Carmina convivalia Attica

Con il nome di Carmina convivalia Attica («Canti conviviali attici») si designa convenzionalmente la breve raccolta di 25 poesie da simposio conservata dall’erudito Ateneo (II d.C.) nel quindicesimo libro dei suoi Deipnosofisti. La raccolta risponde alle tipiche caratteristiche della poesia cantata con accompagnamento musicale durante i banchetti, secondo un uso che risale alla più antica tradizione aristocratica, e che ha uno dei suoi migliori esempi nella Silloge attribuita a Teognide: poesie brevi, talora riunite in ‘catene’ o ‘nastri’ (cioè gruppi di almeno due poesie articolate secondo la tecnica del ‘botta e risposta’) e intonate a temi come la lotta politica, l’amore, il vino, tipici della poesia simposiale. Più dettagliatamente, in questo caso si tratta skólia, poesie in metro lirico che gli antichi definivano così per il loro carattere ‘obliquo’ (è questo il valore dell’aggettivo skoliós), cioè per il loro andamento a zigzag attraverso il consesso dei simposiasti: solo ai più abili, infatti, era dato intonare tali ‘ariette’, che richiedevano comunque una certa perizia tecnica (l’etimo del termine è comunque discusso). È opinione comune che il nucleo della raccolta risalga all’età classica, mentre molteplici indizi orientano verso Atene e l’Attica come luogo d’origine: nella raccolta sono compresi alcuni dei più popolari canti patriottici ateniesi (come l’Armodio e l’Admeto); anche se, per sua natura, la poesia simposiale è soggetta a pratiche di riuso che ne rendono talora precaria l’attribuzione a un preciso contesto storico o geografico.

[Federico Condello]