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di un uomo molto ricco, Baba; il secon-
do è di etnia hazara e figlio del servo di
Baba. Amir e Hassan formano una coppia
affiatatissima nella caccia agli aquiloni, lo
sport nazionale afghano, e sono così bravi
da arrivare a vincere un trofeo. Proprio
il giorno della vittoria, tuttavia, Hassan
viene aggredito da un gruppo di ragazzi
e Amir, pur potendo intervenire, non fa
nulla per aiutarlo.
Amir parte poco dopo con il padre per gli
Stati Uniti, dove si sposa e corona il sogno
di diventare scrittore.
Il brano
Il brano che presentiamo è trat-
to dall’undicesimo capitolo, dove viene
raccontato l’arrivo di Amir e di suo pa-
dre in America. Mentre Amir si integra
facilmente nella nuova cultura (studia
l’inglese e frequenta l’università), Baba
incontra diversi problemi. Ad essere rap-
presentate, nella descrizione di questo
episodio, sono le difficoltà che si possono
incontrare quando si cerca di integrarsi in
una cultura diversa dalla propria.
L’autore
Khaled Hosseini (1965) è uno
scrittore afghano. Nato a Kabul, si è tra-
sferito presto negli Stati Uniti, dove ha
studiato medicina e si è affermato come
scrittore.
L’opera
Il suo primo romanzo è
Il cac-
ciatore di aquiloni
, pubblicato nel 2003.
Nel quadro di un racconto che abbraccia
trent’anni di storia, Hosseini descrive gli
effetti della violenza talebana nel suo Pae-
se. Protagonisti sono due bambini: Amir e
Hassan. Il primo è di etnia pashtun e figlio
4 
Una difficile integrazione
di Khaled Hosseini
L’idea dell’America piaceva a Baba.
Ma la vita in America gli fece venire l’ulcera.
A Fremont passeggiavamo nel parco del lago Elizabeth,
non lontano dal nostro appartamento, e Baba mi illumi-
nava con dotte disquisizioni sulle sue posizioni politiche.
“A questo mondo, Amir, ci sono solo tre paesi che con-
tano” mi diceva. E li enumerava sulla punta delle dita:
l’America innanzitutto, la Gran Bretagna e Israele. “Gli
altri...” faceva un gesto con la mano come per scacciare
una mosca fastidiosa “...sono come delle vecchie pettego-
le.” Il suo giudizio su Israele attirava le ire degli afghani di
Fremont che lo accusavano di essere filoebraico e di fatto
antiislamico. Baba si incontrava con i nostri connaziona-
li nel parco e li faceva impazzire con le sue discussioni.
“Quello che non capiscono” mi diceva tornando a casa,
“è che la religione non c’entra niente.” Secondo Baba,
Israele era un’isola di “veri uomini” in un mare di arabi
troppo occupati a ingrassare con l’oro del petrolio per
prendersi cura della loro stessa gente.
“Israele fa questo, Israele fa quello” diceva scimmiottan-
do l’accento arabo. “Allora fate qualcosa voi! Prendete
l’iniziativa! Siete arabi, perché non aiutate i palestinesi?”
Detestava Jimmy Carter che chiamava “il cretino con i
dentoni”. Nel 1980, quando eravamo ancora a Kabul, gli
USA avevano annunciato il boicottaggio delle Olimpiadi
di Mosca. “Puah, puah!” esclamava con disgusto. “Brez-
nev
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massacra gli afghani e tutto quello che sa dire quel
mangiatore di noccioline è ‘Non vengo a nuotare nel-
la tua piscina’”. Baba credeva che, senza volerlo, Carter
avesse promosso il comunismo più di quanto non avesse
fatto lo stesso Breznev. “Non è in grado di governare que-
sto paese. È come dare una Cadillac nuova a un ragazzino
che non sa neppure andare in bicicletta.” Quello di cui
aveva bisogno l’America, e il mondo intero, era un uomo
forte, un uomo d’azione. Quell’uomo fu impersonato
da Ronald Reagan. Dopo che, in un discorso alla tele-
visione, Reagan aveva chiamato la Russia “L’Impero del
Male” Baba comperò un ritratto del presidente esultante
per la vittoria elettorale, lo fece incorniciare e lo appese
nell’ingresso, accanto alla vecchia foto in bianco e nero
in cui stringeva la mano al re Zahir Shah. La maggior
parte dei nostri vicini erano autisti, poliziotti, addetti alle
L
etteratura e sociologia
Khaled Hosseini.
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