Balbettii di una lingua
Il primato della poesia
E il fiorentino vince
Le parole







E il fiorentino vince
<< 1 | 2 | 3 >>

Il Trecento è davvero un secolo fondamentale, perché quasi il 90% del vocabolario di base dell’italiano attuale risale a questo periodo (soprattutto grazie a Dante, come abbiamo visto). L’arricchimento lessicale fin verso la metà del secolo riguarda ancora i gallicismi di origine letteraria, ma questo fenomeno termina quando Petrarca comincia a evitarli sistematicamente (è il caso ad esempio di naverare, che significava «ferire»), mentre poche sono le parole che riguardano oggetti, tra cui va segnalata bombarda, nome generico delle prime bocche da fuoco montate su affusti. Una novità è costituita da un certo numero di voci introdotte da altre regioni, come il veneto madrigale, che indica un componimento letterario e musicale di origine popolare, e le padane cavezza, corazza, rugiada, filugello, tutte relative alla realtà della vita quotidiana. La parte del leone la fanno però i latinismi, che entrano in quest’epoca in grande quantità e che manifestano in modo evidente il tratto caratteristico dell’italiano, la lingua europea in cui l’eredità del latino è più presente. Sono parole fondamentali: aggettivi come atroce, adunco, frugale, puerile, prolisso, industrioso; verbi come ingurgitare, confabulare; sostantivi come padrone, siccità, palestra, esaltazione («altezza di un astro»), che non designano oggetti nuovi, ma allargano le capacità espressive con sfumature che prima non esistevano. Spesso è il caso di termini che passano nell’italiano quando si comincia a trattare in volgare argomenti prima riservati al latino. Tra questi ci sono quelli che riguardano l’arte, come acquerello, fresco e sfumare, introdotti dal Cennini negli ultimi decenni del secolo, testimoni dello sviluppo straordinario che questo tipo di attività ha in Italia e soprattutto in Toscana; quelli che riguardano la medicina, come duodeno e poro. Una parola come milione mostra in modo eloquente a che livello fosse arrivata la circolazione del denaro nel momento di massimo splendore dell’economia italiana prima della grave crisi che sarebbe giunta verso la metà del secolo. Il latinismo può servire a esprimere concetti nuovi, ma non sempre si ha il coraggio di usarlo, come accade al Boccaccio che vorrebbe rendere la nozione di disco degli antichi, ma ripiega sul già esistente desco (esito normale del latino discus), mentre disco entrerà solo nel XVII secolo. Altre volte invece un uso audace del latinismo è fatto seguire da una spiegazione. È quello che avviene nel Convivio, dove Dante al termine magnificare fa seguire «cioè fare cose grandi». E per finire non bisogna trascurare l’apporto del latino medievale che fornisce espressioni come girovago, detto in senso spregiativo del monaco svagato (Regola di San Benedetto), duello o planimetria, e il fenomeno della rilatinizzazione, in virtù del quale si sostituiscono forme alterate dalla fonetica toscana (cecero / cigno, fedire / ferire, sinestro / sinistro).

I molti latinismi spiegano anche i mutamenti fonetici rispetto al secolo precedente; a questo proposito Devoto parla di un secondo sistema fonologico italiano di cui basterà citare gli aspetti più significativi:

a) tornano parole sdrucciole, per cui da solidus si ha solido («non deformabile») e non solo soldo («moneta»), che era il normale esito toscano;

b) allo stesso modo il nesso consonante + l riproduce ora la fonetica latina, per cui plebem plebe («popolo») e non soltanto pieve («circoscrizione ecclesiastica minore»);

c) alla fonetica latina rispondono anche parole come giustizia (< lat. iustitia) e vizio (< lat. vitium), che affiancano, introducendo significati diversi, i già esistenti giustezza e vezzo, esiti normali della i breve latina secondo il primo sistema fonologico.

Nella morfologia, intanto, si fissa un elemento importante del fiorentino e poi dell’italiano, e cioè la terminazione –iamo per la prima persona plurale dell’indicativo presente delle tre coniugazioni a spese di –amo, –emo, –imo.

 
<< 1 | 2 | 3 >>