Attribuita da Plinio il Vecchio ad Apollonio e a
Taurisco di Tralle (170-140 a.C.) l’opera fu proba-
bilmente solo copiata da questi ultimi da un più
antico prototipo del III secolo a.C. di Filete di Ali-
carnasso.
Un altro esempio del genere è fornito dalla
Nike di
Samotracia
(
Figg. 49 e 50
), che faceva parte di un
complesso marmoreo raffigurante la dea mentre si
poggia sulla prua di una galera da guerra, la quale
si ergeva sul bacino di una fontana sacra: la sta-
tua, collocata di scorcio sul punto più elevato della
fontana ma visibile a grande distanza, rappresenta
una vittoria alata celebrativa delle vittorie navali
riportate nel 191-190 a.C. dalla città di Rodi su An-
tioco III re di Siria. Il monumento è attribuito al
rodiense Pitòcrito (attivo nel II secolo a.C.).
La
Nike di Samotracia
testimonia inoltre un tema
figurativo particolarmente caro alla scultura el-
lenistica, cioè la resa naturalistica delle figure in
rapido movimento.
h
Figg. 49-50
- Pitòcrito,
Nike di Samotracia,
da Samotracia,
marmo pario,
altezza 328 cm;
190-180 a.C. ca.;
Parigi, Musée du Louvre.
La dea è colta nell’attimo
in cui sta per posarsi
sulla prua della nave.
Le braccia sono andate
perdute, ma una mano
protesa in avanti
doveva brandire
una lunga tromba
per annunciare
la vittoria, e l’altra
l’insegna della nave.
Le vesti panneggiate,
sottili e molto aderenti
al corpo, fluttuano
alle spalle della dea
doppiando quella
che si intuisce come
una vasta apertura alare.
L’intenso dinamismo
e l’andamento
incrociato delle pieghe
rende l’idea del vento
che scompiglia
disordinatamente
il tessuto.
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