detta ‘signora degli animali’ (pótnia therôn), di quelli selvaggi in particolare. Le origini della figura di Artemide e del suo culto sono vaghe e oscure. Nel XV secolo a.C. a Creta sono documentate raffigurazioni di una divinità dei boschi e delle montagne, accompagnata da leoni; in Eolia si onorava una dea Enodia che aveva caratteristiche simili ad Artemide.

Caratteri e culto
Viene raffigurata spesso armata di arco e frecce (in quanto forte e coraggiosa guerriera, era venerata insieme ad Ares dalle Amazzoni) o con una fiaccola, vestita di un chitone che le arriva alle ginocchia e spesso assimilata a Selène (la Luna) o a Ecate (divinità anch’essa con una forte connotazione ‘lunare’), in quanto dea che regola il ciclo della fecondità, le nascite (in questo vicina a Ilizia, dea del parto) e le morti. Tra i suoi epiteti ricordiamo: Agrótera («selvaggia»), Iochéaira («lanciatrice di frecce»), Kourotróphos («allevatrice di bambini»), Locheía/Lochía («protettrice dei parti»), Tauropólos («domatrice di tori» ovvero «onorata in Tauride»), Toxophóros («che porta l’arco»). Vi è poi un’Artemide di Èfeso con caratteri vagamente ‘orientali’, caratterizzata dalla presenza di molte mammelle, simbolo della maternità e della fecondità, che è stata posta in relazione alla dea frigia Cibèle, a sua volta assimilata alla greca Rea; in suo onore si tenevano le feste Efesie, chiamate anche Artemisie. In àmbito italico verrà identificata con Diana.

Mito
La tradizione mitica e gli autori antichi presentano spesso Artemide quale dea spietata, irosa e vendicativa: tra le sue imprese più note si ricordano l’uccisione delle figlie di Nìobe, del gigante Tizio (che aveva tentato di violentarne la madre), dei cacciatori Atteòne (colpevole di averla osservata nuda mentre si bagnava e per questo trasformato in cervo e fatto dilaniare dai suoi stessi cani) e Orione (punto da uno scorpione), nonché la trasformazione in orsa di Callisto, una delle sue Ninfe, perché resa gravida da Zeus contro la sua volontà. Causò inoltre la devastazione, a opera di un enorme cinghiale, delle terre del re di Calidòne che l’aveva dimenticata nei ringraziamenti per il raccolto, mentre per punire di averla dimenticata nelle preghiere decretò la morte di Admèto.

Arte, letteratura e musica
Sono a lei dedicati un Inno omerico (cfr. Omero) e uno di Callimaco; più tardi un componimento di Catullo (34). La dea inoltre riveste un ruolo di primo piano nelle tragedie euripidee Ippolito, Ifigenia in Aulide e Ifigenia in Tauride. Cospicua la sua presenza anche nella letteratura dei periodi successivi: nel Medioevo Artemide sopravvive nella cultura popolare quale guida demoniaca delle streghe; in Dante e nella letteratura umanistica come simbolo della Castità, personificazione della verginità, della libertà nonché – in tempi recenti, per esempio nel romanzo Diana of the Crossways di G. Meredith (1885) – anche dell’emancipazione femminile. Numerosissime le pitture e le sculture in cui la dea è rappresentata come giovane cacciatrice, o mentre esce dal bagno e contrapposta, in quanto figura della Castità, ad Afrodite, la Voluttà. La prima testimonianza della presenza di Artemide in campo musicale si trova in un madrigale su Diana cacciatrice di F. Landini (anteriore al 1397). Esistono inoltre diversi drammi per musica, Lieder, balletti ispirati alla divinità e al suo mito.

[Elena Esposito]