cultura come sistema di valori, di diritti, di scambi, di
obblighi, di opportunità, di potere. Sul versante “micro”,
esamina come le richieste di un sistema culturale influen-
zano coloro che devono operare al suo interno. In questo
spirito il culturalismo si concentra sul modo in cui gli
individui costruiscono “realtà” e significati che permetto-
no loro di adattarsi al sistema, con quali costi personali e
con quali aspettative. Il culturalismo non comporta nes-
suna particolare teoria sulle limitazioni psicobiologiche
intrinseche che influenzano il modo di operare degli esse-
ri umani, e in particolare il fare significato, ma solitamen-
te le dà per scontate e studia come vengono gestite dalla
cultura e dal suo sistema educativo istituzionale.
Soggetto,
intersoggettività
e realtà esterna
Pur essendo lontano dal computazio-
nalismo
2
e dalle sue restrizioni, il cul-
turalismo non ha difficoltà a farne
proprie le acquisizioni. Con una sola
eccezione: naturalmente non può
escludere i processi legati al fare significato, anche se non
soddisfano i test di compatibilità. Come corollario, non
può escludere e non esclude la soggettività e il suo ruolo
nella cultura. Anzi, come vedremo, è molto interessato
all’intersoggettività, cioè a capire come gli esseri umani
giungono a conoscere la mente degli altri. In questi due
sensi il culturalismo deve essere spesso approccio “psico-
logico culturale”, o più semplicemente “psicologia cultu-
rale”. Pur comprendendo nella sua sfera d’azione il sog-
gettivo e pur facendo spesso riferimento all’“interpreta-
zione della realtà”, la psicologia culturale non esclude
certamente la “realtà” in nessun senso ontologico. Sostie-
ne (su basi epistemologiche) che la realtà “esterna” o “og-
gettiva” può essere conosciuta solo attraverso le proprietà
della mente e attraverso i sistemi simbolici su cui la men-
te fa affidamento.
Emozione
e sentimento
Un ultimo punto riguarda il posto
riservato all’emozione e al sentimen-
to. Spesso si dice che la “psicologia
cognitiva”, anche nella sua versione culturale, trascura, se
addirittura non ignora il ruolo che hanno nella vita della
mente. Ma non è necessario che sia così, e a mio avviso
non è così. Perché l’interesse per la cognizione dovrebbe
precludere un interesse per i sentimenti e per le emozio-
ni. È innegabile che le emozioni e i sentimenti sono pre-
senti nei processi del fare significato e nelle nostre inter-
pretazioni della realtà. Che si adotti la teoria di Zajonc
3
,
secondo cui l’emozione è una reazione diretta e non me-
diata al mondo, con successive conseguenze cognitive, o
l’idea di Lazarus
4
secondo cui l’emozione comporta una
precedente inferenza cognitiva, comunque c’è, e con essa
bisogna fare i conti. E, come vedremo in particolare
quando ci occuperemo del ruolo della scuola nella co-
struzione del “sé”, le emozioni costituiscono una parte
integrante dell’educazione.
(J. Bruner,
La cultura dell’educazione. Nuovo orizzonti per la scuola,
Feltrinelli, Milano 2009)
1.
Determinata da altri.
2.
Modello che equipara i processi cognitivi a pro-
grammi eseguibili attraverso apparecchiature di calcolo.
3.
Robert Zajonic
(1923-2008) è stato uno psicologo sociale americano/polacco.
4.
Richard
Lazarus (1922-2002) è stato psicologo americano.
Commento
Nel brano, Bruner definisce i tratti salien-
ti e gli obiettivi del culturalismo. Quale
sua premessa fondamentale lo psicologo indica l’idea che l’edu-
cazione non rappresenti un fatto isolato, ma sia parte di una
cultura, ossia di un sistema di valori, di diritti, di rapporti inte-
rindividuali e di relazioni di potere. Sulla base di questa pre-
messa, il culturalismo intende rispondere ad alcune domande.
1) Anzitutto si chiede che funzione svolga l’educazione all’interno
di una certa cultura. Infatti, se l’educazione è parte di un sistema
culturale, allora in questo sistema deve avere un ruolo e una
funzione precisi, oltre naturalmente a degli obiettivi da realizzare.
2) Legata a questa è una seconda domanda. Si tratta di capire
perché l’educazione occupi una certa posizione, e in che modo
questa posizione rifletta certe relazioni di potere. Non è un
caso che in un sistema culturale venga assegnato all’educa-
zione un certo ruolo piuttosto che un altro (per esempio che
le si assegni un ruolo centrale piuttosto che periferico, che le
si dia forma privata piuttosto che pubblica ecc.). Il fatto che si
realizzi una certa idea di educazione si trova secondo Bruner
in stretto rapporto con il sistema delle relazioni di potere in
cui l’educazione stessa ha luogo. Da questo punto di vista, il
culturalismo si propone di spiegare quale sia questo rapporto.
3) Inoltre, il culturalismo non trascura le persone che opera-
no all’interno di un sistema educativo. A questo proposito, si
domanda quali risorse abbiano a disposizioni queste persone
e in che misura tali risorse siano loro fornite dalle istituzioni
educative in cui lavorano.
4) Infine, il culturalismo si occupa dei “limiti imposti al processo
educativo”, sia che si tratti di limiti imposti dall’esterno (dunque
dei limiti delle istituzioni scolastiche) sia che si tratti di limiti in-
terni (dunque delle qualità delle persone che lavorano a scuola).
Sullo sfondo di questi interrogativi, Bruner indica due obiet-
tivi fondamentali che si deve porre l’approccio culturalista.
Uno, già accennato, è quello di interpretare la cultura in sen-
so ampio come sistema di valori, diritti, doveri e relazioni di
potere; l’altro è quello di studiare l’influenza che le richieste
di un sistema culturale possono avere su chi si trova al suo
interno. Al culturalismo non interessa il profilo psicologico di
chi opera all’interno di un sistema educativo. Ciò che preme a
chi si riconosce in questo tipo di approccio è piuttosto capire
in che modo questo profilo cambi in relazione alle richieste e
alle aspettative del sistema educativo stesso.
Nella parte rimanente del brano, Bruner definisce la posizione
del culturalismo rispetto a temi quali il “soggetto”, la “realtà
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