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Potere e violenza
I conflitti africani
Il nostro tempo ha conosciuto tipi di
conflittualità
definite “et-
niche”. Spesso questi conflitti si accendono non tra gruppi diversi per storia, lingua
e religione, ma
per motivi legati ad antiche divisioni politiche
, spesso derivate,
a loro volta, dall’
intromissione
dei colonizzatori europei
nel corso del XIX e del
XX secolo.
La storia dell’Africa, dagli anni Settanta in avanti, è stata costellata di guerre, conflitti
ed eccidi, originati dalla scarsa presenza di un potere centrale capace di tenere a freno
particolarismi, localismi, generali rivoltosi, politici avidi e gruppi di interesse mano-
vrati da speculatori appoggiati, perlopiù in maniera occulta, da alcuni paesi e da grup-
pi di interesse europei, americani e asiatici.
Il tribalismo
Lo stesso tribalismo, spesso considerato come la ricomparsa, nella moder-
nità, di concezioni e di rapporti sociali di tipo “arcaico”, è quasi sempre una
risposta al-
la dissoluzione di istituzioni e di ideologie unificanti
, e non un “ritorno al passato”.
Spesso la “tradizione”, alla quale questi movimenti si richiamano per legittimare le dif-
ferenze, la competizione e il conflitto con altri gruppi, riprende simboli culturali al di
fuori dal loro contesto storico e culturale, costruisce attorno ad essi un’identità nuova
che tuttavia viene presentata come “autentica”.
I conflitti e le armi
A partire dagli anni Settanta, il
traffico di armi
in Africa è di-
ventato una delle
attività economiche più redditizie
. Sono armi leggere come i fu-
cili e le mitragliette quelle che hanno avuto maggior successo. Si tratta infatti di armi
maneggevoli, che costano poco e che possono essere facilmente nascoste e trasporta-
te. Le armi leggere viaggiano per tutta l’Africa: importate, fabbricate sul posto, vendu-
te, comprate, rivendute, trafugate e, naturalmente, usate. Si è calcolato che nell’Africa
subsahariana ne circolavano, nel 2009, circa 30 milioni – una stima sicuramente mol-
to approssimativa.
La circolazione delle armi e il dramma del Darfur
Più dell’80% di queste armi afri-
cane sono infatti maneggiate non da soldati, ma da “civili”. Sono possedute perlopiù
da eserciti privati al servizio di signori della guerra, di trafficanti o addirittura da mili-
zie sotto copertura governativa.
Nel
Darfur
, una regione del Sudan meridionale che da anni è al centro di una gigan-
tesca “emergenza” umanitaria per via del gran numero di rifugiati, i
gruppi che con-
trollano il traffico delle armi
sono anche
al servizio del go-
verno musulmano sudanese
che lascia a questi miliziani il
compito di eliminare e terrorizzare i contadini separatisti mu-
sulmani di origine non araba che vivono nella regione e che
sono appoggiati dalla minoranza cristiana.
La circolazione delle armi
I canali non ufficiali del
commer-
cio delle armi
e gli intrecci di tale commercio con
altre atti-
vità illegali
sono
controllati da gruppi di potere
che si ga-
rantiscono l’
immunità grazie a milizie private
assoldate ed
equipaggiate mediante i proventi dei loro traffici illegali. Non
è un caso che le milizie private abbiano assunto, con il tempo,
Un ragazzino della Repubblica
Democratica del Congo mostra
proiettili sottratti ai soldati
dell’Onu.
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