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Fig. 42
Ricostruzione grafica
del monumento votivo
eretto da Attalo I
a Pergamo
per celebrare
la vittoria sui Galati
(da A. Shober, 1951).
f
Figg. 43-44
- Epigono,
Gàlata che si uccide
con la moglie, copia romana
in marmo da un originale
in bronzo, altezza 211 cm,
220 a.C. ca.;. Roma, Museo
Nazionale Romano
di Palazzo Altemps.
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Gli scultori di Pergamo descrivono il dolore
e la sofferenza
Abbiamo già visto come negli altorilievi dell’altare di
Pergamo i Giganti sconfitti dagli dèi dell’Olimpo espri-
mano il proprio dolore e la propria disperazione: su
questa linea tematica si caratterizzò la scuola sculto-
rea di Pergamo che ebbe il suo principale esponente
in Epigono (attivo nella seconda metà del III seco-
lo a.C.), anch’esso, come Firòmaco, emblema di quello
stile scultoreo denominato «barocco pergameno».
Determinante fu la lezione dell’espressività patetica
trasmessa dalla scultura di Skopas, la quale influen-
zò in modo particolare gli scultori di Pergamo nella
rappresentazione del dolore e della sofferenza. Pres-
so il donario di Attalo I, il monumento votivo eretto
nel tempio di
Atena Nikèphoros
a Pergamo (
Fig. 42
),
in due opere originariamente in bronzo e attribuite a
Epigono coadiuvato da collaboratori, il
Gàlata che si
uccide con la moglie
(
Figg. 43 e 44
) e il
Gàlata morente
(
Figg. 45 e 46
), si manifesta l’intento programmatico
degli autori di coinvolgere lo spettatore in un forte
impatto emotivo, dinanzi all’immagine eroica e pate-
tica a un tempo dei guerrieri sconfitti che affrontano
la morte con dignità.
L’uomo è colto nell’atto di uccidersi,
mentre si colpisce sotto il collo
con la spada.
Il Gàlata presenta una forte tensione
a spirale: la testa è rivolta a destra
e all’indietro rispetto al resto
del corpo, che ruota verso sinistra
e verso la prospettiva frontale.
Al collo porta il
torques
,
il collare di metallo attorcigliato
tipico dei Galati e delle popolazioni
galliche in generale.
Il braccio destro
regge il corpo,
che tenta
disperatamente
di sollevarsi da terra.
Il Gàlata, interamente
nudo, è a terra, moribondo,
con una vistosa ferita
al costato da cui sgorga
un fiotto di sangue.
Il torso
è ruotato
rispetto
alle gambe.
Il braccio sinistro poggia
sul ginocchio della gamba
destra, flessa e incrociata
sotto la gamba sinistra,
allungata.
f
Figg. 45-46
Epigono,
Gàlata morente,
copia romana
in marmo
da originale
in bronzo,
altezza 93 cm,
220 a.C. ca.; Roma,
Musei Capitolini.
La testa è china verso terra
e il volto esprime tutto
il dolore dell’agonia.
Si rivela qui la ricerca dei tratti
somatici tipici dell’etnia galata.
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