Pènteo
(gr. Penthéus, lat. Pentheus)

Re di Tebe, nato da Echìone (uno dei leggendari Sparti) e da Agave figlia di Cadmo, fondatore della città. Quando il dio Dioniso decise di far ritorno alla sua terra natale, introducendovi i suoi culti orgiastici e seminando il disordine nella città, Penteo gli si oppose con caparbietà e con empio scetticismo, persuaso di trovarsi dinanzi a una ciarlatano interessato soltanto a corrompere le donne di Tebe e a raggirarne i cittadini con la favola di un nuovo dio e di un nuovo culto. Ma Dioniso, ricorrendo ai suoi caratteristici travestimenti e scambi di identità, indusse Penteo alla follia e lo costrinse ad assumere le vesti di una baccante, introducendosi di soppiatto nel mezzo di una festa orgiastica. Ma le baccanti guidate dalla madre di Penteo, Agave, credettero di vedere in lui un cucciolo di animale, e secondo i dettami dello sparagmós (lo smembramento rituale di una vittima, tipico del culto dionisiaco) lo catturarono e lo fecero a pezzi. In questo modo furono puniti insieme lo scettico Penteo e le sorelle di Semele – Agave, Ino e Autònoe – colpevoli di aver dubitato della paternità divina di Dioniso. Alla dolorosa vicenda di Penteo – il cui nome era posto in connessione con pénthos, «sofferenza» – era dedicato un perduto dramma di Eschilo (Penteo); sopravvissuta è invece la tragedia Baccanti di Euripide, che dell’episodio è la principale testimonianza. Il re tebano è figura parallela ai numerosi oppositori incontrati da Dioniso sulla strada percorsa per diffondere il suo culto; il principale di essi risulta, accanto a Penteo, il re trace Licurgo: anch’egli, colpevole di aver catturato le baccanti seguaci del dio, fu indotto a uccidere il proprio figlio (scambiato per un tralcio di vite) e quindi fatto a pezzi dai suoi stessi concittadini.

[Federico Condello]