Una lingua chiacchierata
La rivoluzione semantica del Cristianesimo

Come parli, barbaro?

Le parole









Una lingua chiacchierata

Una storia della lingua deve quindi per prima cosa vedere come il latino si è trasformato nell’italiano, in altri termini riassumere, sia pure a grandi linee, che cosa è accaduto prima del 960. A quella data fatidica, infatti, risale il Placito Capuano, una formula di giuramento che non solo è il primo documento in lingua italiana, ma attesta anche che chi la pronunciava era cosciente di usare una lingua diversa dal latino. Il Placito Capuano è il punto di arrivo di un processo molto lungo, ora più lento ora più accelerato, la cui difficile ricostruzione si basa peraltro unicamente su documenti scritti, mentre per quanto riguarda la lingua parlata possiamo fare solo ipotesi. Molti dei fenomeni che distinguono il latino dall’italiano, infatti, cominciano a manifestarsi in Italia già nel corso dei primi 500 anni dell’era volgare, anche se diventano sempre più frequenti via via che si avvicina la fine dell’impero romano d’Occidente. Basterà fare solo qualche esempio.

Tra gli aspetti fonologici, il più importante è la perdita della quantità, che comporta un mutamento nel sistema delle vocali (conservatosi poi correttamente nel toscano) in virtù del quale e lunga e i breve diventano é (tela e fidem > it. tela e fede); mentre o lunga e u breve diventano ó (vocem e gula > it. voce e gola). Un altro fenomeno è la palatalizzazione dei suoni ce, ci, ge, gi che nel latino classico si pronunciavano ke, ki, ghe, ghi.

Per gli aspetti morfologico-sintattici, invece, possiamo ricordare: la progressiva sparizione del neutro; la trasformazione del pronome dimostrativo ille nell’articolo determinativo il; la sparizione del passivo (ad esempio, amatur è sostituito da amatus est, it. è amato); la diffusione di un futuro perifrastico (da amabo si passa ad amare habeo, che dà origine all’italiano amerò attraverso la forma intermedia amare ao); l’affermarsi, al posto della dichiarativa del tipo dico te bonum esse, della forma dico quia bonus es (> it. dico che sei buono). Ce n’è abbastanza per dimostrare la parentela stretta dell’italiano con il latino parlato.

Il lessico permette considerazioni anche più interessanti. Accanto ai termini del latino classico – comuni alla lingua parlata e a quella letteraria – come pater, homo, manus, facere, nell’italiano sono passate anche molte parole, spesso fondamentali, che i Romani hanno mutuato dai popoli con i quali sono venuti a contatto. Dall’etrusco provengono per esempio populus (> it. popolo), persona (= maschera > it. persona), catena (> it. catena); dal gallico carrus (> it. carro) e braca (> it. braca); dall’osco-umbro o, secondo altri, dal sabino, dacruma > lacruma > lacrima (> it. lacrima), dingua > lingua (> it. lingua), casa (= capanna > it. casa). Spesso questi fenomeni linguistici permettono anche una riflessione sulla società del tempo. Ad esempio, il fatto che casa abbia sostituito domus ci dà un’idea della decadenza sociale ed economica del basso impero. A una considerazione analoga si presta macina esito di machina, voce di origine greca che significava «macchina», ridotta, in una cultura contadina, a designare solo la mola per macinare il grano

C’è poi l’apporto della lingua greca, apporto che va di pari passo con il processo di assimilazione, nella cultura romana, della cultura e della letteratura greca. Dal greco derivano termini del linguaggio filosofico, scientifico, tecnico, come philosophia (> it. filosofia), mathematica (> it. matematica), rhetorica (> it. retorica). Ma quello che forse più interessa in questa sede sono le centinaia di vocaboli di origine popolare – rimasti poi nell’italiano – che provengono da contatti orali con popolazioni ellenizzate che risiedevano a Roma o nell’Italia meridionale. Sono nomi di piante e frutta (come melo, olivo, mandorlo, fagiolo, prezzemolo, pepe, garofano), di animali soprattutto marini (come balena, tonno, acciuga, chiocciola, ostrica), di oggetti domestici (come borsa, cofano, lampada, tappeto, inchiostro, matassa), di parti del corpo umano (come stomaco e gamba).