I CLASSICI DA TRADURRE
463
A1
Iliade
IV, vv. 1-72
50
T•n d
j
òmeÉbet
j
êpeita bo≠pi” pÑtnia
}
Hrh:
JJëtoi ómo§ tre™” m¢n pol¶ fÉltataÉ eôsi pÑlhe”
[
ArgÑ” te SpÄrth te ka§ eõruÄguia MukÇnh:
t°” diapÅrsai ãt
j
èn toi ñpÅcqwntai per§ küri:
tÄwn oî toi ógß prÑsq
j
ästamai oõd¢ megaÉrw.
55
eí per g°r fqonÅw te ka§ oõk eô≠ diapÅrsai,
oõk ñnÖw fqonÅous
j
ópe§ æ pol¶ fÅrterÑ” óssi.
ñll° cr£ ka§ óm•n qÅmenai pÑnon oõk ñtÅleston:
ka§ g°r ógß qeÑ” eômi, gÅno” dÅ moi ênqen ãqen soÉ,
kaÉ me presbutÄthn tÅketo KrÑno” ñgkulomÇth”,
60
ñmfÑteron gene
Ã
te ka§ oåneka s£ parÄkoiti”
kÅklhmai, s¶ d¢ pùsi met
j
ñqanÄtoisin ñnÄssei”.
ñll
j
ëtoi m¢n ta¨q
j
≥poeÉxomen ñllÇloisi,
so§ m¢n ógÜ, s¶ d
j
ómoÉ: óp§ d
j
àyontai qeo§ èlloi
ñqÄnatoi: s¶ d¢ qùsson
j
AqhnaÉÃ ópite™lai
65
ólqe™n ó” TrÜwn ka§
j
Acai≠n fÖlopin aônÇn,
peirùn d
j
é” ke Tr≠e” ≥perkÖdanta”
j
Acaio¶”
èrxwsi prÑteroi ≥p¢r ãrkia dhlÇsasqaijj.
A
W” êfat
j
, oõd
j
ñpÉqhse pat£r ñndr≠n te qe≠n te:
aõtÉk
j
j
AqhnaÉhn êpea pterÑenta proshÖda:
70
JJaøya mÄl
j
ó” strat•n ólq¢ met° Tr≠a” ka§
j
AcaioÖ”,
peirùn d
j
é” ke Tr≠e” ≥perkÖdanta”
j
Acaio¶”
èrxwsi prÑteroi ≥p¢r ãrkia dhlÇsasqaijj.
50-61.
Era accetta la richiesta di Zeus e si
dice disposta a sacrificare, quando lui lo vor-
rà, una delle città a lei più care. Ora, però,
ribadisce il suo diritto a non veder vanificati
gli sforzi sinora fatti contro i Troiani.
50-56.
T•n dj òmeÉbetj... óssi
: «E allora
(
êpeita
) lo (
T•n
) ricambiava (
òmeÉbetj
)
Era sovrana (
pÑtnia
) dall’occhio di bue
(
bo≠pi©
): “Davvero a me (
ómo§
) tre sono le
città di gran lunga (
pol¶
, avverbiale) più ca-
re (
fÉltatai
), Argo e Sparta e Micene dalle
ampie strade (
eõruÄguia
): queste (
t°©
) di-
struggile (
diapÅrsai
), quando (
ãtj èn
) a te
di cuore (
per§ küri
) siano divenute odiose
(
ñpÅcqwntai
); io non mi metto (
ästamai
)
davanti a queste (
tÄwn
[
...
]
prÑsqj
) e non
pongo ostacoli (
megaÉrw
). Infatti, se pure (
eí
per
) lo rifiutassi (
fqonÅw
) e non permettessi
(
eô≠
) di distruggerle (
diapÅrsai
), non otter-
rei nulla rifiutandolo (
oõk ñnÖw fqonÅou-
sj
), poiché (
ópe§
) per certo (
æ
) sei di molto
(
pol¶
, avverbiale) più forte (
fÅrtero©
)».
La forma verbale
diapÅrsai
è un inf. aor. I,
da
dia-pÅrqw
, impiegato al v. 53 come inf.
esortativo (e quindi come forma indipen-
dente) e poi al v. 55 in dipendenza dall’indic.
pres.
eô≠
;
ñpÅcqwntai
è cong. aor. II, da
ñp-ecqÄnomai
, «diventare odioso», «esse-
re odioso» (+ dat.); l’espressione
oõk ñnÖw
fqonÅous
(
a
) presenta la rara costruzione del
verbo
ñnÖw
(«portare a termine») con il par-
ticipio predicativo (
fqonÅousa
).
57-61.
ñll° cr£ ka§... ñnÄssei©
: «Ma è
necessario (
cr£
) anche rendere (
qÅmenai
,
inf. aor. attivo, da
tÉqhmi
) la mia fatica non
priva di risultato (
oõk ñtÅleston
): anche
io, infatti, sono un dio, e ho discendenza da
dove l’hai anche tu (
gÅno© dÅ moi ênqen ãqen
soÉ
), e anche me (
kaÉ me
) molto venerabile
(
presbutÄthn
, predicativo) generò (
tÅke-
to
, indic. aor., senza aumento) Crono dal
pensiero sagace (
ñgkulomÇth©
), parimenti
(
ñmfÑteron
, avverbiale) per la stirpe (
ge-
ne
Ã
) e perché (
oåneka
) sono stata chiamata
(
kÅklhmai
) tua sposa (
s£ parÄkoiti©
), e
tu comandi (
ñnÄssei©
) su tutti gli immor-
tali (
pùsi metj ñqanÄtoisin
)». La locuzione
gÅno© dÅ moi ênqen ãqen soÉ
(v. 58) si com-
pone di due dativi di possesso, con ellissi del
verbo, e propriamente significa: «la discen-
denza a me è da lì, da dove è a te». L’agget-
tivo
ñmfÑteron
, usato in forma avverbiale,
introduce le due motivazioni (vv. 60-61) per
cui Era ritiene di essere
presbutÄthn
.
62-72.
A suggello di quanto stabilito, Era
chiede dunque a Zeus di inviare Atena nel
campo di battaglia, perché istighi i Troiani
a riprendere per primi la battaglia, contrav-
venendo così ai patti. E Zeus non fa che ri-
portare il comando alla stessa Atena.
62-67.
ñllj ëtoi m¢n... dhlÇsasqai
: «Ma
allora queste cose (
ta¨qj
) concediamo-
le (
≥poeÉxomen
) l’uno all’altro, io a te, e
tu a me; e gli altri dèi immortali seguiran-
no (
àyontai
); e tu subito (
qùsson
) ordina
(
ópite™lai
, imper. aor., da
ópi-tÅllw
) ad
Atena di andare nella terribile (
aônÇn
) mi-
schia (
fÖlopin
) di Troiani e Achei, e di fa-
re in modo (
peirùn
) che (
é© ke
) i Troiani
comincino (
èrxwsi
, cong. aor.) per primi
(
prÑteroi
) ad attaccare (
dhlÇsasqai
, inf.
aor., da
dhlÅomai
) i gloriosi (
≥perkÖdan-
ta©
) Achei, contro i giuramenti (
≥p¢r ãr-
kia
)”». Il verbo
≥poeÉxomen
è una forma di
cong. aor. con vocale tematica breve (-
o
- al
posto di -
w
-), da
≥po-eÉkw
, «ritirarsi», «ce-
dere», «accondiscendere»;
qùsson
è pro-
priamente comparativo (
qÄsswn
masch.
e femm.;
qùsson
neutro) dell’aggettivo
tacÖ©, -e™a, -Ö
, qui usato in funzione avver-
biale («più rapidamente», «più presto»).
68-72.
A
W© êfatj... dhlÇsasqai
: «Così dis-
se, e non mancò di farlo (
ñpÉqhse
) il padre
degli uomini e degli dèi; e subito (
aõtÉkj
)
rivolgeva (
proshÖda
) alate parole (
êpea
pterÑenta
) ad Atena: “Va’ (
ólq¢
, imper.
aor.) quanto prima (
aøya mÄlj
) nell’esercito
(
ó© strat•n
), fra Troiani e Achei, per fare
in modo (
peirùn
) che i Troiani comincino
per primi ad attaccare i gloriosi Achei, con-
tro i giuramenti”». Il verbo
ñpÉqhse
è indic.
aor. da
ñpiqÅw
, che significa propriamente
«non credere», «non obbedire»; il nesso
aø-
ya mÄl
(
a
) significa «molto presto» e si ag-
giunge alle espressioni dei vv. 64 (
qùsson
)
e 69 (
aõtÉkj
), a sottolineare la rapidità delle
azioni richieste da Era e realizzate da Zeus e
Atena. I vv. 71-72 riproducono i vv. 66-67,
con la sola differenza di costruzione dell’inf.
peirùn
: al v. 66 dipendente dal precedente
imper.
ópite™lai
(«ordina», «comanda»), al
v. 71 dipendente dal verbo di moto
ólq¢
e
dunque infinito finale.