Teatro (edificio)

Origine e usi
Il termine théatron, «teatro», implica immediatamente un rinvio all’elemento ‘visivo’ (theáomai significa appunto «vedo»), considerato indispensabile per l’esibizione drammatica. Ma l’edificio del teatro non è in antico circoscritto agli usi drammatici: in esso si potevano tenere competizioni poetiche di diversa specie (per es. i ditirambi), e in genere tutte le solennità connesse al culto di Dioniso; non di rado, specie da quando il teatro diventò un edificio in pietra e un elemento fondamentale della polis antica (il che non avvenne in maniera diffusa prima della tarda classicità) come poi della città romana, esso poté essere destinato anche a più ampi usi civici, per es. a riunioni assembleari. È accertato che in origine – e a lungo, in molte poleis antiche – il teatro ebbe struttura assai semplificata e probabilmente mobile, costruito com’era con palchi e sedili in legno. Nella stessa Atene un teatro stabile in pietra non si ebbe che nella seconda metà del V sec. a.C. (si ritiene che la sua costruzione sia terminata prima del IV sec. a.C.).

Struttura dell’edificio teatrale
Nella sua forma canonica (descritta nei dettagli dallo scrittore latino Vitruvio, autore del De architectura, nel I sec. a.C., e a noi nota soprattutto da esempi tardo-classici ed ellenistici), il teatro antico constava di tre parti: la cavea (in greco koîlon), destinata agli spettatori; la scena (in greco skené), destinata agli attori; l’orchestra (in greco orchéstra o konístra), compresa fra cavea e scena e destinata al coro.

1) La cavea constava essenzialmente di un certo numero di file semicircolari e concentriche di gradini, talvolta divise in più ordini tramite corridoi, detti diazómata («cinture»), che percorrevano l’emiciclo da un’estremità all’altra, isolandone i piani (le zônai), a loro volta tagliati in senso perpendicolare da sequenze di scalinate che conducevano dalle file più basse alle più alte; la cavea risultava così suddivisa in spicchi cuneiformi detti kerkídes. I gradini formavano naturali sedili in pietra, talvolta sormontati da parapetti e – alle estremità – protetti da murate. In genere le prime file costituivano i posti d’onore, riservati ad alte cariche civili o religiose (ad Atene, per es., sedeva per diritto in prima fila il sacerdote di Dioniso). Se gli altri posti fossero divisi in base a caratteristiche censitarie o ad altre differenze di status, è oggetto di discussione, per quanto difficilmente la scelta sarà stata affidata al caso. Nei teatri più grandi la cavea poteva essere estremamente capiente, giungendo a contenere ca. 30.000 o 40.000 spettatori (come ad Atene o a Megalopoli).

2) La scena, il luogo deputato alla vera e propria recitazione, era costituita da una parete di fondo (la scena in senso stretto), non di rado decorata (un uso la cui ‘invenzione’ si attribuisce talora a Sofocle), e dallo spazio ad essa prospiciente, noto con il nome di proscenio. Ai lati del proscenio potevano situarsi due pareti ad ‘ali’ note come parasceni. La forma canonica della scena antica è quella di un rettangolo assai largo e poco profondo. La parete di fondo raffigurava in genere la facciata di un palazzo, munita di tre porte: attraverso di esse gli attori facevano la loro entrata in scena.

3) L’orchestra era il luogo compreso fra la cavea e la scena, destinato alle evoluzioni del coro, che vi prendeva posto dopo la sua entrata dai corridoi laterali detti párodoi. In età classica, probabilmente, essa era ancora ricoperta di semplice sabbia (di qui il nome di konístra, «luogo polveroso» o «sabbioso», in lat. arena): l’uso di apporvi una pavimentazione in marmo dovette apparire soltanto molto più tardi. Il nome orchéstra allude direttamente alla danza, come performance caratteristica del coro drammatico e non solo. Al centro dell’orchestra sorgeva l’altare di Dioniso. In occasione delle rappresentazioni drammatiche, il divario esistente in altezza fra orchestra e scena veniva colmato con un podio ligneo: è questa l’orchestra in senso stretto.

[Federico Condello]