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la famiglia e le successioni
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cITTADINANZA
L’
art. 29, primo comma, della nostra Costituzione stabilisce che «La Repubblica ri-
conosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». La
disposizione raccoglie una tradizione millenaria che esalta il valore del matrimo-
nio come
seminarium reipublicae
, secondo la nota definizione di Cicerone contenuta
nel
De officiis
, che un grande giurista italiano del Novecento liberamente traduceva co-
me «laboratorio in cui si produce non tanto la specie umana, quanto l’energia vitale de-
gli organismi sociali» (così Antonio Cicu,
Matrimonium seminarium reipublicae
, in
Scritti minori
). Per la Chiesa cattolica, poi, il matrimonio «è stato elevato da Nostro Si-
gnore Gesù Cristo per i battezzati alla dignità di sacramento» (canone 1055 del
codex
di
diritto canonico). Peraltro, nel corso della storia dell’umanità, le voci contrarie a tale isti-
tuzione non sono certo mancate. Così, ad esempio, duemila anni fa, il filosofo romano
Seneca inveiva contro le mogli, affermando che se alla consorte affidi la gestione della
casa «diventerai suo schiavo; se invece riservi qualcosa per te, penserà che non hai fidu-
cia in lei». E più avanti lo stesso autore aggiungeva che «quanto sia raro trovare una mo-
glie priva di difetti lo sa bene chiunque sia sposato. A questo riguardo c’è una brillante
battuta di Vario Gemino, oratore di stile elevato: “Non litiga? Allora è scapolo”» (
De ma-
trimonio
).
Celebre rimase, nel pensiero giuridico europeo del primo Cinquecento, la posizione del
giurista e umanista astigiano Giovanni Nevizzano, professore all’Università di Torino, il
quale compose il suo trattato sul matrimonio,
Sylva Nuptialis
, attorno all’interrogativo
an sit nubendum
(se ci si debba sposare), dividendolo in due parti. Nella prima di esse
l’autore raccoglieva le ragioni contrarie al matrimonio e nella seconda quelle favorevoli,
riportando tutte le testimonianze letterarie antiche e moderne sul punto ed affermando
di concordare con quei poeti che disegna-
vano un ritratto negativo della donna. Seb-
bene impostata sul metodo della disputa
(
mos disputativum
), con l’esposizione
delle ragioni nell’uno e nell’altro senso,
l’opera del Nevizzano era così chiaramen-
te orientata contro il matrimonio e, in ge-
nerale, contro le donne, che gli procurò
fortissime avversioni nel mondo femmi-
nile e fama di misogino.
Di fronte all’atteggiamento di chi osteg-
gia il matrimonio si pone il punto di vista
di chi, invece, vorrebbe estendere l’isti-
tuto anche a quelle persone che consape-
volmente lo rifiutano. Il problema è quel-
lo, eterno, della regolamentazione giuri-
dica della convivenza
more uxorio
(det-
ta anche «famiglia di fatto»): questione
che per molti giuristi si sarebbe dovuta
risolvere puramente e semplicemente
matrimonio: pro o contro?
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