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situazione, non è più lo stesso: la prima reazione può pro-
vocare un effetto di facilitazione (per esempio, con l’ap-
prendimento), oppure di inibizione. L’ordine di presenta-
zione delle situazioni ha, quindi, una grande importanza.
Nell’esempio della inibizione mestica, gli aggettivi della
lista da imparare costituiscono tante «situazioni-stimolo»,
cui il soggetto deve associare una risposta verbale corri-
spondente: le eventuali relazioni (semantiche, fonetiche,
emotive, ecc.) tra i vari aggettivi possono costituire altret-
tanti fattori di facilitazione o di inibizione dell’apprendi-
mento (un aggettivo che ha un legame con il successivo
può facilitarne il ricordo). Lo sperimentatore può, spesso,
neutralizzare l’effetto derivante dall’ordine di presentazio-
ne delle situazioni (quando, naturalmente, tale ordine non
sia variabile, utilizzando uno dei due metodi seguenti:
1
quello della rotazione, in cui si fa collidere ad un or-
dine dato l’ordine inverso ( per esempio, se si hanno
due stimoli S1 e S2, li si può presentare diverse volte di
seguito in un ordine alternato S1 e S2 S1…);
2
quello della rappresentazione a caso, in cui l’ordine è
variato da caso a caso da una presentazione all’altra (la
lista di aggettivi del nostro esempio, presentata più vol-
te per la memorizzazione, sarà ogni volta in un ordine
inverso, casuale.)
Quando però le modificazioni introdotte dalle variazioni
nelle situazioni sono troppo importanti e, in certa mi-
sura, irreversibili, questi due metodi non sono più che
sufficienti. L’unica soluzione, in questo caso, è quella di
fare appello a due o più gruppi di soggetti.
Nell’esempio fatto, l’ipotesi della ricerca era, come si è det-
to, che l’apprendimento di un nuovo materiale, di qual-
siasi natura, tende a cancellare o a diminuire il ricordo i
materiale appreso precedentemente: una possibile fonte di
variazione può derivare da fattori generali presenti nel pe-
riodo di tempo che trascorre tra il primo apprendimento
e il momento in cui si fa la valutazione della diminuzione
del ricordo, dopo l’apprendimento del secondo materiale.
Se si considera la «situazione» come l’insieme del mate-
riale da apprendere, non si può evidentemente sottoporre
uno stesso soggetto a due situazioni diverse, una in cui
egli apprende il secondo materiale e viene sottoposto alla
valutazione finale, dopo un periodo di tempo uguale a
quello che sarebbe trascorso nell’apprendimento del se-
condo materiale. Bisogna sottoporre queste due situazioni
a soggetti distinti e, quindi, ricorrere a due gruppi di sog-
getti «equivalenti», sotto ogni aspetto, tranne che per le
diverse situazioni a cui vengono sottoposti. […]
La costituzione dei gruppi «equiva-
lenti» in tutto, tranne che nelle situa-
zioni sperimentali diverse, presenta
dei problemi delicati: non sempre il margine di errore
o di aggettivi contrari, o di aggettivi senza alcun rapporto
coi primi. Ciò equivale a chiedersi se la diminuzione della
ritenzione, obiettivabile nella terza fase dell’esperimento,
sarà sempre la stessa od assumerà valori diversi a seconda
delle diversità introdotte nella attività interpolata (cioè
nella variabile indipendente).
Per quanto si è detto, il fondamenta-
le principio del metodo sperimentale
può essere così formulato: variare la
(le) variabile (-i) indipendente (-i) per
osservare e valutare le modificazioni
della (-e) variabile (-i) dipendente (-i). Per render questo
possibile, occorre tuttavia poter isolare la variabile indipen-
dente, mantenendo costanti tutte le altre variabili che pos-
sono entrare in gioco nella situazione sperimentale; è questa
una condizione per essere certi che le modificazioni della
variabile dipendente siano dovute alle manipolazioni della
variabile indipendente (detta anche variabile sperimentale).
Tecnicamente, sembra impossibi-
le isolare veramente una variabile;
prendendo opportune precauzioni,
ci si può tuttavia avvicinare a questa
condizione ideale, in modo approssimato, ma soddisfa-
cente. Le difficoltà sono comuni sia alle scienze filoso-
fiche e biologiche che a quelle sociali. In genere si usa
adottare due tecniche per superare le difficoltà: a) l’una
consiste nel «neutralizzare» la o le variabili che non si
possono mantenere costanti, b) l’altra consiste nel fare
dei «piani» sperimentali con più variabili indipendenti,
analizzando la loro influenza sui risultati.
Le fonti delle variazioni, dalle quali occorre isolare la va-
riabile indipendente, possono essere sia nella situazione
che nel soggetto.
Per «situazione» si intende l’ambiente fisico e sociale in
cui avviene l’esperimento, nonché il compito (materiale
e consegne) che il soggetto è invitato a svolgere. Mentre è
abbastanza facile tenere costanti l’ambiente fisico e socia-
le, occorrono particolari accorgimenti per neutralizzare le
possibili variazioni nel compito. Le consegne che vengo-
no impartite ai soggetti devono essere uguali per tutti, sia
nella loro formulazione esterna che nella comprensione.
Di solito, si eseguono delle prove preliminari per trovare
una formulazione delle consegne che obbedisca a tale cri-
terio dell’uniformità.
Un altro aspetto importante è l’uso,
nella maggior parte degli esperimenti,
di differenti situazioni (successione di
compiti diversi, suddivisi in parti tra
loro dissimili, ecc.): il soggetto, dopo aver reagito ad una
Il principio
fondamentale
del metodo
sperimentale
Il controllo
delle variabili
indipendenti
La costituzione
dei gruppi
L’ordine di
assegnazione
dei compiti
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